Il titolo “Plays Bee Mask” ricorda molto i tributi ai maestri della classica e del jazz, sanciti con le brillanti reinterpretazioni di brani e musiche che trascendono il tempo. Il long play in uscita su Spectrum Spools, un omaggio in sette parti a “Vaporware” di Bee Mask, non era stato pensato originariamente in questa forma. In principio il remix doveva essere unico, come indicato in questo stralcio d’intervista tratto da RA: “[Bee Mask] mi chiese un unico remix, ma semplicemente non potevo fermare il processo di remissaggio […] Mi inviò 3.2 GB di suoni soltanto per una canzone. Mi sentivo come se un unico remix non rendesse giustizia ai suoi sforzi e alla bellezza della traccia stessa”. Il lavoro definitivo, che vedrà la luce a settembre, si snoda quindi in sette remix del meraviglioso brano di Chris Madak – in arte Bee Mask, appunto -,”Vaporware”.
Il processo creativo spontaneo che ha dato vita all’ambizioso lavoro proposto da un Donato Dozzy sempre più profondamente influenzato dallo stretto rapporto empatico, quasi spirituale, con la natura – il rimando all’ottima intervista di Chiara Sestini è d’obbligo -, segue i due lavori rispettivamente rilasciati nel 2010 e nel 2012: “K” e “Voices From The Lake” (con Neel), andando a chiudere una trilogia che costruisce sulle sonorità techno-ambient il suo ponte di collegamento. La differenza sostanziale che intercorre tra i primi due LP e quest’ultimo lavoro sta nel raggiungimento di un astrattismo che, in “Plays Bee Mask”, si palesa nella mancanza di comparti ritmici ben definiti. Attenzione però, Dozzy è sicuramente uno che ama sperimentare, ma ha poco a che vedere col gruppo degli ostinati persecutori dell’astrazione fine a sé stessa, così anche nelle sette reinterpretazioni di “Vaporware”, ci sono concreti elementi di appiglio che impediscono all’ascoltatore di perdersi in un landscape sonoro il quale, altrimenti, sarebbe troppo aperto e dispersivo.
In questo minuzioso lavoro di remixing, le sezioni della traccia di Madak vengono chirurgicamente asportate, e sviluppate singolarmente come tracce a sé; tra l’altro, avendo la pazienza di confrontare l’originale coi lavori di Dozzy, si riesce a risalire, in alcuni casi, ai punti di cut da cui si sviluppano, poi, i brani. Apparentemente, può sembrare un esercizio senza senso, ma per i più curiosi scandagliare a fondo le tracce di Dozzy – per capire quanto, realmente, ci ha aggiunto di suo – è quasi un obbligo di autopsia musicale. Be’, dopo un po’, non ci vuole molto per comprendere la metodicità del lavoro di Dozzy, capace, se non di valorizzare una traccia capolavoro già di suo, di dare un contributo originale a mantenere il livello egualmente alto. Bee Mask lascia a bocca aperta, Dozzy bissa. E se Madak incanta col fascino ancestrale del suo disco su Room40, Donato ricama sul velluto un lavoro magistralmente confezionato per estendere la durata temporale di questo stato di fascinazione musicale, proponendoci un disco che farà certamente parlare molto di sé.