Corre il 1987, la coalizione del Pentapartito guida l’Italia da 7 anni e tutto va bene, anzi benissimo (pure troppo, ma questo lo scopriremo anni dopo). Il paese ha vissuto un altro boom economico, ha superato la Gran Bretagna nel PIL e, cosa fondamentale, è uno dei “place to be” nel mondo, Rimini è la capitale del divertimento notturno dei giovani europei, Milano è diventata una delle città più influenti d’Europa e, dopo gli Anni di Piombo, il paese ha voglia di divertirsi, di uscire, di frequentarsi: ha bisogno di frivolezza.
All’interno del secondo governo Craxi vi è un ministro chiaccherato per la sua passione per la mondanità, il ballo e le belle donne, si chiama Gianni De Michelis ed è un esponente di spicco del Partito Socialista Italiano ma soprattutto è un viveur prestato alla politica (e un corrotto, ma questo lo scopriremo solo con Tangentopoli), tanto che Enzo Biagi lo apostroferà come “avanzo di balera”.
De Michelis è un politico sui generis per l’epoca, ama girare per i locali notturni, mischiarsi con i giovani e ballare, lo ha sempre fatto perché gli piace la danza ed evadere dalla realtà quotidiana, ma anche perché capisce che le discoteche sono il posto migliore per conoscere e capire i giovani dell’epoca, per cui “sono ormai, dopo la famiglia e la scuola, il più importante luogo di socializzazione per le nuove generazioni. […] Per dirla con una battuta, nell’Italia di fine secolo le discoteche stanno sostituendo il servizio militare dell’Italia dell’inizio del secolo come prima grande scuola di vita e di comportamento per i giovani”.
Negli anni è diventato un esperto in materia tant’è che sente il bisogno di una guida che indichi, tra una riunione e l’altra, dove andare a ballare in Italia, indipendentemente da dove ci si trovi. Il buon Gianni si accorge che, come ristoranti e hotel, anche chi vuol spendere i suoi soldi ballando ha bisogno di una guida esplorativa (in un mondo senza internet) e chi se non lui può essergli d’aiuto?
Nasce così “Dove andiamo a ballare questa sera? Guida a 250 discoteche italiane” un libro che si definisce semiserio, una guida che non ha l’obiettivo di indicare le migliori discoteche d’Italia del 1987, ma solo di introdurre “duecentocinquanta discoteche raccomandabili, frequentabili, a cui poter rivolgersi con sicurezza per passare bene il proprio tempo e per spendere bene il proprio denaro”. Ma insomma, l’autore è pur sempre un Ministro, una figura istituzionale di rilievo, è qualcosa di sui generis anche per l’epoca, tant’è che il libro stesso inizia così: “Devo ammetterlo, sono stati molti quelli che, mentre stavo lavorando alla preparazione della Guida, mi hanno chiesto Perché questo libro? Come mai è venuto in mente proprio a te, che sei un politico, di scriverlo?”
Come poteva quindi non diventare un cult? Infatti a trent’anni di distanza è diventato introvabile, un cimelio per collezionisti dei ruggenti anni ’80. Potevamo non cercarlo, divorarlo e presentarvelo?
De Michelis è un viveur ma sa benissimo che l’industria del ballo del 1987 è, per l’appunto, un comparto produttivo che sta diventando importante, perciò dedica l’introduzione a dargli una dignità economica snocciolando numeri e tabelle, prendendo dati dal SILB, dalla SIAE e dall’ISTAT, mostrando come le discoteche (che conta in quell’anno in settemila unità in tutta la Penisola) abbiano oramai una certa rilevanza economica e lavorativa ma soprattutto siano in forte crescita, come voce di consumo per i giovani italiani: “si può tranquillamente valutare il fatturato complessivo ’87 attorno ai millecinquecento miliardi, cifra veramente notevole se si pensa che la maggior parte delle discoteche a aperta stagionalmente o nei week end”.
E poi c’è la parte sociale e sociologica: i giovani si incontrano lì, usano quegli spazi per comunicare, sarebbe stupido far finta che non esistano, fosse solo perché anche loro votano o voteranno. Le discoteche sono imprenditoria e De Michelis, prima di entrare nella guida vera e propria, ci presenta alcune interviste a chi questo mondo lo ha visto nascere e lo gestisce, come Claudio Cecchetto che parla di Bob Day e Tom Sisom che, dalla Baia degli Angeli, stravolsero il concetto di dj in Italia, oppure Bibi Ballandi, proprietario del Bandiera Gialla o Beatrice Iannozzi, la più importante imprenditrice capitolina del divertimento notturno dell’epoca (Hysteria, Easy Going, Jackie ‘O).
Le discoteche hanno un senso quindi, se non capite quello del ballo, dei giovani e dell’evasione, potete capire che sono una risorsa economica, in poche parole.
Dopodiché si passa alla guida, divisa per regioni, basata sull’esperienza soggettiva dell’autore e su quattro parametri che sono: la qualità della musica, l’ambientazione, la qualità della clientela e l’accuratezza del servizio.
Ogni locale viene perciò presentato con i suoi dati essenziali (indirizzo, dj, tipologia di musica, prezzo e altre info necessarie), giudicato secondo i parametri sopra espressi e completato dal commento di De Michelis.
L’autore è sempre minuzioso nel descrivere e giudicare con estremo garbo l’arredamento del locale, la composizione del pubblico, la presenza della selezione e la qualità del bar e dei servizi di ristorazione, Non vi è mai pregiudizio sulla musica proposta in quanto tale ma vi si rintracciano a volte piccole critiche a mix troppo commerciali, con qualche giudizio sui dj.
È inoltre centrale il ballo, per De Michelis ballare è una cosa da giovani oppure per adulti che non si sentono in competizione e quindi non hanno problemi a buttarsi in pista, a mettersi in gioco e a danzare. L’importanza e la libertà derivante dal ballo rinviene più volte, come ad esempio quando descrive il Tenax: “Il pubblico è giovane, eterogeneo e variopinto, ma ti fa sentire subito a tuo agio perché a selezionarlo e a unificarlo non c’è altro criterio se non l’amore per musica e per il ballo”.
Se fossimo nel 1988 (anno di uscita del libro) potremmo finirla qua e consigliarvi di comprare la guida e metterla nel cruscotto della vostro auto ma, ventotto anni dopo, diviene interessante analizzare lo spaccato che “Dove andiamo a ballare questa sera” ci pone davanti, come un squarcio spazio temporale.
Così, nel 1988, ci appaiono come indubbie protagoniste le megadiscoteche, quasi tutte organizzate su più sale, corredate da impianti video (televisioni, proiezioni), piano bar e zone di relax dove bere drink serviti dai camerieri e cameriere del locale (De Michelis su questo punto è sempre molto attento). Locali che poi negli anni crolleranno quasi tutti o perderanno quasi tutto il loro appeal, comuni specie nelle regioni settentrionali e in provincia ma meno al sud, dove invece erano più frequenti discoteche estive immerse nella natura o all’interno di villaggi turistici.
Vi sono poi i piccoli club concentrati nelle città, con una rigida selezione e a volte la necessità di una tessera per entrare e locali storici come Alter Ego, Muretto o Tenax e poi c’è la Riviera Romagnola. Nel 1988 Rimini è la vera regina del divertimento notturno, non solo in Italia ma anche in Europa, più di duecento locali in pochi chilometri quadrati, tra cui alcuni di quelli che saranno protagonisti italiani della stagione elettronica e house di fine anni anni ’80 – inizio ’90: Cellophane, Byblos, Ethos Mama Club, Peter Pan.
La chicca vera di “Dove andiamo a ballare questa sera” però arriva guardando alla musica e ai dj, anche se all’autore non piacciono le discoteche con i volumi troppo alti (in riferimento al Karisma: “musica troppo dura e aggressiva e il volume sonore eccessivamente alto”) e gran parte dei locali propongano una fantomatica “disco music” dai confini labili, non disdegna niente e nessuno, così tra le mani ci ritroviamo a leggere degli esordi di dj che qualche anno dopo diventeranno figure centrali del clubbing italiano, tra quelli riconoscibili e riconosciuti troviamo Massimino Lippoli al Byblos di Misano e al Karisma di Preganziol, Cirillo al Peter Pan, Flavio Vecchi e Ricky Montanari all’Ethos Mama Club, Paolo Kighine al Diva di Genova, Bruno Bolla al Viridis di San Giuliano Milanese ma anche Marco Trani all’Insomnia di Mogliano Veneto, Andrea Gemolotto all’Area di Sottomarina e Giancarlino al Le Stelle di Roma.
In conclusione, cosa ci lascia quindi questo libro, a parte il feticcio in sé? Vi possono essere molteplici piani di lettura, il primo è indubbiamente economico, “Dove andiamo a ballare questa sera” rappresenta una ricognizione seppur parziale di una industria che stava crescendo e affermandosi, portando risultati economici degni di nota: “si può valutare che oltre cinquantamila persone lavorino nel settore, anche se nella maggioranza dei casi si tratta di impieghi stagionali o part time” e ancora, in riferimento all’indotto di aziende che si occupavano di arredamenti, impianti audio e così via: “il suo affermarsi ha reso possibile il parallelo sviluppo del settore manifatturiero. […] A questo proposito si parla di seicento imprese, di circa diecimila addetti e di circa 2.600 miliardi di fatturato nel 1987”.
Vi è poi inoltre una chiave di lettura dei e per i locali notturni, nonostante siano recensiti molti piccoli club, la parte maggiore è dedicata a discoteche grandi o mediamente grandi in cui, all’epoca, si investiva molto nelle strumentazioni, negli arredamenti ma soprattutto si diversificava la proposta aprendo la domenica pomeriggio per i minorenni, al cabaret e ai concerti e dando spazio anche alla ristorazione e al servizio al tavolo. Sì, cari sbocciatori, potevate avere un tavolo vero con un servizio decente, invece di essere cacciati in un cubo IKEA grande un metro per un metro.
Tutte cose che si sono un po’ perse oggi, ma che potrebbero essere riprese e declinate nuovamente.
Un ultimo livello è sicuramente quello storico e politico, sono i gaudenti anni ’80 rappresentati dalla Milano da bere, dai lustrini, dai film alla “Vacanze di Natale” (la versione a Cortina del 1983, ad esempio) e anche i più giovani cominciavano ad avere una vita notturna, che costituiva sì un aspetto nuovo ma che non suscitava scandalo.
De Michelis era un politico che, vivendo di consenso, non avrebbe mai potuto scrivere qualcosa di realmente scomodo, seppure si stia parlando di una guida sui generis che, all’epoca, ha destato curiosità.
Sono lontane quindi “le stragi del sabato sera” che sarebbero venute qualche anno dopo ma in un clima totalmente diverso rispetto al 1987, sono ancor più lontani gli attacchi frontali tesi al consenso spicciolo e di pancia protagonisti della politica di oggi, di cui “Dove andiamo a ballare questa sera?”, pur arrivando da una classe politica e da un’Italia di trenta anni fa, appare per molti aspetti più avanzato e maturo.