Drumclub è prima di tutto la sintesi di un pensiero, lo si intuisce dal modo in cui Claudio Coccoluto racconta questa nuova avventura: nei concetti, ma anche nell’utilizzo dei termini e delle parole, dove non è un caso ad esempio che “musica” sia sempre scritto con la M maiuscola. Drumclub è un evento, impossibile definirlo “serata”, perché è in grado di unire in un giorno particolare della settimana un’offerta musicale raffinata e una delle cornici più belle della capitale. Dopo gli appuntamenti di ottobre e novembre, questa settimana arriva la terza “lesson”. Che il ritmo sia con voi.
In Italia manca una proposta musicale in grado di rendere musicalmente interessante le nostre domeniche. Cosa ci manca per riuscire a vivere – almeno in parte – le atmosfere e le emozioni che si possono trovare nei club di Parigi, Berlino e Londra?
Manca forse la costanza e la determinazione di perseguire un progetto musicale e di party strutturato, dove il focus sia la proposta; dal mio punto di vista alternativa, al modus operandi corrente, e anche un piccolo tabù italiano che ha visto decenni fa la domenica pomeriggio consegnata ai ragazzini in forma di parcheggio, senza una grande dignità artistica. Credo che però sia da consegnare alla storia questa visione, ormai le esigenze dei clubbers convinti sono cambiate e si sono complicate, l’offerta non può essere né banale né una sterile ripetizione dei riti notturni del weekend, deve avere una sua personalità, mi prendo il rischio di usare un parolone: deve avere il suo “SPIRITO”. La domenica è l’habitat ideale anche se difficile per i motivi di cui sopra ma offre un arco temporale ampio fuori dagli schemi super-compressi di nottate che iniziano sempre più tardi per esaurirsi nell’arco di 2/3 ore al massimo.
A cosa è dovuta la scelta del nome “Drumclub”? Per quale ragione ogni ultimo progetto che vi lega al Goa vede gli animali come elemento grafico?
Sono notoriamente affezionato alle percussioni come elemento che non deve mai mancare nella Musica che frequento e propongo, in questo caso è anche un sottile richiamo al fatto che l’elemento primario del ritmo e il battito di un oggetto, il ballo è una conseguenza necessaria, ed è allo stesso tempo effetto che diventa causa in quel vortice evolutivo che è la dance/house/techno/elettronic, ecc… Senza questo elemento primario non esisterei io, né Soundwall, né i club; dal primario al primate il passo è brevissimo, condisci tutto con un bel po’ di sana ironia ed ecco come un apparente scelta stravagante assume qualche significato più profondo, non ultimo quello che la scimmia è da sempre il simbolo della dipendenza, dalla Musica, in questo caso.
Leggiamo come concept del party “no hype, no ego, just drum”. Qual è l’idea che sta alla base del party? Perché avete scelto questa linea stilistica?
La scelta di essere low-profile è obbligata dall’amore che abbiamo per la scena: ormai è un fatto acquisito che il marketing e “la bolla speculativa” oltre a inghiottire le risorse dei clubs, hanno minato l’affezione e l’attrattiva dei clienti; si è rotto il patto di fiducia di chi affida il proprio divertimento e voglia di Musica con chi produce eventi (un po’ quello che succede in politica), va ricostruita una sana voglia di condivisione, basata sulla reale esigenza del piacere di stare insieme, curiosità di proposte senza ansie di calendario, di crescita della consapevolezza musicale collettiva… In altre parole, si va contro-corrente rispetto ai percorsi apparentemente vincenti, quelli che sul clubbing hanno scavato fino alla fine della vena d’oro, per poi lasciare enormi buchi vuoti. Back to Basic.
Cosa ci aspetta nei prossimi appuntamenti? Raccontaci qualcosa in più sul prossimo appuntamento.
Il 18 dicembre ospitiamo Daniel Wang e Mr. Ties, più il live di Mystic Jungle Tribe, tutte proposte che non dovrebbero avere bisogno di presentazioni per chi del clubbing abbia fatto oggetto di passione. Se invece questi nomi non dovessero dire nulla, sconsiglio di passare (ovviamente sto sorridendo), ma per continuare il percorso iniziato con Idjut Boys, Toa Mata “lego” band, Maurice Fulton, Percussion Voyagers, avevamo bisogno di interpreti che possano al meglio raccontare il concetto di Musica da club nel quale crediamo di più, quello più ampio eclettico e universale, quello che bandisce la parola “genere” dalle proprie scelte, e che ci fa scegliere gli amici/ospiti per i meriti acquisiti in pista, e nelle line up dei prossimi mesi questo concetto sarà ancora più leggibile e delineato.
Quella tra la famiglia Coccoluto e il Goa Club è un’unione pressoché indissolubile. Qual è il più bel ricordo che vi lega? Cosa pensate possa ancora regalarvi in futuro?
Il futuro si costruisce lavorando ogni giorno e non regala nulla che non si sia perseguito con lavoro e passione, questo è il marchio della mia famiglia, ma anche della famiglia Goa e della nuova famiglia Drumclub, che si è arricchita di collaborazioni che vanno da L’Ektrica a Do Up agency, alla squadra The Dub, a Contemporary Cluster, Fuyez oltre ovviamente ad Ultrabeat e prossimi, futuri ampliamenti, che sono nella natura di un progetto che vuole aprirsi a tutti, tutti quelli che hanno da dire, da ascoltare e soprattutto fare, come si fa esattamente nelle belle famiglie operose!