Tra gli artisti più brillanti e completi del momento degno di nota è Ali Shirazinia, in arte Dubfire. Rappresenta tutto ciò che è techno e non, dal remix di “Spastik” a “I Feel Speed”. Non è fa parte della cerchia di quei djs da “quattro soldi” che marciano su i soliti due o tre pezzi, acclamati da quei pochi. Dubfire è molto di più, non si accontenta di niente ed è sempre alla ricerca di nuove emozioni, nuovi sound, nuovi artisti e nuove collaborazioni per aggiungere un po’ di pepe alla vita mondana e restare sempre nella memoria di tutti i clubber e gli ascoltatori della buona musica. Sempre attento ad indagare sulle nuove tecnologie, l’iraniano prepara molto accuratamente i propri live set all’avanguardia. Membro del fantastico duo dei Deep Dish con i quali ha vinto il Grammy Awards, si è fatto strada da subito per poi intraprendere la carriera da solista e ottenendo riconoscimenti da ogni parte del pianeta. La sua popolarità si accresce con la fondazione della SCI+TEC che si piazza tra le migliori etichette, formata dagli artisti più rinomati del campo, pronta ad accogliere nuove idee e producer più o meno affermati. Un’artista molto curioso e interessante, tutto da scoprire, con molte idee e molto ancora da dimostrare: Dubfire.
Ciao Ali e benvenuto su Soundwall!
Iniziamo discutendo a proposito delle tue origini: nasci in Iran e cresci in America. Raccontaci un po’ della scena musicale iraniana, di com’è iniziata la tua storia, di come sei riuscito a farti strada e quanto l’America ti ha aiutato a sfondare?
Beh, avevo 7 anni quando partìi dall’Iran, così a quell’età intraprendere una carriera nella musica non era ancora il mio sogno. I miei primi ricordi dell’Iran riguardano di più la famiglia, la cultura, l’alimentazione e prima di partire anche qualche tumulto. Quando andai in America ci siamo ritrovati a costruire le nostre vite di nuovo. Sono molto grato ai miei genitori per il supporto e la libertà ricevuti, grazie ai quali ho potuto scoprire i miei interessi che, durante la mia adolescenza si focalizzarono sulla musica. Naturalmente l’America è sempre stata vista come la terra delle opportunità, così è stato terreno fertile per coltivare il mio rinnovato interesse per la musica, in particolare, alternativa e più tardi elettronica.
Una volta trasferito a Washington DC, durante la tua gioventù hai iniziato ad ascoltare hip-hop, jazz/rare groove, dub reggae, new wave, industrial e il punk locale: tutti questi generi hanno formato il tuo background musicale; quali sono gli artisti, o le band che ti hanno accompagnato fino ad oggi e che ti ispirano di più?
Non c’è dubbio che DC abbia avuto un ruolo cruciale, non solo per quanto riguarda lo sviluppo del mio pensiero musicale e anche per me, giovane adolescente: prima assorbendo la vivace scena punk e presto anche il go-go, l’hip-hop, il jazz, la reggae/dub, ecc… ma già da prima mi interessavo alla scena new wave che mi aiutò a vedere la tecnologia come possibilità da sfruttare per esprimere le proprie idee; sono sempre stato molto curioso di sapere cosa succedeva nel mondo, per quanto riguarda la musica e alla fine ho iniziato a seguire le scene di Detroit, Chicago, NY, New Jersey, Miami, Londra, Belgio e Olanda rubando con gli occhi, studiando e assorbendo tutto ciò che potevo dall’incredibile diversità della musica che veniva da quelle zone.
Nel 1991 ad una festa conosci casualmente Sharam Tayebi, incontro che si rivelerà vincolante per la tua carriera musicale. La collaborazione tra voi due porterà all’avvento dei Deep Dish: già nel ’92 attirate l’attenzione della Tribal Records e di Danny Tenaglia; nel ’95 con il remix di De’Lacy “Hideway” avete riscosso un enorme successo in tutta Europa vincendo anche il Grammy Awards! Quali sono stati gli sviluppi, pro e contro di questo duetto?
Sono molto orgoglioso del cammino percorso con Sharam e abbiamo condiviso molto, soprattutto tutta la musica che abbiamo prodotto insieme in questi anni. Siamo completamente l’opposto in termini di personalità, il nostro approccio al djing, la produzione, il lato economico e tutto il resto, ma abbiamo sempre creato un nostro spazio a noi comune e questa è sempre la vera magia dei Deep Dish che ha prosperato e si è espressa per tutto questo tempo. Nei primi anni ’90 ci siamo divertiti molto sperimentando con le sonorità di cui disponevamo, ispirati da ciò che poi diventò il nostro DNA – creare un nostro sound, style, look, ecc.. In generale, penso che abbiamo ottenuto molto successo in questo modo e credo che ci lasceremo alle spalle un grande patrimonio, ma ci sono anche stati momenti difficili. Negli ultimi 6 anni abbiamo avuto bisogno di tempo per affermare anche la nostra carriera da solista ma sono contento di essere rimasti amici e stiamo discutendo insieme a proposito della possibilità di lavorare su nuovo materiale per i Deep Dish.
Sotto il nome di Deep Dish fondate anche la label omonima Deep Dish Recordings. Ma poi, la stessa venne dismessa per far decollare la Yoshitoshi Records (sviluppata nel ’94), nata inizialmente per pubblicare dischi dei vostri amici come label filiale della Deep. E’ andata proprio così? Cosa è successo?
Yoshitoshi è stato infatti un progetto iniziato come punto di uscita per rilasciare musica di altri talentuosi artisti locali di cui eravamo amici, così come per molti progetti secondari miei e di Sharam con i quali ci dilettavamo, che non erano troppo appropriati per la DDR (Deep Dish Records). Ben presto l’etichetta cominciò ad ottenere una certa reputazione e abbiamo iniziato a ricevere demos da tutto il mondo – la crescita e l’espansione fu del tutto naturale. Tuttavia non sono coinvolto con la Yoshitoshi probabilmente da 10 anni più o meno.
Ma parliamo un po’ anche della tua carriera da solista, sotto l’alias Dubfire… A proposito, da cosa deriva questo pseudonimo?
Deriva dal mio amore per i primi pezzi Dub, del genere di Lee Perry e Adrian Sherwood. In più ho pensato che usando il mio nome ci sarebbe stato un concept delle sonorità troppo “etnico”.
“Since incorporating Native Instruments’ Maschine, I’ve been able to add a new layer and dimension to my sets”: questa è una tua citazione, a proposito delle nuove tecnologie che hanno cambiato la tua visione della musica. In che modo organizzi i tuoi set/live? Hai già uno schema ben preciso prima delle tue performance o lasci tutto alle sensazioni del momento?
In tempi come questi tutti hanno accesso alla stessa bella musica; i giorni in cui avevi un’etichetta “bianca” o la copia esclusiva di un vinile limited edition sono ormai lontani. Così dobbiamo trovare sempre nuovi modi di programmazione e di suonare musica oggi. Per me, tutto ciò mi ha portato all’uso di un pc portatile e ad una varietà di hardware e software della Native Instruments, tra gli altri gadgets. Devo preparare molto meglio i miei gigs perchè ormai non è più necessario il suggerimento visivo (copertine colorate, ecc..) così ho creato delle playlist, usate solo per avere un quadro generale per i miei set e valgono come garanzia, così non mi scordo di suonare certi pezzi!
A proposito del progresso della tecnologia hai anche detto che la prossima fase saranno dei portatili touch-screen e che ci saranno dei notevoli miglioramenti per gli hardware e i software. Parlaci delle tecnologie che utilizzi.
Credo che i display multi-touch saranno le piattaforme sulle quali ci esibiremo ma penso avremo sempre bisogno di qualcosa di più materiale, fisico con il quale interagire. Mentre amo quanto la tecnologia stia progredendo velocemente, gradisco fare scelte e ho realizzato che non c’è un solo setup o soluzione perfetti; è tutto molto dinamico e in continua evoluzione. In altri modi, è emozionante vedere come altri artisti tutto ciò che c’è disponibile e inimmaginabile per creare nuovi stili e nuove performance.
Nel 2007 fondi la Science + Technology Digital Audio, meglio conosciuta come SCI+TEC. Un grande trampolino di lancio che sostiene giovani promesse di tutto il mondo, una grande etichetta dove si riuniscono le idee di vari talenti. Passato, presente, futuro e storia di questa label: vogliamo sapere tutto!
SCI+TEC è nata originariamente come sfogo per pubblicare le mie nuove produzioni, ma presto si è trasformata in qualcosa di molto di più; al tempo ricevei un’enormità di ottima musica “free” (senza label) e così ho presto deciso di ampliare l’originaria portata dell’etichetta per inserire artisti sia nuovi che già affermati. Non avrei mai potuto raggiungere il successo con i Deep Dish se non grazie all’aiuto di persone come Danny Tenaglia, Carl Craig e altri che hanno sostenuto il nostro lavoro e che divennero presto i nostri mentori. Ci stiamo avvicinando alla nostra 60° release con la SCI+TEC e la scheda dei pezzi da pubblicare è piena fino alla fine del 2012, questo vuol dire che non c’è stata alcuna mancanza di nuovi produttori e di musica da scoprire giorno dopo giorno. Credo sia mio il dovere di restituire alla scena nuovi produttori di talento ancora sulla strada dell’affermazione. Stiamo anche cercando di fare una sorta di ramificazione e cercando sempre più cose uniche con etichette come The Art of SCI+TEC gallery events e applicazioni iPhone/iPad che sono già disponibili insieme ai contest per i remix grazie all’applicazine “Remiix Dubfire”.
Un’altra tua fiorente partnership nasce nel 2008, con Oliver Huntemann con il quale avete spopolato con le vostre releases techno. Siamo nel 2011 e siete ancora attivi: avete intenzione di fare coppia fissa?
Tra me e Oliver c’è una grande chimica e un grande rapporto di lavoro. Siamo molto orgogliosi del lavoro che abbiamo fatto sinora e siamo in attesa di finire la nostra serie “Elements” con le ultime due tracce “Aire” e “Agua”.
Raccomandaci un artista o artisti che vale la pena ascoltare.
I miei artisti preferiti di musica elettronica del momento sono i SHDWPLAY, The Junkies, Maceo Plex, Gaiser… sono veramente troppi da elencare.
Un consiglio che daresti a tutti i giovani producer che vogliono intraprendere la tua carriera.
E’ bello emulare i tuoi djs preferiti però createvi una vostra identità, un vostro sound e siate coerenti con la qualità del vostro lavoro. Siate umili, lavorate duro, ma ancora più importante lavorate con INTELLIGENZA, e raggiungerete il successo.
English Version:
Among the most brilliant artists of the moment noteworthy is Ali Shirazinia, alias Dubfire. He represents everything all that’s techno and not, from the remix “Spastik” to “I Feel Speed”. He’s not a part of the djs circle of two-bit who march on the usual three or two tracks, cheered by the few. Dubfire is much more, he isn’t satisfied with nothing and he is always looking for new emotions, new sounds, new artists and new collaborations to add some spice to social life and always remaining in the memory of all clubbers and listeners of good music forever. He is always ready to investigate on new technologies the Iranian prepares very carefully his forefront live sets. Member of the fantastic duo Deep Dish with whom he won Grammy Awards he got ahead immediately to embark his solo career and getting acknowledgements from all over the planet. Its popularity grow founding SCI+TEC wich sits among the best labels, formed by the most renowned artists of the field, ready to accept new ideas andmore or less established producers. A very curious and interesting artist, to discover, with many ideas and much to be proven. Dubfire.
Hi Ali and welcome on Soundwall!
Let’s start talking about your origins: you are born in Iran and you grow up in America. Describe us a bit about the Iranian music scene, in how did your story start, in how you manage to get ahead and how America helped you to be succesful?
Well I was 7 years old when I left Iran so at that age, I had no dreams of entering a career in music. My early memories in Iran have more to do with family, culture, food and just prior to leaving, some turmoil. When we came to America, we had to start building our lives all over again. I’m grateful for the support and freedom my parents gave me to explore my interests, which in my teenage years, became solely focused on music. And of course, America was always seen as this land of opportunity so it was the perfect breeding ground to cultivate my newfound interest in music, specifically, alternative, and later, electronic.
Once you moved to Washington DC, during your youth you started to listen hip-hop, jazz/rare groove, dub reggae, new wave, industrial, and local punk: all these genres formed your musical background; and what are artists or band who accompanied you up to date and inspire you the most?
There is no question that DC played a crucial part in, not just the development of my musical ideas, but also me as a young teenager, first soaking up the vibrant punk scene and soon go-go, hip-hop, jazz, reggae/dub, etc.. Even before this, I was heavily into the New Wave scene which helped me see the possibilities that technology could offer in expressing your ideas; I was always curious about what was happening musically around the world and eventually started to follow the early Detroit, Chicago, NY, New Jersey, Miami, London, Belgium and Holland scenes. Collecting, studying and absorbing everything that I could about the incredible diversity of the music that was coming from those areas.
In 1991 at a party you got acquainted by chance with Sharam Tayeb, encounter that will reveal binding for your career. This collaboration will lead to the advent of Deep Dish: you draw attention already in ’92 of Tribal records and Danny Tenaglia; in ’95 with the remix of De’Lacy “Hideway” you obtained a great success all over Europe winning also Grammys Awards! What were developments, pros and cons of this duet?
I’m very proud of the journey Sharam and I had together, especially all of the great music we made together over the years. We were complete opposites in terms of our personality and our approach to DJing, music-making, the business side of things and everything else but we almost always found some common ground and this is where the true magic of Deep Dish thrived and expressed itself. The early 90’s were a great time for experimentation with the sounds that we were being exposed to and inspired by so that was always part of our DNA – to create our own sound, style, look, etc. Overall I think that we were quite successful at this and I believe that we will leave behind a great legacy of influential music but of course there were difficult times. The past 6 has given us much-needed time apart to firmly establish our solo careers but I’m glad that we’ve remained friends and are discussing the possibility of some new Deep Dish material together.
Under the name of Deep Dish you also established your homonym Deep Dish Recordings label. But, the same was disposed to take off Yoshitoshi Records (built in ’94), initially created to publish records of your friends as a subsidiary label of the Deep. Did it turn out in this way? What is happened?
Yoshitoshi was in fact started as an outlet to release the music of other talented local-artists that we were friends with as well as some of the more left-of-center side projects that Sharam and I were dabbling in, which weren’t necessarily appropriate for DDR. Pretty soon the label began to have a reputation and we started getting demos and likening music from around the world – the whole process grew and expanded very naturally. However, I have not been involved with Yoshitoshi for probably the last 10 years or so.
Now let’s talk about your solo career, under the alias Dubfire… By the way, from what derives this pseudonym?
This stemmed from my love of early Dub music like Lee Perry and Adrian Sherwood. Plus I thought that using my given name would have been too “ethnic” sounding.
“Since incorporating Native Instruments’ Machine, I’ve been able to add a new layer and dimension to my sets”: this is a your quote about new technologies that changed your view of music. How will you organize your sets/lives? Have you already have a very precise schedule before your performaces or you follow the sensations of the moment?
These days everyone has access to a lot of the same music; the days have having that white label or exclusive vinyl copy of a limited edition pressing are long gone. So we have to find new ways of programming and playing music today. For me, that has involved the use of a laptop, and a variety of Native Instruments software and hardware, amongst other gadgets. I do have to prepare much more for gigs mainly because of the fact that you no longer have that visual cue (i.e. colorful record cover art, sleeve, etc.) to go by so i make playlists but they are used as just a loose outline for my sets and to ensure that I don’t forget to play certain songs!
About the progress of technology you have also said that the next phase will be portables touch-screen and that will be significant improvements for hardwares and softwares. Tell us about technologies you use.
I do believe that multi-touch displays will eventually be the platform upon which we perform on but i think that there will always be a need to have something physical that you would interact with. While I do love how fast technology is progressing, I do like to have choices as I’ve come to realize that there is no single perfect setup or solution; it’s all very dynamic and always evolving. In many ways, it’s exciting to see how other artists use what’s out there and available to everyone to create their own style of performance.
In 2007 you set up Science + Technology Digital Audio better know as SCI+TEC. A great springboard that supports promising youngs from all around the world, a great label where ideas of talents are brought togheter. Past, present, future and history of this label: we want to know everything!
SCI+TEC originally started as an outlet for releasing my own productions but quickly blossomed into something more; I was receiving too much great music at the time which had no home and quickly decided to expand the original scope of the label to include new music from both new and established artists. I couldn’t have achieved my own success with Deep Dish had it not been for people like Danny Tenaglia, Carl Craig and many, many other artists who supported our early work and became mentors. We are nearing our 60th release with SCI+TEC and have a release schedule which is full until the fall of 2012 so there hasn’t been a shortage of amazing new producers and music who I’m discovering on a daily basis. I feel that it is my duty to give back to the scene in the way of helping these new talented new producers become more established. We are also branching out and trying to more unique things with the label such as The Art of SCI+TEC gallery events and iPhone/iPad app which is available now along with hosting unusual remix contests with my Remiix Dubfire app.
Another your fluorishing partnership was founded in 2008, with Oliver Huntemann with whom you have depopulated with yours Techno releases. Now we are in 2011 and you are still active: you intend to going steady?
Oliver and I have a great chemistry and working relationship. We’re quite proud of the work we’ve done so far together and are looking forward to finishing our “Elements” series of tracks with the final two, “Aire” and “Agua”.
Recommend us an artist or artists worth listening to.
My favorite electronic music artists at the moment are SHDWPLAY, The Junkies, Maceo Plex, Gaiser… there are just too many to list here.
An advice you give to all young producers who want to undertake your career.
It’s good to emulate your favorite artists or DJs but try to create your own identity and sound and be consistent in the quality of your work. Be humble, work hard, but more importantly, work SMART, and you will find success.