Da Pharrell a Britney Spears, passando per Francois K e Shed, l’impressione è che l’abbiano presa tutti sul serio questa tanto chiaccherata Dubstep. Da veri intenditori di musica, la storia del fenomeno di ghetto, destinato ad un futuro molto localizzato, ad un rapido oblio, non se la son fatta raccontare. Anzi. Han abbracciato il genere con entusiasmo, riconoscendone la sperimentalità ed innovatività rispetto alle ormai inflazionate House, Techno ed Electro.
Nata alla fine degli anni 90 nel Sud di Londra, la Dubstep è riuscita, nel corso dell’ultima decade, ad affermarsi e svilupparsi nel mercato discografico come una nuova e distinta forma di musica elettronica. Sorta dalle ceneri del movimento Garage / 2 Step londinese, la prima Dubstep paga tributo a vari generi, dalla Dub Jamaicana, di cui riprende suoni ed atmosfere, alla Drum & Bass e Breakbeat britanniche, in cui s’ibrida alla ricerca degli stessi ritmi scuri e sincopati. Allergica alla canonica regola della battuta in 4/4, la sua struttura ritmica è imperniata più sul basso che sulle percussioni. Un basso spesso lavorato dove le note vengono estese e manipolate ritmicamente usando oscillatori, distorsioni o filtri.
Gli artisti seminali della scena portano i nomi di Horsepower Productions, Zed Bias, El-B, Groove Chronicles, Oris Jay, ma un ruolo fondamentale nel lancio del genere è stato giocato dalle radio. E’ stato infatti grazie al lungo occhio, o meglio orecchio, del leggendario John Peel prima e di Mary Ann Hobbs poi, che il genere ha trovato la sua veicolazione radiofonica mondiale. Anche Rinse Fm e SubFm han dato e tuttora danno un grande contributo alla scena in questione.
Parlando di Dubstep, non possiamo poi non citare il party londinese FWD, prima piattaforma per il lancio del genere nel circuito dei clubs e autentica fucina d’aspiranti nuovi protagonisti della scena. E’ il 2003 l’anno in cui vengono lanciate le prime serate al FWD, anno in cui il genere inizia, stilisticamente parlando, a consolidarsi e perciò, anche a prendere nuovi sviluppi. E’ infatti in quest’anno che arriva la prima ondata di nuovi produttori, alcuni ancora fedeli al primo suono Dub-Reggae ed altri intenti ad affacciarsi a scenari piu minimalisti e scuri. I protagonisti di quegli anni sono i Digital Mystikz (Mala & Coki), Loefah, Skream, Benga, Cyrus, N-Type, Chef, Distance ed etichette quali Tempa, Rephlex, DMZ e Planet Mu.
Ma è il 2006-2007 l’anno della definitiva ascesa e consacrazione. Mary Ann Hobbs lancia su Radio 1 BBC lo show “Dubstep Warz”, Kode9 stampa sulla sua label Hyperdub l’album di un tale chiamato Burial (album onnipresente nei Best of di fine anno della maggior parte della stampa specialistica del settore), il Sonar Festival di Barcellona dedica un’intero stage solo alla Dubstep e una consistente fronda di produttori s’affaccia alla scena cercando nuove frontiere oltre cui spingere il genere tradizionale. E’ l’embrione della genesi della c.d. Post Dubstep, fenomeno giunto ai suoi massimi solo negli ultimi mesi e che ha fatto del suo oscillare sul bordo che divide la Dubstep dalla House e dalla Techno il suo tratto prevalente. Ritmiche Dubstep ma con suoni House e Techno, in alcuni casi minimali, in altri piu strutturati. Protagonisti di questa Nouvelle Vague sono gli olandesi 2562 e Martyn, il rumeno Trg, gli inglesi Scuba, Ramadanman, Dj Pinch, Untold, Pangaea, Joy Orbison, Shackleton. La label di riferimento diventano Tectonic, Hoftlush, Hessle Audio ed Hemlock.
E giungiamo quindi ai giorni nostri, tempi in cui è veramente difficile poter dare dei contorni precisi ad un fenomeno che è stato mutevole ed ubiquo come pochi nel recente passato dell’elettronica. “I suoi sviluppi son stati tali che fatico a riconoscere il termine Dubstep con la musica a cui di questi tempi viene associato.” – ci racconta il producer rumeno Cosmin Trg. Ed effettivamente, negli ultimi mesi la Dubstep è diventato un vero e proprio calderone dove si mescola un pò di tutto: Uk Funky, Bass, House, Techno e Grime han infatti trovato tutte la loro ibridazione con il main genre.
E quindi? La Dubstep è diventata terra di conquista per l’arrivismo di molti artisti o è solo un fenomeno che deve ancora raggiungere il suo apice evolutivo? Ai posteri l’ardua sentenza.
Qui un traccia degli Horsepower Productions, “Classic Deluxe”, una delle pietre miliari del genere.