Puoi ricordare (e devi!) ricordare i grandi artisti per quanto sono stati eccezionali, per il segno che hanno lasciato, per l’umanità, per quanto sono stati centrali in un determinato tratto della storia di una musica o di una scena. Claudio Coccoluto si spegneva esattamente due anni fa, il 2 marzo 2021 a Cassino, e accidenti se siamo stati tutti colpiti, se abbiamo passato il tempo a piangere ma anche a ricordare la sua grandezza alla console, l’incredibile intensità e tocco umano che metteva in ogni cosa che faceva e con ogni singola persona che incontrava, la sua visione. Un artista enorme, un uomo enorme.
Ma il punto è che Claudio era così incredibile, così eccezionale e così unico che non manca solo per quello che non può più fare e per tutto quello che ha fatto negli anni, manca anche per quello che avrebbe fatto da qui al 2050. Manca musicalmente: ma almeno l’eredità è in buone mani, col figlio GNMR che si è preso la responsabilità di portare avanti ed ampliare la label The Dub (Claudio negli ultimi anni era diventato ancora di più un uomo “in esplorazione” musicalmente parlando, e tutto questo è ben trasmesso nel DNA di Gianmaria). E con amici di una vita come Sergio Cerruti di Just Entertainment che crea operazioni fantastiche come questa, con l’aiuto fondamentale anche di Kisk, il boss della luminosissima Apparel:
…ma anche: manca a livello di leadership. Leadership di una scena. Una scena che si ritrova con tanti player anche di pregio, anche di livello, anche di carisma, alcuni assolutamente enormi, altri comunque molto bravi; ma nessuno sembra volersi prendere la briga di sbattersi per portare avanti istanze collettive e per “sporcarsi le mani” perdendo tempo e nervi per comunicare con la politica, con i media mainstream, con le persone che di clubbing capiscono poco o nulla, coi colleghi che capiscono troppo (e fanno troppo poco rispetto a quel che potrebbero).
Claudio tutto questo lo faceva. Non solo: lo faceva non “tirando verso il basso”, per venire cioè ruffianamente incontro alle conoscenze ed alle opinioni dell’interlocutore, ma aveva invece l’abilità di volare sempre altissimo e senza compromessi, dicendo le cose come stavano senza paura di niente e di nessuno ma sempre con l’idea di fare del bene – non tanto a se stesso quanto ad una scena che amava, amava profondamente. Anche quando lo faceva incazzare.
Tutti i mille discorsi del periodo pandemico e tutte le grandi enunciazioni di principio emerse dalla nostra comunità clubbara si sono in notevole parte sfarinate: un po’ perché sarebbe successo forse comunque, un po’ perché comunque non c’è più Claudio, e ci fosse stato lui avrebbe tirato le fila, avrebbe organizzato, avrebbe sacramentato, avrebbe litigato, avrebbe abbracciato, avrebbe avuto a getto continuo visioni illuminanti di cui non potevi non riconoscere acutezza ed intelligenza. E ora probabilmente saremmo messi meglio. Saremmo più rappresentati, più organizzati, più consapevoli, più “presenti”, più pungolati. Magari stronzi e/o egoisti e/o inutili e/o in difficoltà uguale, ma saremmo stati comunque migliori. Singolarmente, ma pure come scena.
Toccherebbe rimboccarsi le maniche, evitando però di farlo solo per se stessi. Ecco. Glielo dovremmo, a Claudio. Che magari ora ci guarda davvero e da mesi scuote la testa, come farebbe lui; ma lo farebbe – e forse lo sta facendo – senza perdere un’oncia di amore, di entusiasmo, di carica ideale, di onestà intellettuale, di stile, di cazzimma.
Due anni. Due anni, sì, e continua ad essere un casino senza di te. Lo scrivevamo già un anno fa. Ma non per questo è meno vero, non per questo sarebbe meno importante alzarci e darci una mossa – e prendere quella coscienza che tu avevi già, anni ed anni prima di tutti.