Derrick May, uno dei pionieri della techno Detroit mica l’ultimo arrivato, disse che la pienezza del suo suono andava a colmare il vuoto lasciato dalla città in cui esso veniva percepito. E’ facile creare qualcosa in un contesto iper-stimolante e creativo, la vera difficoltà sta nel crescere circondati dal nulla e fare in modo di prodursi da soli un cambiamento. E’ il caso di Zak Khutoretsky aka DVS1, che dopo essere stato completamente folgorato dalla scena rave della New York anni ’90 è tornato nella sua Minneapolis dove nel corso degli anni si è costruito una piccola isola felice. Purtroppo non sono mancati i momenti duri. Cercare di portare un concetto musicale considerato astratto in un territorio vittima del mainstream come il Midwest non è stato facile. E’ inoltre difficile convincere il pubblico che possa uscire qualcosa di veramente innovativo da una regione considerata come terra di agricoltori e poco più. La caparbietà e il duro lavoro hanno comunque permesso a Zak di farsi notare e di avere la cosiddetta “occasione della vita” tramite l’incontro con un artista alla ribalta come Ben Klock. Nonostante la fama sia arrivata non da giovanissimo, Zak in pochissimo tempo si è ritagliato uno spazio importante nella scena techno mondiale riuscendo a suonare pressochè ovunque grazie alla sua esperienza pluri-decennale. Il filo conduttore del suo setup? Il soundsystem. Deformazione professionale, in quanto prima di diventare dj a tempo pieno ha per anni lavorato come tecnico del suono. Per Zak l’impianto con cui suona è una variabile fondamentale sia per la selezione musicale che per la buona riuscita del set. Non per nulla è rimasto abbagliato dal poderoso fronte di casse del Berghain di Berlino, dove ha potuto esibirsi per oltre 10 ore e di cui porta uno dei ricordi più belli del suo passato recente. Per Zak la musica è una visione, frutto di tanti fattori fra cui le vibrazioni che solo un buon impianto audio può trasmettere. Perchè la musica va percepita, non solo ascoltata.
Hai cominciato a fare clubbing nei primi anni ’90 a New York durante il periodo di consacrazione dell’acid house, come si presentava la scena dance nella città che non dorme mai in quegli anni?
Come minimo caotica! NYC era così spensierata in quel momento, la città era ancora molto aperta e le regole non venivano seguite pressochè da nessuno. Si passava dai rave nei magazzini ai club, insomma tutto ciò che sembrava essere fuorilegge e per certi versi pericoloso. Fu un ottimo periodo per affrontare la scena di New York. Io ero così aperto all’esperienza musicale vissuta nei luoghi dove ero e sono sicuro che questo aspetto si sia rivelato fondamentale nel mio modo di fare musica, suonare, ecc…
Aver spostato la tua base operativa dall’East Coast a un ambiente diametralmente diverso come quello del Midwest come ha cambiato il tuo modo di vedere le cose?
Essere statunitense e specialmente costruire la mia storia nel Midwest ha sempre significato dover “lottare contro il grano” (lo stereotipo americano che nel midwest ci siano solo coltivatori e poco più). Quello che faccio non è mai stato completamente accettato negli USA e come tanti altri promoter e dj provenienti da qui, ho dovuto creare qualcosa dal niente. Io vedo la musica come una lotta, come un movimento e come qualcosa di speciale quando presento i miei eventi a casa o quando suono in giro per il mondo. Le mie esperienze e la mia storia hanno modellato questa visione e mi hanno permesso di condividerla con gli altri.
Nei primi anni del nuovo millennio hai cercato di gestire un club che purtroppo ha avuto vita breve. Cosa non ha funzionato secondo te? Minneapolis in quel momento non era ancora pronta ad abbracciare quel tipo di situazione?
Prima di riuscire finalmente ad aprire il club, ho passato circa 3 anni cercando di raccogliere i soldi per farlo. La realtà è che come ho detto prima dobbiamo sempre lottare per proporre il suono house e techno nella sua accezione classica negli Stati Uniti e non fa differenza anche aprire un club di quel genere in una città dovere la musica commerciale ha sempre la priorità. Ci sono orari di chiusura tremendi, limitazioni sulla location e tassazioni imponenti nella nostra città. Abbiamo avuto alcuni locali che a metà degli anni ’90 hanno supportato realmente il nostro genere ma per quasi 10 anni non abbiamo avuto niente ad eccezione di qualche evento sparpagliato in club casuali che supportavano la nostra musica solo quando gli faceva comodo. Sono probabilmente arrivato in ritardo di qualche anno perchè la nostra cultura del clubbing è scomparsa quando non abbiamo avuto niente per anni. Dall’altro lato, non avere una scena ben definita ha sempre nutrito un sano movimento underground. La nostra musica e i nostri fan vivono nell’ombra ma quando li trovi e ne diventi parte, realizzi quanto sia meglio stare in un magazzino buio o in un loft con dei grandi impianti audio.
Una domanda che probabilmente ti faranno sempre è che sembra incredibile che una persona con vent’anni di musica alle spalle riesca ad essere conosciuta globalmente solo da un paio. Forse l’occasione della vita è arrivata più tardi di quanto ti aspettassi?
Non mi sarei mai aspettato questo successo, non l’ho mai nemmeno troppo cercato. Mi accontentavo tranquillamente di ciò che stavo facendo nella mia città spingendo la scena della mia comunità. Ho fatto quel che ho fatto e francamente l’ho fatto al meglio delle mie possibilità. Se tutto questo fosse avvenuto 10 anni prima, non avrei mai avuto il tempo di costruire ciò che ho. Questo lasso di tempo mi ha permesso di apprendere molto chi sono e cosa voglio per costruire la mia visione di ciò sento essere la musica.
L’incontro che probabilmente ha consacrato la tua carriera è stato quello con Ben Klock durante una serata in cui entrambi suonavate in un locale a Minneapolis e il tuo live lo colpì molto. Vuoi raccontarci come andò quella volta?
Questa è una storia che ho raccontato così tante volte…ma te la faccio breve. Non faccio mai live set, ma ne feci uno nel 2005 e mi chiesero di farne un altro nel 2009. Poco dopo che accettai di farlo, Ben fu ingaggiato da un altro promoter in un club e chiesi a chi organizzava il mio evento di spostarme il mio set un po’ più tardi in modo tale che potessi andare a sentire Ben. Dopo che ebbe finito i promoters gli dissero che avrebbe dovuto venire a sentirmi suonare in quanto non suonavo mai live ed era qualcosa che avrebbe dovuto vedere. Accettò con riluttanza e in seguito ci incontrammo dopo il mio set. Mi chiese se pubblicavo dischi e io dissi no. Mi offrì di pubblicarli con lui ed il resto è storia! C’è da aggiungere che circa due mesi prima del mio live ero a Detroit a lavorare per un service ed ebbi l’occasione di uscire con Derrick May. Una sera alla Transmat (l’etichetta di Derrick, ndr) gli feci sentire alcuni dei pezzi che volevo utilizzare per il mio live. Quelle tracce uscirono in seguito proprio su Transmat.
Per anni ti sei maggiormente focalizzato nell’organizzare eventi forse senza prendere il fatto di suonare troppo seriamente, cosa ti ha portato a diventare un dj a tempo pieno?
Ho sempre preso il fare il dj molto seriamente, questo è certo. A Minneapolis dovevi fare tutto da solo se volevi essere sicuro di farlo bene perciò io volevo presentare la mia musica in un certo modo, il che mi ha portato ad organizzare eventi. Volevo suonare con grandi impianti così li mettevo insieme nei miei eventi. Volevo sperimentare la mia visione musicale ed ingaggiare i miei artisti preferiti, quindi ho fatto tutte queste cosa in maniera simultanea. Sfortunatamente, come quasi tutti sanno, è quasi impossibile diventare un dj di successo a livello globale senza produrre musica. La verità è che ci sono così tanti bravi dj che dovrebbero essere riconosciuti globalmente ma che non saranno mai scoperti e non potranno mai avere la possibilità di mostrare al mondo quello che fanno. Io sono estremamente fortunato per quello che mi è accaduto. Non sono mai stato la persona giusta al posto giusto ma questa volta è successo. Credo di essermi allenato per tutto questo negli ultimi 17 anni.
I tuoi primi pezzi nascono sostanzialmente dall’assemblaggio di tutti i piccoli loop e campionamenti che avevi collezionato sul tuo pc in anni di svago, è stato un vantaggio partire da una base di know how già così importante?
Credo che il mio unico vantaggio a quel punto fosse che avevo abbastanza esperienza per dare vita ai miei pensieri ma non molta conoscenza per pensarci su. Persino ora mi trovo spesso a sperare di ritrovare quelle vibrazioni.
Nei tuoi primi anni suonavi con i vinili di cui hai una grande collezione (addirittura 10.000 pezzi) dopo di che hai utilizzato Reason su due differenti portatili sincronizzando i vari loop che avevi creato nel corso degli anni creando un live set unico nel suo genere. Attualmente con quale setup stai suonando?
Il setup con portatili e Reason era per il mio live set. Come dj suono con vinili e CDJ.
Sei sempre stato un cultore del suono prima ancora che della musica, infatti leggevo che quando entri in un locale la prima cosa che chiedi è quale impianto è presente. La qualità del suono è secondo te rilevante anche più della musica stessa nella buona riuscita di un set?
Tutto ciò è qualcosa che è diventato davvero un problema per me quando ho cominciato a viaggiare come dj. Sono stato molto fortunato a crescere circondato da un suono fantastico. Ho realizzato presto cosa voleva dire suonare musica coinvolgente e viverla direttamente sul dancefloor. Noi suoniamo qualcosa che ha bisogno di essere percepita, non solo ascoltata. Credo sia impossibile comprendere la profondità della house e della techno senza sentirne le vibrazioni. Quando arrivo nei locali per suonare e sento il suono, ci sono un sacco di momenti in cui realizzo di non voler nemmeno suonare certe tracce a meno che l’impianto audio non sia in grado di riprodurne le vibrazioni. Al momento faccio davvero fatica a mettere ciò che davvero voglio sui piccoli impianti. Alla fine mi ritrovo a suonare pezzi più duri sugli impianti più piccoli per ovviare alla manca di potenza del soundsystem. Quando invece mi trovo a suonare con qualcosa di veramente potente, preferisco suonare pezzi più deep e mentali perchè su un grande impianto la house sembra techno e la techno suona come qualcosa di fuori dal mondo!
Non faccio fatica a comprendere come il Berghain di Berlino sia uno dei tuoi locali preferiti, difficilmente al giorno d’oggi si può trovare un impianto migliore. Come descriveresti il tuo rapporto col locale? Quanto è importante per te poterci suonare anche 10 ore esprimendoti senza alcun limite stilistico di fronte a un’audience matura e ricettiva come poche altre al mondo?
Sono recentemente arrivato alla conclusione che senza le opportunità che ho avuto non sarei mai stato pienamente soddisfatto come dj. Ho avuto delle buone esperienze in altre città, in altri club, ecc.. ma non c’è davvero niente di paragonabile all’esperienza che ho avuto suonando là dentro per dieci e passa ore. Come ho già detto, quando mi danno un grande impianto, una pista che sa ciò che vuole, il tempo di sentirmi a mio agio e un’organizzazione che si fida a farmi essere me stesso…ci sono tutti gli ingredienti per vedermi esibire al meglio.
Quali sono gli altri locali dove hai suonato dove hai trovato i migliori soundsystem e le migliori risposte da parte del pubblico?
Il Giappone e, francamente, Minneapolis! Anche se ho dovuto lottare, alcuni dei momenti migliori li ho vissuti a casa mia! Se potessi vedere un vero party organizzato a Minneapolis ne capiresti subito la grandezza.
Quali sono le principali differenze tra il pubblico statunitense e quello europeo?
Questa è un’affermazione in generale, ma in Europa la scena dance è così tanto parte della cultura che credo la gente la consideri come un qualcosa che è scontato ci sia. Vedi così tante persone che hanno un sacco di opzioni e scelte che sarebbe impossibile non pensarlo. Negli USA, specialmente da dove provengo io, le persone sono dovute emergere e hanno scelto di esserne parte, hanno dovuto trovarsela e non ce l’hanno a disposizione così spesso come i loro corrispettivi europei. Quando hai fame di qualcosa, probabilmente lo apprezzi in una maniera diversa.
E’ stato per convogliare la tua passione per gli impianti audio, l’organizzazione di eventi e le tue produzioni musicali che hai fondato HUSH? Parlaci un po’ di questo progetto.
HUSH è stata la mia azienda fin dal 1996. Ho organizzato feste come HUSH, possiedo e gestisco da 10 anni un palazzo dove affitto studi chiamato HUSH Studios. Inoltre gestisco un service audio dal 1998 chiamato HUSH Sound. Insomma, era abbastanza naturale che anche la mia etichetta seguisse questa denominazione… HUSH 01 è uscito lo scorso anno ed avremo altre uscite in programma nel 2013.
Quali sono dunque i tuoi progetti per i prossimi mesi?
Una manciata di remix stanno finalmente per uscire e poi, come dicevo, spero di far uscire dell’altra musica su Hush il prima possibile. A breve uscirà anche una release su Ostgut Ton.
English Version:
Derrick May, one of the pioneers of Detroit techno and definitely not a newcomer, once said that it’s the emptiness in the city that puts the wholeness in the music. It’s easy to create something in a hyper-stimulating and creative environment. The real challenge is to grow a scene surrounded by nothing at all becoming your changin’. This is the case of Zak Khutoretsky. After being completely struck by the rave scene of the 90s New York has returned to his Minneapolis where over the years he built a sort of “happy island”. Unfortunately, there was no lack of hard times. Try to bring a musical concept considered abstract in a territory victim of the mainstream as the Midwest was not easy. It was also difficult to convince the audience that something truly innovative could come from a region considered as a land of Cornhuskers and not much more. Perseverance and hard work have, however, allowed Zak to get noticed and to have the “opportunity of a lifetime” by the encounter with an artist in the limelight as Ben Klock. Despite the fame has come not at young age, Zak in a short time has carved an important place in the global techno scene being able to play almost anywhere thanks to its decades of experience. The common thread of his setup? The soundsystem. Professional habit, ‘cause before becoming a full-time dj has for years worked for sound companies. For Zak the system with which he plays is a key factor both for his musical selection and for the success of his set. Not surprisingly he has been dazzled by the powerful front of speakers of Berlin’s Berghain, where he has been performing for more than 10 hours and which is one of the best memories of his recent past. Zak percive music as a vision, a result of many factors, including the vibrations that only a good soundsystem can transmit. ‘Cause music needs to be perceived, non just heard.
You started clubbing in the early 90s in New York during the age of acid house, how was the dance scene in the city that never sleeps in those years?
Chaotic to say the least!! NYC was so carefree at that point, the city was still wide open and the rules just didn’t apply to anyone. From warehouse raves, to clubs, everything felt really lawless and in some ways dangerous. It was a great time to find the NYC scene. I was so wide open to all the environments and places I got to experience the music, that I’m sure its carried with me in my experiences playing music, putting on shows etc.
How moving your base of operations from the East Coast to a diametrically different environment such as the Midwest has changed your way to see music?
Being from the US and especially building my history in the midwest we have always had to fight against the grain. What I do has never been fully accepted in the US and like other dj’s and promoters from the states, we’ve had to build something from nothing. I see music as a struggle, as a movement and with a vision of something special when I present my events at home, or when I dj abroad. My experiences and history have shaped this vision and allow me to share it with others.
During the first years into the new millennium you have tried to manage a club that unfortunately was short-lived. What has not worked in your opinion? Was Minneapolis not yet ready to embrace that kind of situation at that time?
Before I finally succeeded in opening the club, I spent almost 3 years searching and trying to raise money to do it. The reality as I mentioned before is that we are always struggling to present proper house/techno in the US and its no different trying to open a club in a city where commercial music and mainstream society is always priority. We have terrible closing times, location limitations and very extreme taxation on clubs in our city. We had a few venues in the mid 90’s that really supported proper dance music, but for almost 10 years we had nothing except a few scattered nights in random clubs that only supported our music when it made sense to them. I was probably a few years too late, because our clubbing culture disappeared when we had nothing for all those years. On the other hand, having no club scene has always bred a healthy underground movement. Our music and our supporters live in the shadows, but when you find it and become a part of it, you realize how much better it actually is in a dark warehouse or loft party with amazing sound systems…
I’d like to ask you something that you have probabily asked a million times: it seems incredible that someone with two decades of music behind his shoulders manages to be globally known only by a couple. Perhaps the chance of a lifetime arrived later than you expected?
I never expected this success, I never sought it out either. I was totally content doing what I do in my city and pushing my local community. I did what I did honestly and always did it to the best of my ability. If this success had happened 10 years earlier, I would never have had the time to build what I have. This time allowed me to really learn about myself and what I want, in order to build this vision of what I feel is proper music.
The meeting which probably changed your career was with Ben Klock during an evening in Minneapolis where you were both playing and where your live set hit him a lot. Would you like to tell us what happened that time?
This is the story that I’ve told many times…But to make it simple. I never do live sets, but I had done 1 in 2005 and was asked again to do one in 2009. Shortly after I agreed to do it, Ben was booked by another promoter at a club and I asked the promoter of my event to put me on later as I wanted to go check Ben out. After he finished the promoters told him he should come check me out as I never did live sets and this was going to be something to see. He reluctantly agreed and we met after I finished the set. He asked me if I put out records…I said no, he offered to put my music out and the rest is history! To add to the timeline as well… About 2 months before my live set I was in Detroit working for an audio company and had a chance to hang out with Derrick May. 1 night while at Transmat, I played him a few things I was working on for my live set. Those tracks went on to become my transmat release.
For years you have more focused in organizing events perhaps not taking the fact of playing too seriously, what led you to become a dj full time?
I always took dj’ing seriously, that’s for sure. In Minneapolis, you had to do everything yourself if you wanted it done right. So I wanted to present music a certain way, which led me to do events. I wanted to play on huge sound systems so I put them together at my events. I wanted to experiment with my vision for music and book my favorite artists… So I did all these things simultaneously. Unfortunately, as many are aware of, its almost impossible to become a successful dj on a global level without releasing music. The truth is that there are so many amazing dj’s that should be globally successful but will never be found, never have the chance to show the world what they do. I’m extremely lucky for how everything happened with me. I’ve never been the right guy in the right place, but this time it happened. I guess I had been practicing for these moments for the last 17 years.
Your first tracks were born mainly from the assemblage of all the little loops and samples that you have collected on your pc in years of leisure. It has been an advantage starting from such an important know-how base?
I think my only advantage at that point was that I had enough experience to get my thoughts out, but not so much knowledge to overthink it. Even now I find myself wishing at times that I could just re-capture that vibe.
In your early years you played with vinyls of which you have a large collection (almoust 10.000 right?) and after you used two different laptopst with Reason to synchronize loops creating a unique live set. Which setup are you playing with currently?
The Laptops and reason set up was for my live set. As a dj, I play vinyl and CD.
You’ve always been a sound lover even before a music lover, in fact I read that when you get in contact with a club the first thing you ask is about which soundsystem is present. Is the sound quality probabily even more important of the music itself for a successful set?
This is something that has truly been an issue for me as I’ve started traveling around dj’ing. I was extremely fortunate to be raised on amazing sound. I realized early on what it means to play body moving music and to experience that music from the dance floor. We play music that needs to be felt, not just heard. I think its impossible to understand the depth of house/techno without feeling the vibration. When I show up for gigs and look at the sound, there are so many moments when I realize I can’t or even wont play certain tracks unless the system is capable of reproducing the feeling from these records. I actually struggle to play what I really want on small sound systems. I end up playing harder on smaller systems because I’m compensating for not having the power and pressure from the sound system. When I get to play on something really heavy, I end up playing much deeper and thoughtful because on a great sound system, house sounds like techno and techno sounds out of this world!!!
It’s not difficult to understand why the Berghain in Berlin is one of your favorite venues. It is hard nowadays to find a better soundsystem. How would you describe your relationship with the club and how important is for you to play up to 10 hours without any experimentation limit in front of such a mature and receptive crowd like only few in the world?
I have recently realized that without these opportunities I would not feel fulfilled as a dj. I have good experiences in other cities, in other clubs etc, but there is truly nothing that compares to the experience I have playing there for 10+ hours. As I said before, when you give me great sound, a great crowd that knows what they want, time to get comfortable and an organization that trusts me to be me… You have all the ingredients to see me at my best.
What are the other places in which you have played where you have found the best soundsystems and responses from the audience?
Japan and honestly, my home in Minneapolis! Even though we struggle in Minneapolis, some of my best moments have been at home!! When you see a proper Minneapolis party you understand why its so great.
What are the main differences between the European and the American audience?
This is a general statement, but in the EU its so much a part of the culture that I think many people take it for granted. I see so many people who have so many options that it would be hard not to. In the US, especially where I’m from, the crowd has come out and chosen to be apart of this, they have had to find it and they don’t have it as often as their counterparts in the EU. When your that hungry for something, you appreciate it in a different way.
Was it to convey your passion for audio, event organization and music productions that you founded HUSH? Tell us something about this project.
HUSH has been my company since 1996. I did parties under HUSH, I own and operate a studio rental building called HUSH studios for the last 10 years. I also ran a sound company since 1998 called HUSH sound. So it was only natural that my record label would also follow this. HUSH 01 came out last year and will have more releases in 2013.
What are your projects for the next months?
A handful of remixes are finally coming out and then hopefully soon I’ll be releasing more original music on HUSH, another klockworks and a release for Ostgut Ton.