La notizia arriva da Pitchfork, e prima ancora da Stereogum, e ha proprio l’aria di non essere un abbaglio: è morto improvvisamente Steve Albini, a soli 61 anni, per un infarto. Chi conosce già la figura del produttore statunitense non può che restare impietrito di fronte a questa notizia. Non certo una persona facile e tantomeno accomodante, ha comunque incarnato al 100% la fierezza dello spirito indipendente – caratteristica oggi ancora più preziosa, per come il termine “indie” ormai viene di questi tempi tirato in ballo ovunque, sì, ma deformato fino a diventare una mostrina modaiola. Anche quando si è misurato col mainstream (vedi “In Utero” dei Nirvana, o “Rid Of Me” di PJ Harvey), Albini ha sempre mantenuto un rigore stilistico e procedurale feroce – compromessi zero.
Visto dalla visuale della musica elettronica e del clubbing, che è la visuale “nostra” abituale, Albini era in teoria un “nemico”: famosa la sua polemica con Powell in cui aveva manifestato il suo apparente odio&disgusto verso la musica elettronica e quella dance. In realtà, leggendo con più attenzione il suo messaggio, c’erano anche ironiche sfumature “nere” che rendevano – paradossalmente – più sfumato e sfaccettato il messaggio (“I detest club culture as deeply as I detest anything on earth“). La verità è che la musica elettronica odierna avrebbe bisogno di personaggi come Albini, accidenti se ne avrebbe bisogno: per evitare di diventare un gigantesco esercizio di paraculaggine (vale per il mainstream, ma vale anche per certe nicchie troppo soddisfatte di se stesse), come invece ormai troppo spesso si sta accontentando di essere.
Maledizione se Steve Albini ci mancherà. Anche quando diceva delle cose con cui eravamo zero d’accordo, uscite rancorose e rigide contro tutto quello che esulava dal suo impianto etico ed estetico. Certo che ne faceva. Ma appunto: è proprio questo il suo bello. O comunque una delle cose per cui era prezioso. E come musicista – vedi gli Shellac – e come produttore, è stato una delle voci più importanti, interessanti, taglienti e serie degli ultimi decenni. Assurdo pensare che non ci sia più.
Drew Daniel dei Matmos lo ricorda così, ed è un ricordo azzeccato:
Non a caso, un ricordo arriva anche da una delle persone che – per attitudine – più si avvicina ad Albini nel mondo “nostro”, Dave Clarke: