Quando sai di dover affrontare un festival completamente solo, non sai mai cosa possa succederti, se ti divertirai, chi incontrerai e soprattutto che fine farai. Tutti questi quesiti non mi hanno mai turbato più di tanto nei giorni precedenti l’evento. E’ risaputo che se vivi da diverso tempo (per me 6 anni a dicembre) in una città come Londra, puoi anche avventurarti in parties o festival completamente solo, tanto sai benissimo che prima o poi qualche conoscenza vecchia o nuova che sia esce fuori dal nulla. E proprio così è stato per me, dovevo essere solo e mi sono ritrovato a trascorrere il sabato pomeriggio correndo tra un’arena e l’altra in compagnia di un gruppo di più o meno 10-12 persone. Nonostante il grande punto interrogativo sulla giornata, mi sono fatto forza e carico di entusiasmo preparo me stesso ad affrontare in perfetto stile la prima edizione dell’Eastern Electrics Festival.
Eastern Electrics è un club-brand che nasce nel 2008, i parties non hanno una location fissa ma si spostano nei diversi clubs\warehouse della città e le loro consolle vedono alternarsi upcoming djs e altri artisti già affermati. Quest’anno gli organizzatori decidono di organizzare il primo EE Festival, che si tiene all’Area 12 nella Greenwich peninsula proprio nel bel mezzo della zona Olimpica. In precedenza l’evento doveva svolgersi nel parco di Clapham Common, lo stesso dove avviene il SouthWest4 durante il Bank holiday di agosto.
E’ Sabato 4 agosto, sono le prime ore del pomeriggio il tempo sembra essere favorevole, ed io munito di penna e taccuino mi dirigo verso East London. Con una ventina di minuti e senza incidenti di percorso arrivo alla prima destinazione, credevo peggio visto che ci troviamo all’ottavo giorno delle Olimpiadi. Una volta che si esce dalla Tube si respira il vero clima dei giochi olimpici: volontari, polizia, addetti ai lavori, tantissimi spettatori, numerose bandiere, ma dei partecipanti al festival neanche l’ombra. Mi fermo a chiedere ad un poliziotto se mi può indicare la strada, in quel momento comincio a sentire la musica. Ci siamo, sembra proprio essere dietro l’angolo, ed invece no. Cammino per circa 15 minuti (ovviamente prendo la strada più lunga) e proprio appena mi allontano di qualche metro dalla stazione comincio a vedere i primi gruppi di ragazzi con in mano birre, bottiglie di vino, vodka e tutto ciò che è “necessario” nel pre-festival. Continuo a camminare e mi trovo davanti all’entrata VIP\Guestlist\Press&Media c’è fila per entrare, non ci voglio credere. Dopo l’esperienza del Bloc speravo di non fare mai più file in vita mia per entrare ad un festival, ma scorre e finalmente sono dentro. Ritiro il mio braccialetto e mi addentro nel piazzale. La location chiamata Area12 non è altro che un grande piazzale, che a detta mia non è niente di sbalorditivo ma la visuale merita. Come sfondo ci sono i grattacieli di Canary Wharf, il Gasometro e l’immensa O2 arena.
Una volta dentro, l’adrenalina comincia a salire pian piano ed entro nello spirito del festival. Mi dirigo verso il bar, c’è una fila spaventosa e la stessa cosa sarà x i bagni. Non ce la faccio più ad aspettare e comincio a fare il giro dei vari soundsystems cercando quello più adatto a me. Entro nell’arena della 2020 Vision dove alle 16:00 avrebbero dovuto cominciare a suonare i Crazy P. Non c’è molta gente dentro, anzi è quasi vuota per metà, sul palco ancora stanno finendo di montare gli strumenti, impazziente me ne vado. Do un sguardo al programma e realizzo solo in quel momento che Kerri Chandler (col quale abbiamo scambiato due chiacchiere qualche giorno perima del festival) ha iniziato da poco, mi metto alla ricerca ed eccola là. Black Atlantic è il nome della arena, c’è gente che balla ovunque sia dentro che fuori, gli spazi non sono molto grandi e dentro quasi non si respira, direi un carnaio, gente che spinge e la situazione a volte diventa quasi insopportabile. Ecco che tra la folla intravedo qualche amico (cosa vi avevo detto?!) sono un bel gruppo e mi unisco a loro. In quel momento la traccia di turno è “Intruder – Amame (Murk feat. Jei)” mani al cielo e tutti che se la cantano. Continuiamo a ballare con Mr. Chandler che a volto basso e con un gran sorriso sta dando spettacolo, c’è un’energia straordinaria a tratti sembra di essere al Circoloco di Ibiza. La situazione diventa sempre più invivibile, fa caldo, ma la musica ci piace troppo per lasciare ed andarcene. House, deep-house e poi suoni un pò più groovy, il set volge al termine e Joy Orbison prende il controllo della situazione. Il set comincia in grande stile, con un classico “Danny Tenaglia – Music Is The Answer” (non serve aggiungere che sembra di essere ad un concerto con tutti che cantano) ci dirigiamo alla ricerca di qualcosa che possa competere con la musica della Black Atlantic arena. Passiamo di nuovo davanti alla 2020 Vision dove c’è Greg Wilson che sta suonando “Rick James – Give It To Me Baby” situazione disco-funky, si mi piace, ma c’è sempre meno gente nella tenda, il tempo di una birra ed una sigaretta e si torna in mezzo alla bolgia. C’è Joy Orbison che continua il suo set, il quale verrà interrotto dopo un pò a causa del “coglione” di turno che si arrampica sulle casse e viene invitato a scendere più volte. Fischi ed ancora fischi da parte della folla, il ragazzo scende e si ritorna ballare. Sono quasi le 19:00 c’è ancora il sole e per noi è arrivato il momento di spostarsi verso il main stage, stanno per cominciare gli Azari & III, il che vuol dire show e divertimento garantito. Riusciamo ad arrivare tra le prime file, il quartetto canadese sta dando il meglio, una performance di tutto rispetto, super-gay e super coinvolgente. Tra le varie canzoni le famosissime Manic, Hungry For The Power e poi arriva lei, Reckless With Your Love, che per me è stato senza dubbio uno dei momenti top e più carichi di energia del festival. Durante lo show di Azari si vede aggirare sul palco Jamie Jones, pronto per il suo set di chiusura. Non prestiamo molta attenzione al set di JJ e decidiamo di temporeggiare nella VIP area dove sta suonando Bill Patrick, dj set di qualità e situazione molto easygoing. Tra qualche drink e qualche chiacchiera incontriamo Ali Love, Lee Foss ed altri djs. L’EE sta per volgere al termine e decidiamo di spendere l’ultima ora nella 2020 Vision arena dove Huxley dovrebbe aver già cominciato il suo set, ma in realtà del nostro dj inglese neanche l’ombra. I miei compagni di giornata stanchi di aspettare vogliono andarsene, cerco di convincerli a rimanere e dopo diversi tentavi riesco nel mio intento e come per magia ecco apparire Huxley on stage. Purtroppo riusciamo a sentirci solo mezz’ora del suo dj set. Siamo stanchi, le gambe non ce la fanno più e alle 22 decidiamo di abbandonare il festival che in pochi minuti avrebbe chiuso. Ci dirigiamo verso il molo e ritorniamo in centro in barca via Tamigi. Sulla via del ritorno i miei amici sembrano essere entusiasti del festival, per qualcuno di loro è la prima esperienza, siamo tutti d’accordo su una cosa Azari & III e Kerri Chandler sono stati i migliori.
Un festival nel complesso molto carino, ma niente di particolarmente entusiasmante per quanto mi riguarda, nulla di nuovo. Sono partito senza aspettative, specialmente dopo la super delusione presa al Bloc evitando di crearmi falsi miti, non ho voluto immaginarmi nulla ed ho deciso solo di farmi trasportare dagli eventi, senza pianificare di vedere quel dj piuttosto che quell’altro. Una volta entrato e con il programma in mano ho cominciato a crearmi un mio percorso che poi alla fine si è dovuto adeguare anche a quello del mio gruppo di amici. Dal punto di vista organizzativo, per essere la prima edizione, mi sembra che il festival sia riuscito nel migliore dei modi, senza alcun problema con la sicurezza. Una cosa che ho notato e che mi ha lasciato un pò spiazzato è stata la poca presenza di italiani, praticamente a parte me ed il mio flatmate non ne ho visti e sentiti per tutta la durata dell’evento, questa si che è una cosa strana specialmente perchè siamo una razza festaiola.
Pics credit: Sophia Whitfield