Oh sì, così. Niente di particolarmente sconcio, per carità, si tratta semplicemente del grido di gioia delle mie sinapsi che si accendono e spengono sotto i colpi della techno di Brendon Moeller. Che poi, detto tra noi, sempre di un mezzo-orgasmo si tratta.
Techno grassa, sudata ed energica; musica decisa, così ben fatta che nel suo crescendo impetuoso e impulsivo si esalta confermando il suo autore come uno dei massimi esponenti del genere. Brendon Moeller è un artista vero, uno di quelli più forti delle mode e più lungimiranti di un indovino. Non perché sia in grado di guardare attraverso il futuro, artefice di chissà quali diavolerie. Assolutamente no. Semplicemente perché la sua musica, il suo stile ed il suo sound sono diventati ormai un classico. Brendon Moeller, qualsiasi alias scelga di impersonare, è intramontabile e le sue produzioni con lui.
La musica fatta come Dio comanda ha questo vizio: te la trovi tra i piedi, talvolta nemmeno la capisci/apprezzi al primo ascolto, e poi te la tieni stretta finché il batti-e-ribatti della cassa non ha definitivamente usurato i timpani. Ma va bene così, perché di fronte a lavori come “The Mechanics Of Joy”, uscita numero trentuno della bavarese Prologue, è doveroso mettere in gioco anche la propria incolumità. È uno di quei dischi per cui vale la pena uscire la notte, anche quei venerdì sera in cui esci tardi dall’ufficio e tutto vorresti tranne che imbatterti e sbatterti nel consueto tran tran del club dove sei solito darti alle danze.
Il produttore sudafricano ci ha consegnato l’ennesimo EP capace di brillare per classe ed efficacia; un’uscita che si discosta leggermente dal sound che ha eletto Prologue come una della label più importanti dell’ultimo biennio, ma che rappresenta il compromesso perfetto tra la spacy-acid techno della label del duo Bonaty-Kranawetter e la cassa cicciona di casa Electric Deluxe.
Il comunicato di Prologue, poi, recita fiero: “Let us together swing on the dancefloor”. Non bastava vincere facile?