L’attesa è stata impaziente. Un paio d’anni dal loro ultimo lavoro del 2014, “Observatory”, in cui ce li siamo goduti live in una manciata (sempre troppo striminzita) di date italiane. Il 16 settembre, “Clones”, uscito per Macro Recordings, è stato finalmente sfornato.
Trattasi del quinto album in studio degli Elektro Guzzi, trio viennese unico nel suo genere – la techno suonata con strumenti veri e propri, senza l’ausilio di nessuna macchina. Tre gli strumenti in ballo, basso, batteria e chitarra elettrica, a cui si aggiungono filtri, distorsori e la fisicissima presenza dei tre sul palco mentre performano. Il connubio è sorprendente, abbiate fede.
La nostra “techno-tanzband” – Bernhard Breuer (batteria), Bernhard Hammer (chitarra) e Jakob Schneidewind (basso) – si presenta in questo ultimo LP parecchio matura e solida.
L’album si apre con “Room”, ottimo trampolino di lancio verso un’algida, ma gustosa atmosfera nordica, oscura e techno-minimale, qui arricchita di lievi spennellate dubeggianti. Un incipit molto potente che esalta. Si prosegue con “Voix”, a nostro avviso il pezzone dell’album. Un mix di trance tribale, atmosfere techno-detroitiane ed eco quasi latineggianti che si palesano per pochi istanti, per poi svanire in darkeggianti vocals sfocati. Forse solo questo brano vale tutto il disco, soprattutto se associato alla traccia di apertura. O, almeno, suggerisce una trasferta forzata per assistere ad un loro live. Ne siamo convinti. Procedendo invece nel tunnel sonoro dei magnifici tre, ci imbattiamo in “Slowfox”: l’intro ad un universo parallelo fatto di tinte dub, industrial e trance che si fondono assieme, guarnite da un bel basso tenebroso e denso. Il tutto impreziosito da deliziose distorsioni che fanno da sottofondo a quasi tutto il pezzo. Un viaggio di sola andata.
“Clones” ha delle battute d’arresto, o meglio dei pit stop, nei pezzi successivi come ad esempio “Wood”, “Blue Eyes Wink” e “Merge”. Qui gli Elektro Guzzi li troviamo un filino troppo narcotici, statici, richiedono molta attenzione non restituendoci troppi entusiasmi. Per fortuna si ripigliano in pompa magna con “Pillow”, dalla verve quasi tropicale arricchita da una qual certa ripetitività afro e da uno schitarrare malinconico dagli eco blues, reso diligentemente psichedelico. Anche “Loop” ci affatica un po’, ma sopportiamo senza eccessive sofferenze, trattasi pur sempre di suoni e strutture molto eleganti e ricercati, fortemente identitari per i nostri baldi viennesi. La traccia finale, “Coda”, ci fa dimenticare tutte le perplessità: nel suo primo paio di minuti e mezzo rimane volutamente piuttosto ferma, poi, però, si declina nella sua fase più dark, con un’atmosfera e delle sonorità che ci riportano alla mente i i migliori pezzi techno di Aphex Twin in “Surfing On Sine Waves”.
Al termine del nostro ascolto sentiamo un’irrefrenabile voglia. Quella di prenderci un po’ di tempo per poi tornare a riascoltarci “Clones”. Solitamente, questo è un tipico sintomo provocato dagli ascolti complessi, ma emozionanti. Da digerirsi e comprendersi prendendocisi del tempo.
In questo, e nel catapultarci in universi techno col solo potere di basso, chitarra e ritmica, gli Elektro Guzzi, grazie al loro sound unico da trio techno dal cuore punk, rimangono maestri dei viaggi di sola andata. E gli perdoniamo tutto, in attesa di gustarci uno dei loro live in giro per l’Europa.