Certo, siamo ancora agli inizi; certo, le cose devono ancora migliorare; ma dopo che Puglia Sounds ha fatto da rompighiaccio, intercettando i fondi europei (che ci sono, basta sbattersi per ottenerli – ma in Italia spesso non si è capaci di farlo) e creando delle operazioni anche piuttosto grosse – Medimex, ad esempio – o ramificato per sostenere la musica non-solo-classica e non-solo-operistica, e dopo che l’Emilia Romagna a furia di buone pratiche ha dimostrato che la musica “non museale” può essere una risorsa per tutta una filiera imprenditoriale, altre Regioni iniziano a muoversi. Facendo cose interessanti, che meritano complimenti ed incoraggiamenti.
Fra queste, il Lazio. Senza nascondere la polvere sotto il tappeto: avevamo intercettato dei post molti critici di gente strategica per la scena “nostra” che aveva molto messo in dubbio l’operazione LAZIOsound, basandosi soprattutto su alcune comunicazioni ufficiali istituzionali che avevano un linguaggio un po’, ehm, sorpassato (eufemismo). Il sospetto inevitabile era insomma che si trattasse dell’ennesima operazione di facciata e senza criterio sui “giovani“, fatta solo come foglia di fico e/o per far muovere dei bilanci. Ma più dei sospetti, alla fine, parlano i fatti.
Noi siamo andati a curiosare soprattutto nella categoria più “elettronica” delle cinque presenti (che erano classica, jazz, songwriting, urban e, appunto, elettronica, ribatezzate tutte con nomi piuttosto immaginifici), e qui ci sono da dire un paio di cose: la prima è che nella giuria sono stati coinvolti nomi come il compianto Claudio Coccoluto, Donato Dozzy, Andrea Esu, davvero scelte di qualità vera. La seconda, è che i vincitori della categoria in questione – gli Envoy – non sono per nulla male. Proprio per nulla. Forse più rock che elettronici, ma in realtà stanno perfettamente in quel limbo “intelligente” in cui i due mondi si incontrano e si incontrano bene. LAZIOsound gli ha permesso anche di realizzare un video, che vi presentiamo qui sotto e che è davvero elegante e raffinato – fa il giusto servizio alla tracce da cui nasce.
Insomma, l’output finale è decisamente di livello. Tanto da emendare il peccato – derubricabile a veniale – di aver presentato qua e là l’operazione con frasi tipo “Un’occasione unica per dare una spinta alla tua musica“, eccetera eccetera. Se viene messa la gente giusta ai punti giusti nel dare i pareri giusti, i risultati arrivano. E le amministrazioni pubbliche non solo fanno bella figura, ma fanno davvero la cosa migliore che possono fare: danno un aiuto concreto a chi ha le qualità per emergere, invece di pensare solo a pubblicizzare se stesse agendo a muzzo. La via è questa. Molta strada è da percorrere, ma vale la pena percorrerla. Bene così.