La formazione di Brighton che porta il nome di Esben And The Witch – la denominazione fa riferimento ad una fiaba della tradizione danese – non è facilmente inquadrabile musicalmente. I tre responsabili del progetto Rachel Davies, Daniel Copeman e Thomas Fisher, attivi dal 2009, hanno dato alle stampe due dischi sulla lunga distanza: “Violet Cries” (2011) e l’ultimo recentissimo “Wash The Sins Not Only The Face” (2013). Le coordinate sonore si posizionano tra la musica dark-wave ed il dream-pop (due lati della stessa medaglia): la voce di Rachel Davies si erge su tappeti strumentali dove il battito della batteria, i feedback chitarristici ed un dosato utilizzo dell’elettronica disegnano panorami a volte solenni altri da incubo. Dal “nightmare-pop” dell’esordio ad una “musica sperimentale beat/dronica con occasionali incursioni pop” che a detta di Thomas Fisher (che ha gentilmente risposto alle nostre domande) è oggi la definizione che rappresenta meglio il suono della band!
Una volta avete definito la vostra musica “nightmare-pop”, vi piace ancora questa definizione?
Devo ammettere che questa definizione non calza più a pennello come un tempo. La pensammo circa tre anni fa, al tempo del nostro debutto sulla lunga distanza, quando i nostri obbiettivi erano diversi da quelli di oggi. Stavo proprio pensando a come descrivere il suono di adesso e credo che si potrebbe parlare di musica sperimentale beat/dronica con occasionali incursioni pop. Magari è una definizione un po’ elaborata ma che rappresenta meglio il suono odierno della nostra band e di quello che ci piace produrre.
Le atmosfere dei vostri dischi sono sospese tra il fantasy e il noir, o almeno a noi piace pensarla così, siete d’accordo?
Si possono sicuramente riscontrare entrambi questi elementi, ai quali ci piace attingere. Con il nuovo album abbiamo cercato di limare l’elemento noir presente nella nostra musica in favore di soluzioni più vivide, in technicolor. Così facendo ci siamo trovati a dover fare i conti con un processo creativo differente, che ha rimesso in gioco le nostre capacità produttive e posto nuove sfide. Questo cambiamento si è riflesso anche nei testi di Rachel… mentre l’aspetto fantasioso è ancora ben presente, pensate al brano When That Head Splits ispirato dal Surrealismo, il lato noir non è stato accantonato o perlomeno non trattato come uno degli elementi dominanti come avvenuto in passato.
Come nasce un vostro brano?
Nel caso di Wash The Sins… ci siamo trasferiti in cottage di montagna intorno a Brighton per circa tre settimane di scrittura. Abbiamo voluto scrivere tutti i brani stando in luoghi simili tra loro e con stati d’animo precisi in modo da rendere il tutto più omogeneo rispetto al disco precedente. Ci siamo assuefatti di quelle immagini che volevamo infondere alla musica e poi iniziato a scrivere. Caffè e vino rosso a volontà consumati a seconda dell’orario del giorno nel quale ci si trovava. Ognuno di noi aveva in mente un sacco di idee sull’evoluzione del nostro suono e così il primo giorno di ritiro ci siamo seduti per considerare ogni ipotesi insieme. In questa fase abbiamo condiviso parti elementari di una canzone, una linea di chitarra, una parte vocale o un ritmo di batteria. Sui singoli elementi che ci piacevano abbiamo costruito intorno una canzone. Nel momento in cui ci siamo ritrovati in studio abbiamo vissuto una dimensione live per certi versi inedita, uno di noi a mettere in loop il ritornello e gli altri a cercare il proprio groove. E’ stata un’esperienza importante per tutti noi, delle volte ipnotica, il che è sicuramente una buona cosa.
Difatti “Wash The Sins Not Only The Face” pur conservando i chiaroscuri dell’esordio evolve in qualcosa di più organico, le melodie sono più dirette e il tutto ci sembra maggiormente messo a fuoco…
E’ quello che volevamo ottenere. Su Violet Cries abbiamo invece intenzionalmente lavorato mascherando di tanto in tanto le melodie, cercando di produrre un disco che fosse parimenti oscuro ed intenso. Nel momento in cui l’armonia diveniva più chiara aggiungevamo strati di elettronica o feedback di chitarra. Pensando al disco oggi, direi che certamente è stato raggiunto l’obbiettivo prefissato, rendendo il suono occasionalmente astruso ma credo che questa attitudine abbia minato l’impatto dell’ascolto a distanza di qualche tempo. In Wash The Sins… abbiamo voluto eliminare alcuni livelli di rumore in modo da rendere le melodie più chiare. Ad ogni modo l’intensità è rimasta pressoché invariata e dal vivo si può apprezzare ancora meglio.
In questo disco l’utilizzo dell’elettronica è molto dosato e, al pari del feedback chitarristico, viene utilizzato per sporcare le linee armoniche oppure renderle più ipnotiche. Ci ricorda l’attitudine di gruppi quali Portishead e Seefeel. Vi piacciono queste formazioni?
Sono dei punti di riferimento per noi, in particolare i Portishead. Credo che l’equilibrio tra chitarre ed elettronica è sempre stato molto importante per la nostra musica e oggi più che mai. Al tempo del nostro esordio tutto era più confuso, tutti e tre suonavamo i diversi strumenti in modo interscambiabile e questo ha fatto si che comprendessimo parecchie cose sulla composizione musicale ma allo stesso tempo rendeva il risultato finale meno efficace. Ora abbiamo definito maggiormente i ruoli all’interno della band, io mi occupo del suono di chitarra, Daniel è alle batterie ed ai sintetizzatori e Rachel alla voce ed al basso. In questo modo le cose funzionano abbastanza bene in quanto ci dà lo spazio di essere più liberi nelle proprie partiture dedicate e riusciamo a fondere meglio le idee musicali reciproche.
Il titolo “Wash The Sins Not Only The Face”, molto suggestivo, è in origine un palindromo greco vero?
Esattamente! Ne siamo venuti a conoscenza quando eravamo già ad un buon punto della lavorazione e si cercavano elementi duali simili ad immagini speculari. Ci è sembrato un titolo intrigante e per certi versi anche umoristico se si considera che una frase così altisonante viene associata ad un album di musica, un po’ come fanno certe band post-rock delle quali siamo fan. L’album è stato ispirato dalla dualità in senso lato, dal doppio quindi, e questo palindromo è stato una rivelazione. Divenne il titolo del nostro progetto che pian piano si adattava attorno ad esso.
Questo disco può essere considerato come un viaggio della mente?
Mi piace questa idea. Rachel aveva appena finito di leggere “Le porte della percezione” (Saggio breve di Aldous Huxley NDR) e “Cielo e Inferno” (di Emanuel Swedenborg ndr) quando abbiamo iniziato il nostro processo di scrittura. Tra le nostre intenzioni c’era quella di far sembrare il disco un vero e proprio viaggio. Nella nostra testa Wash The Sins… doveva essere la colonna sonora di un viaggio nel deserto. Ha inizio con il sorgere del sole con “Iceland Spar” ed il suo grido di battaglia che apre la spedizione e si conclude con “Smashed To Pieces In The Still Of The Night” immersi nel nulla, a luci spente. Tutto quello che c’è nel mezzo è come un viaggio tra paesaggi strambi e surreali. Durante il precedente tour abbiamo girato in lungo ed in largo gli Stati Uniti e abbiamo passato moltissimo tempo a guardare fuori dai finestrini. Era inevitabile essere influenzati da questi paesaggi suburbani e abbiamo realizzato una sorta di colonna sonora che completasse le nostre immagini mentali, fatte di surrealismo e dualità e che documentano bene il nostro vissuto.
Raccontateci il vostro percorso artistico che vi ha portato ad incidere dischi per l’etichetta discografica Matador.
Tutto ebbe inizio circa quattro anni fa. Non riuscivo a suonare benissimo la chitarra quindi facevo quello che potevo mentre Daniel era alla programmazione delle drum machine. Rachel si aggiunse a noi perché volevamo una voce, una componente lirica che sentivamo necessaria e che noi due non potevamo fornire. “Corridors” fu il primo brano compiuto che producemmo insieme. Da quel momento in poi suonammo moltissimo dal vivo come band di supporto ad altri gruppi a Brighton prima e Londra poi. Scrivevamo e suonavamo tutto il tempo migliorando sempre di più, la Matador stessa prese contatti con noi dopo un concerto nel quale apprezzò il nostro sound. Andò così, senza particolari programmi da parte nostra, ci importava solo di crescere come band in quel periodo.
Quali sono i tuoi ascolti musicali preferiti dell’oggi artistico?
Ascolto principalmente musica drone-chitarristica come gli Earth oppure Barn Own ma anche roba ambient elettronica come Tim Hecker e Mountains.
Progetti per il futuro prossimo oltre la tournee d presentazione dell’album?
E’ difficile pensare troppo al di là del tour di presentazione di Wash The Sins… che prenderà il via tra un paio di settimane. A noi tre piace molto stare in tour e suonare dal vivo e abbiamo una gran voglia di metterci sulla strada per qualche mese adesso che l’album è in stampa. Abbiamo già alcune idee sull’evoluzione del nostro suono ma non abbiamo voglia di velocizzare le tappe. E’ sempre eccitante riflettere sul dopo.
Speriamo di vedervi presto dal vivo anche in Italia!
Grazie, speriamo anche noi di avere la possibilità di suonare in Italia entro la fine di quest’anno.
English Version:
The Brighton’s Band called Esben And The Witch – the name refers to a Danish fairy tale – is not easily describable. The three musicians Rachel Davies, Daniel Copeman and Thomas Fisher, active since 2009, have produced two discs in the long run: “Violet Cries” (2011) and the last recent “Wash The Sins Not The Only Face” (2013). The musical coordinates are positioned between dark-wave and dream-pop (two sides of the same coin): the voice of Rachel Davies stands over drum beats, guitar feedbacks and a measured use of electronics that together draw landscapes that sounds solemn or nightmare-full. In the beginning they used to define their music as “nightmare-pop”, nowadays their sound has evolved in some “experimental beat driven drone with occasional pop sensibilities” like Thomas Fisher (that gently answered our questions), called much appropriate to the sound of the band!
Once you have defined your music “nightmare-pop”, do you still like this definition?
I must admit that we are not as keen on this definition as we used to be. It was about three years ago when that first came up and our aims for the music we were making were very different. I was actually thinking a bit about how to describe the sound now and came up with; experimental beat driven drone with occasional pop sensibilities. That sounds a little elaborate written out but nonetheless feels like a much better representation of our band and the music we make now.
Your sound is suspended between fantasy and noir, or at least we like to think this way, do you agree?
There are certainly elements of both those things that we draw upon. With the new album we were trying to shed a bit of the noir element that has existed in our music. We wanted to create something a bit more vivid and technicolor. Trying to introduce these things has been a real learning process for us, we are heading out of our comfort zone to some extent. The change is also reflected in Rachels lyrics… Whilst the fantasy side is still present, mainly in tracks like When That Head Splits which were inspired by the Surrealists, the noir side we no longer consider to be such a part of our music, or at least not such a dominating atmosphere as it has been in the past.
How you proceed to create a song?
For Wash The Sins… we went and stayed in cottages in the countryside around Brighton for about three weeks to write. We wanted all the songs to be created at roughly the same time so that there was more continuity than on the last record. We drew the curtains, surrounded ourselves with imagery we wanted to seep into the record and then started to write. We fuelled ourselves with either coffee or red wine depending which side of lunch it was. Each of us had stored up lots of ideas they wanted to explore so the first day we sat down and went through them together, at that stage they were just simple things like a guitar line, a vocal melody or a drum beat. The ones we liked we worked on together and turned into songs. As we had all the equipment set up we were able to write them in a more live way than before, one person just looping their refrain whilst the other two found their groove. It was a good experience for us, quite hypnotic at times, which is most definitely a good thing.
In fact “Wash The Sins Not The Only Face” retains lights and shades onset but evolves into something more organic, the melodies are more direct and everything seems very focused…
This was a conscious decision on our part. On Violet Cries we masked the melodies a lot of the time, we were intentionally trying to make a record that, at times, was an uncomfortable and intense listen. So in some instances we’d have something that sounded vaguely harmonious and then add layers of static blasts or guitar feedback. Looking back I’d say we certainly achieved our goal in making it occasionally uncomfortable but in doing so I think that the records impact diminishes a little over time. With Wash The Sins… we wanted to strip back some of the layers so that the melodies could be heard clearly. Having said that we will always be interested by making a racket too, particularly live. In fact live these songs have become pretty intense.
The use of electronics is dosed to a minimum and like the guitar feedback it works to soil the rhythms or make them more hypnotic. It reminds the ability of groups such as Portishead and Seefeel. Do you like these bands?
We are into those bands, Portishead in particular. I think the balance between guitars and electronics has always been really important to our music, now more so than ever. When we started out everything was a little more muddled, we’d each play different instruments on each song which was a great way to figure stuff out but meant that at times it was difficult to really get your teeth into something. Now we have figured out clearer roles within the band, so I am playing guitar solely, Daniel all the drums and synths and Rachel, the vocals and bass. I think this works quite well as it gives us space to operate in and we’re into quite different stuff now so it means we can fuse our musical ideas better.
The title “Wash The Sins Not The Only Face”, really impressive, is originally a Greek palindrome right?
Indeed! We read about it when we were really into the album being about doppelgangers and mirror images. It was really intriguing but also had an element of humor to it that comes from applying such a grand statement to an album title, in the same way post-rock bands often do and we’re all really into that! The album came to be inspired by the broader ideas of duality and the double as well but the name really stuck with us. It had become the name of our project and as such it felt like it was there to stay even as the concept shifted slightly.
The disc can be considered as a journey of the mind?
I like that idea. Rachel had in fact just finished reading The Doors Of Perception and Heaven And Hell before we sat down to write. We certainly wanted it to feel like a journey. We always had in our heads that Wash The Sins…. is a soundtrack to a trip through the desert. It begins as the sun rises with Iceland Spar, the rallying cry at the start of the expedition, and ends with Smashed To Pieces In The Still Of The Night being the conclusion in the middle of nowhere, all lights gone out. Everything in between intended to be like a journey through a strange and surreal landscape. We did a lot of driving, especially in The U.S. when we were touring the record and you spend a lot of time looking out of van windows. We wanted to soundtrack these vast expanses, to populate the landscapes we saw with surreal imagery and doubles, then document the journey through it.
Tell us about your artistic path that brought you to the label Matador?
We started out about four years ago. I couldn’t really play much guitar then so I would sit there and figure stuff out whilst Daniel would programme the drum machines. Rachel came on board because we wanted to have a vocal, lyrical side to what we were doing and neither of us were up to that task. Corridors was the first thing we wrote together properly. From there we just played loads of support shows in Brighton then London. We were writing all the time, playing and getting better and Matador just came down to one of our shows and liked what we were doing. That was how we came to work with them, no great design or anything, we hadn’t given getting a deal too much thought at that time we were just preoccupied with working hard as a band.
What are your favorite recent music listening?
I’ve mainly been listening to drone guitar music like Earth and Barn Owl, also some ambient electronic stuff like Tim Hecker and Mountains.
Plans for the future beyond next live presentation of the album?
Its difficult to think too much beyond the touring in support of Wash The Sins… that we begin in a few weeks. All three of us really love touring and playing live and we’ve been itching to get on the road for a few months now, ever since the record was done really. We have some ideas about how we can go forward but its early days and I wouldn’t want to get too carried away just yet. Its always exciting to think about though.
We hope to see you soon live in Italy!
Thanks, we hope to get the chance to play in Italy later this year.