Di produttori che non si buttino a capofitto in quel che è il terno al lotto dell’attuale filone mainstream o in qualche azzardato esperimento che dimostri quanto siano “alternativi” ce ne sono davvero pochi. Oltre alla schiera di amanti del gioco ad inseguire la moda girovagano (fortunatamente) sconsolate mistiche creature che, non si capisce il perchè (hehe…), producano ancora deep e affini facendolo, tra l’altro, da Dio.
Tim Hopgood e Michael Dodman aka Ethyl & Huxley sono sicuramente da accorpare al secondo gruppo, questi due giovani londinesi hanno reso un gran servizio a quel filone deep che è passato sempre più in secondo piano a causa di vari fattori. No, questa volta non ripeterò il solito discorso del filone musicale ecc, ecc… Questa volta la colpa se la dividono fifty-fifty i clubbers (pseudo o finti che siano), e i dj che dovrebbero aprire i party (convinte star piene di sé). La presunzione di questi ultimi tocca livelli estremi perchè bisogna lottare per spiegargli che non sono loro le guest della serata, dopo ciò onorandoci con la loro presenza in consolle si dilettano in un nuovo sport, il “lancio del missile”, famosa disciplina in cui vincitore è colui che passa la “bomba” più forte… Nulla conta tener d’occhio la pista o la selezione che si sta facendo, non importa nemmeno che il dj dopo debba suonare hard-techno per dare alla serata un tono in crescendo l’importante è che il basso sia pompato e muscoloso al punto giusto.
Questa cattiva usanza si è, però, diffusa con l’accondiscendenza di masse di fruitori poco che riducono la musica ai minimi termini, dove la cassa e il basso sono il comun denominatore. Ci tenevo a fare questa riflessione perchè, anche in prima persona, ho visto tante volte scene del genere e andando in questa direzione non si può che peggiorare.
Tornando all’uscita prossima del duo londinese che vedrà la luce sulla nuova etichetta Saints & Sonnets, dello stesso Huxley in comproprietà col giornalista/dj Jimmy Posters, le critiche non possono essere che positive. “3 Feet High EP” rispetta appieno tutti i canoni di una buona e corposa deep, perfetta per approcciare con la pista in modo delicato, in grado di coinvolgere senza esagerare coi bpm e dotata di sonorità gradevoli all’orecchio. Un disco che dovrebbe essere presente nella borsa di un dj.
L’EP si apre con l’omonima traccia in cui suoni brillanti dal forte effetto, string e break di piano, si oppongono alla forza bruta del basso dando vita ad una traccia house dall’indubbo valore. Non da meno sono le due re-interpretazioni di Roman Flügel. Il primo, il “Deep Mix” per intenderci, è un’opera d’arte confezionata dal genio tedesco che mantenendo quasi invariata la linea di basso riesce a imprimere un tocco al limite della nu-disco: il pitch scende ancora più in basso e Flügel immagina, e suona, melodie dove qualcun’altro si accontenterebbe magari di piazzare un paio di voci quà e là. Gran traccia! Il secondo mix invece ha una marcia in più, fluido e più veloce, è stato sicuramente pensato come complementare all’altro, più pacato e melodico e di conseguenza meno dancefloor-oriented, se vogliamo metterla così. Jackin’ house e deep si sposano a meraviglia in questa traccia in grado di farci apprezzare il lavoro svolto da Flügel che da una traccia riesce a tirar fuori con grande originalità due remix completamente diversi e tutt’altro che banali.
Detto questo siamo sicuri che nei mesi a venire Saints & Sonnets ci consegnerà materiale di grande qualità.