La parata di nomi fa spavento. Siete danzettari ed elettronici? Underworld, Digitalism, Deadmau5, Carl Craig, Tiga, Paul Kalkbrenner, Groove Armada, quei Magnetic Man che in Italia vedremo difficilmente viste le cifre assurde che chiedono per venire a suonare, più un mare di altri nomi ancora. Non vi basta? E/o avete gusti musicali a trecentosessanta gradi? Allora potete scegliere tra Arcade Fire e Portishead, tra M.I.A. E gli Editors, tra gli House Of Pain e i Bad Religion, tra Jamiroquai e i Beirut, tra Nick Cave in versione Grindermand e Santigold… ci fermiamo qua, ma l’elenco potrebbe andare avanti per venti righe almeno. Insomma, un festivalone. Di quelli che in Italia non abbiamo (…e non avremo mai?). Di quelli che se la musica ti piace anche solo un minimo, beh, ti pare di essere in paradiso.
Ma non è solo questione di line up, per quanto sfavillante e travolgente essa sia. Ciò che rende Exit un posto e un evento veramente unico – e dannatamente da consigliare – è l’ambiente che si crea. Certo, facile creare un ambiente magico quando la tua location è la seconda fortificazione castellana medievale più grande d’Europa (quanto grande? Beh, dentro ogni sera ci potete trovare una ventina di palchi e sulle trentacinquemila persone…), con uno dei lati della suddetta fortezza che va a strapiombo sul Danubio, col gusto di perdersi in un dedalo infinito di passaggi stretti, ponti levatori, improvvisi piazzali riempiti da migliaia di persone e una dance arena che è incastonata in un enorme fossato con la console del dj a dominare tutto e tutti. Parti bene, così. Ma la magia di Exit è data dalla gente, perchè trovi persone che hanno una enorme fame di musica ma al tempo stesso la cultura per saperla affrontare ed apprezzare nel modo giusto; è data dalla sua storia, perché è nato come evento di opposizione al sordido regime di Milosevic: la prima edizione anni e anni fa fu una non stop di concerti, cento giorni di fila di live sotto lo slogan “Noi suoniamo finché non te ne vai!” – inizialmente pareva avesse vinto il pessimo Slobodan, col festival interrotto al centesimo giorno e gli organizzatori in galera, ma ben presto i ruoli hanno preso a rovesciarsi. Oh sì.
Insomma, questo non è un festival qualsiasi. Per molti motivi. E proprio per questi motivi, è un festival bellissimo. In Italia lo si conosce ancora poco, ma se gli inglesi calano ogni anno in massa (parliamo di cifre a quattro zeri) per andarci non è solo perchè una bottiglia di birra costa tipo un euro e qualcosa, per quanto pure questo aiuti. La Serbia è un posto molto particolare, nel bene e nel male: il male ce lo raccontano dementi tipo l’Ivan Bogdanov abbarbicato alle ringhiere del Marassi di Genova; il bene invece è rappresentato perfettamente da Exit, dalla sua entusiasmante vitalità ed originalità (ah, giusto: un consiglio è di dare un occhio non solo alle band e agli artisti conosciuti, fra i performer provenienti dall’area balcanico potreste trovare delle sorprese artistiche stupefacenti). Insomma, dal 7 al 10 luglio una gita a Novi Sad, ottanta chilometri a nord di Belgrado, è altissimamente consigliata…