La Planet Mu è un’etichetta a dir poco storica, ma il suo deus ex machina la ha sempre gestita con piglio cazzone ed underground, col risultato che non è mai stata baciata dall’hype pur avendo prodotto alcune fra le idee più fresche ed intriganti dell’ultimo decennio, seconda solo alla Warp per qualità ed inventiva. Fra gli acquisti recenti nel roster della label, spicca l’americano Drew Lustman, alias Falty DL: un talento sensazionale, un uomo capace di plasmare e frullare generi musicali (house, soul, dubstep, minimal techno…) come e ancora meglio di quanto era capace di preparare i sushi rolls – questo infatti è stato il suo lavoro a lungo. Ma ormai, per quanto sotterranea, la sua fama lo sta costringendo a essere musicista a tempo pieno, con palcoscenici sempre più importanti (vedi l’apertura a Kalkbrenner durante l’ultimo Elita milanese). Giusto quindi andare a scambiarci quattro saporite chiacchiere.
Ehi, sembra che le cose qua stiano prendendo una piega piuttosto seria… Forse è la volta buona che la smettiamo di dire che sei un cuoco esperto in sushi prestato solo occasionalmente alla musica, eh? Che ne dici?
Beh dai, ogni lavoro ha le sue complicazioni, no? Nel mondo della ristorazione devi timbrare il cartellino e farti il culo quadro per star dietro ai tavoli o cucinare dentro cucine calde come forni, però alla fine della giornata lavorativa puoi staccare la spina e pensare tutt’altro. Ora invece mi capita di svegliarmi tutto preoccupato, roso prima ancora di aprire gli occhi dal pensiero di qualche remix che devo preparare o di qualche mix da completare per cui sono già oltre i limiti dei limiti dei tempi di consegna… per non parlare poi di quelle maledette mail a cui non ho ancora risposto… Questo quando mi sveglio; ma senza dimenticare che ormai sempre più spesso l’ultima cosa che faccio prima di addormentarmi è dare un occhio al telefono per vedere se mi è arrivata qualche mail importante. Ecco: ammetto che in certi momenti rimpiango il periodo in cui preparavo sushi. L’aspetto del business legato al fatto di essere un musicista professionista per me può essere una vera tortura, non fa veramente per me. Sai, gli artisti e i musicisti proprio per natura non sono capaci di organizzarsi la vita: non solo facciamo cose in modo disordinato, siamo disordinati anche già nel momento di pensarle – non c’è speranza, insomma.
Certo però che hai titolato questo tuo ultimo lavoro “You Stand Uncertain”, ma mi pare che di “uncertain” ci sia sempre meno: hai raggiunto una notevole lucidità, per te in qualche modo inedita. Mi sembri molto più sicuro dei tuoi mezzi, molto più “rivolto all’obiettivo”, meno dispersivo, meno dedito a divagazioni (troppo) sperimentali…
In effetti mi sento di poter dire che negli ultimi anni il mio modo di produrre è migliorato veramente tanto. Sono contento che non sembro più uno che va avanti un po’ alla cazzo, procedendo per tentativi ed errori; ma ad essere onesti proprio il modus operandi del trial&error è una delle cose più divertenti del fare il produttore. Tipo, “Provo questo, chissà come diavolo suonerà?”, “E questo? Mah, tentiamo”, “Però se invece provassimo a fare questa cosa assurda?”. Se alla fine della giornata non hai passato nemmeno un po’ di tempo a sperimentare un po’ a caso per me in qualche modo stai tradendo te stesso e il tuo ruolo di artista. Ok, è la mia opinione, molto soggettiva; credo però davvero che un artista e quindi un musicista debba, proprio come compito etico, esplorare nuovi territori e tracciare nuovi confini. A fare le cose solo per bene, secondo i canoni, si diventa un po’ pallosi, no?
Una delle belle storielle della rete è quella che ti vuole avere un filo diretto con un altro talentuosissimo produttore che esce su Planet Mu, l’irlandese Boxcutter: fate ancora uno scambio massiccio di file, passandovi le idee a vicenda? E, in generale, passi molto tempo sul web in cerca di file musicali?
Oh sì, con Boxcutter lo scambio continua senza sosta. Anche perché io non ascolto in fondo moltissima musica: do attenzione solo a quella che mi passano o mi consigliano gli amici, in questo modo la rosa si restringe di parecchio. Ogni tanto mi ritaglio anche un po’ di tempo per fare un giro su Boomkat o Bleep… lì ad esempio ho trovato delle fantastiche ristampe targate Rush Hour, perfette nell’aver reso più saporiti i miei dj set. Anche lì: è comunque obbligatorio, per etica lavorativa, rinnovare costantemente il proprio arsenale discografico. Non significa però che per forza devi inseguire tutte le ultime novità, c’è un sacco di musica con già qualche anno alle spalle che merita di essere ripescata (questo invece lo fanno in pochi).
Ma senti: come reagisce il pubblico americano, a partire dai tuoi amici più stretti, alla tua musica? Insomma, il tuo suono è decisamente orientato verso l’intelligent dance music di matrice anglosassone, c’è poco da fare.
Il mio suono negli anni è un po’ cambiato, ma la reazione di amici e parenti a quello che faccio è sempre, beh, un po’ imbarazzata. Si vede che stanno pensando “Ehm, ma è musica questa? Cioè, davvero?”: sai no, quando tipo un cagnolino porta la testa di lato e guarda nel vuoto, non sapendo che fare e come reagire a un ordine del padrone… rendo l’idea? Ecco, amici e familiari hanno questa precisa reazione, o almeno l’hanno avuta negli anni passati! Ora che la mia musica ha una ritmica un po’ più dritta e riconoscibile e la melodia è più in primo piano, con addirittura dei cantati un po’ lineari, va molto meglio, dai.
“You Stand Uncertain” è sicuramente più dritto e in qualche modo più “comprensibile”, ma io ci ho sentito anche un sacco di Flying Lotus, come influenze. Quanto c’ho preso?
La mia prima influenza è quel suono pastoso che hanno i sample presi da vinili molto usati, hai presente? Ecco, il primo obiettivo affrontando questo disco è stato lavorare sulla consistenza dei singoli suoni. E’ da essi che poi costruivo il pezzo intero. La traccia finita era la casa che costruivo attorno a questi piccoli, solitari sample vagabondi… Ad ogni modo, è chiaro che i molti ottimi album di elettronica usciti recentemente mi abbiano in qualche modo influenzato. Con una sottolineatura importante, e va sulla parola “album”: mi ha interessato e mi interessa solo la musica che sta negli lp che sono fatti per essere tali, un insieme organico e complesso cioè, non album che sono solo una raccolta di tracce nate come singoli.
Oggi il tuo live set come è composto? E se avessi un budget infinito, come lo struttureresti?
Oh, amerei avere una band al completo che si smazza tutte le parti suonate e io devo gestirmi solo i loop e qualche svisata di sintetizzatore! Poi, vorrei avere quattro coristi e un impianto luci coi controcazzi, grazie. Non è finita: a quel punto, potrei ben prendere qualcuno che faccia quello che dovrei fare io, così ho modo di mettermi in mezzo al pubblico per guardare il mio concerto. No? Poi, fatto tutto ciò, potrei ritirarmi nella campagna italiana. Foligno, tipo. Avere un terreno di un paio di acri coltivato a filari di viti… da cui produrre, mmmmh, della grappa. Che te ne pare?