Un paio di settimane fa mi sono imbattuto in questo progetto che porta il nome di Feedbands.
Feedbands è sostanzialmente una scommessa, una label indipendente, che vuole stampare in vinile, ma che al tempo stesso, per vivere, sfrutta i vantaggi del web 2.0 attraverso il crowdfunding tra gli utenti abbonati. Con 19 dollari al mese ci si può abbonare a questa etichetta 2.0 che ti invia a casa, in vinile e in copie limitate e senza repress futuri, un album di un’artista o di un gruppo emergente, senza contratto, che ha passato il giudizio di base di Feedbands ma soprattutto ha ottenuto i feedback positivi degli abbonati stessi, attraverso il sito, la mobile app e la pagina Soundcloud. Puoi comunque decidere se volerlo o meno e puoi anche restituirlo. Gli acquirenti hanno quindi voce in capitolo su cosa stampare e cosa non (almeno teoricamente), gli artisti ricevono i diritti totali sulle tracce e Feedbands si accolla le spese di produzione, oltre a incassare una minima commissione di 50 centesimi per traccia inviata.
Il modello di abbonamento non è innovativo, ma la partecipazione attiva degli abbonati/microfinanziatori alle scelte dell’etichetta lo è. E probabilmente si consumerà in poco tempo. Questo processo ha dei limiti evidenti, basti pensare al crowdfunding stesso e al rischio di non poter far convivere qualità e visione artistica con le vendite. E’ un azzardo apprezzabile e intrigante, una risposta alternativa alla crisi nella vendita di musica su supporti fisici ma che dalle prossime generazioni si affievolirà sempre più, andando probabilmente a favore di servizi totalmente smaterializzati e in abbonamento come Spotify (anche se i dati di vendita parlano di un mercato vitale, si parla comunque di nicchia).
Prendersi i lussi del digitale nella commercializzazione e rinnegare la completa smaterializzazione dei dati sarà sempre meno possibile, tranne per rari casi. Cosa fare quindi per non piegarsi alla digitalizzazione ma al contrario sfruttarne al massimo i possibili vantaggi? Se valorizzare i collezionisti di vinili appare come un’attività di nicchia destinata probabilmente a perire, allora produrre musica e usarla come materiale promozionale, solo in chiave performance, taglierà fuori i topi da studio, uccidendo una parte certamente non irrilevante nella musica, specie elettronica. L’unica via, per sopravvivere e creare contenuto potrebbe essere la collaborazione, il consorzio tra persone provenienti da discipline artistiche differenti, che insieme creano valore aggiunto al proprio prodotto finale?
Certa è la necessità di razionalizzare il mercato delle label, tra chi è una label e chi sostanzialmente un mero publisher di contenuti digitali, innalzando la qualità del percepito. Che sia vinile, mp3, video o tutti e tre insieme, senza fermarsi alle nazi opinioni sui supporti, che sanno tanto di inutile ghetizzazione auto generata, in ottica retromaniaca. Prima dei supporti, cominciamo a discriminare sulle idee, perché quelle mancano e hanno sempre fatto la differenza, solitamente verso il futuro e non verso il passato. Soprattutto quelle nuove, non solo artistiche, non solo musicali, ma anche quelle più rischiose, legate ai metodi di profitto.