Pochi artisti nell’ultimo decennio e passa sono stati celebrati così tanto e così estensivamente come Flying Lotus. Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: giustamente. Perché il suo dare una “quarta dimensione” all’hip hop, immergendolo da un lato in una psichedelia liquida con la complessità armonica del jazz e dall’altro nella ricchezza timbrica dell’elettronica iper-contemporanea migliore, è stato semplicemente un qualcosa che solo ed unicamente i fuoriclasse e i musicisti destinati a passare alla storia riescono a fare. Punto. Su questo non c’è proprio discussione.
Proprio per questo motivo salutiamo in fondo con soddisfazione “Yasuke”: lavoro bruttino, tirato via e complessivamente del tutto trascurabile (…meno male che oggi esiste lo streaming: l’idea di pagare quindici, venti, venticinque euro per fare nostro questo disco è un po’ deprimente). Ah, ecco, ovviamente, circostanziamo: gli appellativi di “bruttino”, “tirato via” e “trascurabile” nascono dal fatto che l’asticella è settata piuttosto in alto. E’ che per gli standard suoi questo album, che poi è in realtà non è un album ma una colonna sonora e si sente e si vede, pare veramente fatto con un po’ di sufficienza.
Si sente la voglia in realtà di esplorare nuova vie e/o di accoppiarsi per bene a ciò che per cui è stato concepito, ovvero la serie animata con protagonista un samurai nero concepita dallo studio MAPPA. Una serie a dire il vero non irresistibile, che tanto vuole ma alla fine pochino stringe e molto s’immerge nella retorica (…come commentato con corrosiva acutezza da un amico e ottimo dj “Diciamo che ‘Yasuke’ è un ‘Adrian’ con la musica di FlyLo”). Un po’ di spirito retorico ha colpito anche Flying Lotus, che è andato ad inseguire niente di meno che Vangelis in tutta una serie di passaggi. Sì: synth epico-grandioso-emozionanti che già di per sé lasciano un po’ meh, ma sono ancora più sgraziati considerando che in generale – e qui capite il senso del titolo di questa recensione – rendono ancora più evidente il grande merito di “Yasuke” – essere stato prodotto con superficialità.
(Eccolo, “Yasuke; continua sotto)
Grande merito? Sì. Grande merito, già. Perché in questo modo si può apprezzare ancora meglio la differenza che c’è quando Flying Lotus invece fa le cose per bene, scolpisce alla grande i suoni, ricerca la profondità di frequenze, confeziona insomma bene il prodotto mettendoci una cura – lì sì – da samurai, invece di tirare fuori la colonnina sonora con spruzzate di vangelisismo e giusto qualche beat trap ogni tanto, per ricordarci che lui arriva dalla cavernosità urban più torbide e visionarie.
E’ una fusione, quella fra la colonna sonora a base di synth sci-fi vintage e il flyinglotusismo, che potrebbe funzionare e diventare splendido&sublime solo se vi ci fosse stato dedicato un lavoro maniacale nell’equilibrare i pesi e le paste sonore. Ma questa cosa quasi sempre non c’è, se non in due, tre episodi. E’ così che un intento anche abbastanza abbastanza ambizioso e “grandioso” (e interessante, eh!) cade discretamente nell’irrilevanza, o nella routine. O comunque lontano da quanto secondo noi avrebbe potuto fare un Dj Krush. Fusione per fusione, preferiamo allora quella che sta nel titolo di un disco anch’esso uscito ieri e molto, molto meno ambizioso e grandioso, release che sicuramente non sarà avvolta dell’aura di coolness che circonda FlyLo – ancora di più dopo che il suo artefice, Davide Shorty, ha visto di fare il passaggio per Sanremo, un tempo la terra degli albani, ora degli achillilauri. (oh, non che abbia fatto male a farlo, anzi)
Già: abbiamo trovato molta più soddisfazione nell’ascoltare “Fusion” di Davide Shorty che “Yasuke” di Flying Lotus. Sorprendente, no? Shorty fa quello che deve fare, fa quello che sa fare e lo fa bene, curando ogni minimo dettaglio: mette cioè insieme le sue radici hip hop, il suo amore per il suo soul e la sua comunicatività intrisa comunque dello spirito della canzone italiana per creare un disco equilibrato, educato, che non strafà, dove non si mira inutilmente troppo in alto ma si racconta con grande linearità e sincerità ciò che si è, ciò che si fa, ciò che si pensa – e lo si fa pure con una non comune eleganza. Flying Lotus è un genio, Davide Shorty no (e siamo sicuri che nel leggere questo Shorty non si offenderà): ma la quantità di passione, stile e conoscenza che quest’ultimo ha messo nel suo lavoro alla fine ti cattura e ti avvolge, mentre lo svogliato Flying Lotus che pensa di sbrigarsela facendo con la mano sinistra (o la destra, se è mancino) una colonna sonora alla fine ti lascia abbastanza insoddisfatto. Come ascolto del weekend, e non solo del weekend, meglio “Fusion” di “Yasuke”. E ci fosse da pagare per acquistare il formato fisico, va premiato chi ci dà dentro e lavora mettendoci tutto se stesso con disarmante onestà, più che chi ha sì un talento immenso – ed anche un suo lavoro tirato via ha lampi fulminanti, “Yasuke” comunque ne ha – però un po’ di adagia e, almeno stavolta, si impegno pochino e abbastanza col pilota automatico. Sentire per credere.
(La “Fusion” di Davide Shorty)