I fratelli Gino e Federico Grasso sono uno di quei patrimoni nazionali che ci invidiano molto all’estero. Conosciuti a livello mondiale come The Grasso Brothers sono due decani del suono disco, impegnati a collezionare musica da più di trent’anni. Possono vantare, tra i loro fan più accaniti, gente del calibro di Dimitri From Paris e Sadar Bahar. “We Know How To Boogie” è la loro compilation uscita, alla fine del 2016, per l’inglese BBE Records. Il grande successo della raccolta, impreziosita da oscure gemme disco e soul dagli anni ’70 e ’80, ha dato una ulteriore spinta alla loro già stimabilissima carriera, proiettandoli nell’olimpo del dancefloor internazionale.
L’incredibile mix di passione, cultura musicale ed esperienza dietro la consolle li ha portati a suonare nelle mecche del clubbing underground mondiale: da Le Souk a NYC fino al Bussey Building e al Brilliant Corners di Londra. Ma mentre Gino è un viso famigliare nei party italiani, Federico gira solo in occasioni speciali. I dj set in duo, quindi, sono eventi assolutamente eccezionali, rari quanto imperdibili. Il prossimo accadrà nella cornice di Organica, il festival tutto in un giorno organizzato dallo staff di Adults Only +25 al Balnearea di Otranto il 18 agosto. Ne abbiamo approfittato per qualche rapida domanda a Gino Grasso.
Hai cominciato a collezionare vinili a Bologna trent’anni fa. Dal tuo punto di vista come è cambiato il mercato discografico e la pratica del collezionismo in vinile in questi anni?
Una volta, soprattutto nella disco, c’erano dischi belli e dischi meno belli che un dj poteva proporre o un collezionista poteva acquistare, secondo il proprio gusto. Era questo a fare la differenza: il vero diggin’ in mezzo a migliaia di dischi. Ora internet ha aiutato tutti quelli interessati a conoscere tracce veramente oscure ma ha creato anche la gara del disco raro. Non è importante che sia bello o brutto. L’importante che sia raro e costoso…
Siete due decani del suono disco che, di recente, sta riscoprendo una nuova giovinezza e molte declinazioni nuove. Perché questo ambito di produzione musicale e questa estetica del suono dancefloor funziona così bene ancora oggi, secondo te?
Lo scoprire tracce nuove con beat e suoni diversi ha aiutato molto, poi il rieditare le tracce le ha rese molto più accattivanti per il dancefloor.
Dimitri From Paris, Sadar Bahar, Joe Davis e Phil Asher sono tra i vostri fan più accaniti. Quali sono invece gli artisti in giro che a voi piacciono di più?
Quelli che citi sono amici che hanno inserito feedback sulla nostra ultima compilation e per questo li ringrazio tanto. Per quanto riguarda l’Italia direi: Luca Trevisi (LTJ Xperience), Enrico Crivellaro (Volcov), Patrick Gibin (Twice), Denis Leo e Daniele Schito (RuDan) e Daniele Baldelli. Per l’estero direi Sadar Bahar, Lee Collins e Red Greg.
Avete suonato ovunque: da Le Souk a NYC fino al Brilliant Corners di Londra. Dopo tanti anni di carriera quali sono i posti nei quali preferite suonare oggi?
Tanti si dimenticano l’Italia, ma il Kinki è il Kinki, così come il Diagonal… All’estero ci sono molte più opportunità di mettere cose ricercate. Se devo nominare club nei quali abbiamo avuto possibilità di lavorare direi Bussey Building e Brilliant Corner a Londra ed Entrees des Artistes a Parigi.
Come è cambiato, secondo voi il concetto di club in questi anni? Intendo sia come spazio fisico che come ambito di aggregazione sociale…
Ormai la ricerca dei club dove la gente si muove per la musica si contano sulle dita. Ci sono contenitori piccoli, con una capienza attorno alle duecento persone che riescono a proporre qualità…ma sono solo nelle grandi città. Comunque per fortuna che ci sono almeno questi.
“We Know How To Boogie” è la vostra compilation uscita per l’inglese BBE Records, impreziosita da oscure gemme disco e soul dagli anni ’70 e ’80. Ci racconti come è nata e come avete scelto i brani che la compongono?
Era tempo che volevamo farla, ma come sai è sempre difficile se non sei un top. Un aiuto fondamentale per renderla possibile è stato quello che ci ha dato Joe Davis della Farout Recordings, presentandoci alla BBE. Lì ci hanno chiesto una tracklist ed è piaciuta. La scelta dei quattordici brani, rari e spesso inediti, che avessero una logica nello stare insieme in una raccolta è stata la cosa più difficoltosa. Avevamo abbastanza frecce nel nostro arco. Quelle non sparate le utilizzeremo nel Volume 2.
Tu hai sempre continuato a suonare come dj ma in coppia con tuo fratello è raro sentirvi in giro. Come cambia il tuo set quando suonate insieme?
È una domanda difficile alla quale rispondere. Federico è talento ed improvvisazione per cui occorre lasciarlo andare. Io lo seguo come fanno i fratelli più grandi. Comunque sia prima della serate ci parliamo molto sul cosa fare nei dj set che proponiamo. Quelli che facciamo insieme, per ora, sono sempre set disco original e sempre, rigorosamente, diversi. In futuro ci piacerebbe fare, come Grasso Brothers, anche dj set più totali unendo house, disco, elettronica ed edit…