Cadenza decanta questa nuova, attesissima, raccolta come un’esperienza profondissima. Malgrado la diffidenza iniziale che nutrivo per “Meteorology”, ultima fatica del canadese Frivolous, torno indietro sui miei passi per sottoscrivere quanto recita il comunicato della label svizzera.
Lo scetticismo che ho nutrito fino ad oggi per questo artista dalla carriera quasi decennale era, probabilmente, figlio del fatto che in realtà non mi sono mai interessato (come avrei dovuto) ai suoi vecchi lavori su Karloff e Scape. Per questo non posso dire di conoscerlo, ma non fatico ad immaginare che tipo possa essere: curioso e sfrontato, probabilmente incurante del risultato finale dei suoi progetti, ha lasciato aperto il rubinetto del suo talento riversando nelle undici tracce contenute in “Meteorology” gli impulsi e la carica di un house tanto sexy quanto contaminata. Daniel Gardner, infatti, ha scelto la via meno semplice per lasciare il segno: suggestioni da foresta pluviale, piano classico e suoni esotici, uniti ad una spruzzata di valzer russo, vengono miscelati in modo sublime da questo ragazzo che ha superato la più rosee attese consegnandoci un album che non solo può dire la sua nei dancefloor di mezzo pianeta, ma che merita decisamente un ascolto più attento e profondo.
Le atmosfere dipinte dai pad e dai synth utilizzati da Frivolous fanno sì che chi ascolta “Meteorology” si immagini immerso nei paesaggi più disparati. Probabilmente è proprio questo il proposito dell’autore: far sì che la moltitudine di emozioni, vissute durante la stesura e la composizione di questi undici lavori, avvolga tutti coloro i quali premono “play” e si godono i sessanta minuti dell’album. Le emozioni, però, non devono necessariamente susseguirsi in modo dolce, piuttosto “smuoverci” in modo schizofrenico e trascinare il dancefloor in un turbine di emozioni quali eccitazione, disappunto, depressione e sollievo. No, non è un lavoro comune, un album fatto in uno studio qualunque, anche il più attrezzato di Berlino. Daniel Gardner, infatti, dopo una breve parentesi nella capitale tedesca (stiamo parlando della primavera del 2009), ha l’opportunità di impacchettare tutto e volare alla volta di una non troppo precisata isola dell’Oceano Pacifico ed entrare in contatto con una realtà totalmente diversa da Berlino e dalla sua Vancouver. È qui che la sua musica incontra la natura, entrandone in simbiosi e tramutandosi nello specchio della sua esperienza mistica prima che sociale.
Descritto in questi termini, “Meteorology” sembrerebbe un album complesso, una di quelle raccolte tanto sperimentali quanto difficile da digerire. Daniel Gardner, invece, crea un flusso sonoro omogeneo, capace di scurirsi e di farsi mentale oppure di trasformarsi in un fiume fatto di brio e sensualità, come se la convivenza tra emozioni tanto diverse fosse la cosa più naturale di questo mondo. “One Final Solstice…” e “Allen Town Jail”, come se venisse premuto un interruttore, danno il via alla magia di Frivolous: i pad atmosferici si sposano alla perfezione con le morbide percussioni che, a più riprese, ci accompagneranno durante l’ascolto dell’album, facendo risultare le due tracce d’apertura come qualcosa di intimo tra noi e l’autore. In “Cryin” e in “Back Into The Deep”, invece, le bass-line si fanno più energiche donando più calore al groove dei due dischi. L’eleganza del missaggio, la ricerca dei suoni e la costruzione delle ritmiche, tuttavia, fanno sì che questi due pezzi non siano semplici “floorkiller”, ma che anche in essi sia tangibile l’anima dell’isola che ha ispirato Frivolous.
“Rising” fredda gli animi e da slancio a “Red Tide”, uno dei pezzi che preferisco dell’intera raccolta: il kick si appesantisce e le rullate hanno il compito di riempire, insieme ad un vocal che dal terzo minuto in poi diventa l’indiscusso proganista del disco, un groove dall’indubbio sapore tribale. “Lunar Phaser” arriva come una doccia fredda, proprio ora che ci eravamo sciolti e lanciati nelle danze. “Cinemascopique” e “Ostalgia (Грибоедов вальс)” riprendono il discorso proprio la dove “Red Tide” l’aveva lasciato, suoneranno pertanto come una manna dal cielo: Frivolous si diverte provocandoci con una sorta di valzer-house, tirando fuori dal cilindro il colpo ad effetto perfetto per il suo live. Siamo in dirittura d’arrivo e “Sérénade Des Excentriques” e “Wasting Time” chiudono in modo impeccabile il viaggio iniziato un’ora fa. La prima, col suo andamento totalmente fuori controllo è forse il disco più sperimentale dell’album, mentre la seconda è deep house di primissima qualità. Lasciate che la voce di “Wasting Time” vi culli mentre compilate la pagella di Daniel Gardner…io un bell’otto glielo darei!