Le prerogative della spagnola Fundamental Records sono due, musica e design. Più il livello della prima è alto, maggiore dovrà essere l’attenzione rivolta al secondo. A portare avanti tale teoria è il fondatore, Alek Stark, che matura diverse esperienze in ambito discografico sin dalla fine degli anni Novanta, prima con la Headspin e poi con la Star Whores Records. La Fundamental Records, partita ufficialmente nel 2010, sviluppa dunque un concept che consiste nel pubblicare musica (electro con inclinazioni ambient) su dischi abbinati a confezioni ultraspeciali con annessi “gadget” tipo record bag, slipmat e t-shirt. Per tenere fede al nome, il madrileno elabora package come scatole serigrafate di legno (per la “Time Capsule”), copertine in plexiglass e persino una replica della drum machine Oberheim DMX. Il colore dei dischi o le copie numerate, a conti fatti, risultano essere solo banalissimi diversivi.
Quando ti avvicini alla produzione di musica electro?
Iniziai alla fine degli anni Ottanta, tra ’87 ed ’88 circa, con una drum machine, un sintetizzatore Korg DSS-1 ed un sequencer da pochi spiccioli, anche se i miei primissimi esperimenti risalgono a qualche tempo prima. Registravo su cassetta i brani che mandava in onda una radio della base aerea americana di Torrejón, nei pressi di Madrid, poi estraevo da quelle registrazioni alcuni suoni di drum, snare e voci e li combinavo tra loro attaccando il nastro con la colla e registrando il risultato finale su un’altra cassetta. In quel modo ottenevo una specie di “cut” di classici come “Planet Rock” di Afrika Bambaataa & The Soulsonic Force, “Al-Naafiysh (The Soul)” di Hashim o “We Come To Rock” degli Imperial Brothers. Il procedimento era pazzesco, una sorta di sampling primitivo, ma era l’unico modo in cui, tra 1984 e 1985, potevo realizzare le “mie” tracce.
Hai fondato la tua prima etichetta, la Headspin, nel 1998, due anni più tardi invece è la volta della Star Whores Records: cosa ti spinse a creare delle case discografiche?
Tutto inizia con “Elektro Domésticos”, la prima compilation spagnola interamente electro basata su musica esclusivamente prodotta nella penisola iberica. Ricordo quei tempi con molto piacere, mi resi conto di non essere più il solo in Spagna a dedicarmi all’electro, anche se la community di questo genere non era numerosa. Fu bellissimo condividere la propria passione con altri artisti come Mookie, Zeta o Sace 2 con cui avevo in comune le stesse radici stilistiche. Grazie quindi a quella compilation riuscimmo ad esibirci tutti insieme in due grandi locali, l’Arena di Madrid e la Sala Apolo a Barcellona. Qualche tempo dopo approdai anche al Sonar, con Zeta: io suonavo un Akai MPC e cantavo col vocoder, lui si occupava di scratchare coi giradischi sui miei beat. L’occasione ci permise di conoscere i ragazzi della Invasion Planete, un’etichetta francese attiva in quegli anni molto vicina al nostro stile. Quando mi accorsi che eravamo più di quanto immaginassi pensai allora di estendere il progetto “Elektro Domésticos” creando la Headspin per pubblicare i primi 12″ di Moockie e Sace 2. Star Whores Records invece nacque sull’asse electro/italo disco: mi piaceva molto la combinazione di questi due generi e decisi di “riciclare” il nome di un progetto su Headspin che gestivo con Moockie, Star Whores per l’appunto. Non avevo alcuna malizia commerciale, volevo semplicemente pubblicare quanti più dischi possibili per diffondere il nostro stile in altri Paesi ed aiutare gli artisti spagnoli ad ottenere maggiore visibilità.
Personalmente annovero Star Whores Records tra le etichette più intriganti attive nei primi anni Duemila, con un concept che getta le radici nella musica e nel sesso. Nonostante i buoni intenti però chiude battenti nel 2004, dopo circa una decina di uscite.
Ricordo il tuo interesse per la Star Whores! Interruppi quando EFA e Neuton, due grossi distributori tedeschi, fallirono. La prospettiva degli MP3 non era particolarmente allettante per un’etichetta di quel tipo così iniziai ad interessarmi ad aspetti più tecnici, in primis i processi di masterizzazione a cui dedicai tutto il mio tempo. Amo quel periodo della mia vita perché acquistai una bellissima casa nella zona di Callao, un posto ben noto nel centro di Madrid. Vivevo al primo piano mentre in una piccola stanza nel piano di sotto c’era il mio studio dotato di una piccola sala vocale. Tenevo il volume così alto che era facile ascoltare la bass drum della mia TR-808 anche dalla strada! A quei tempi la notte ricopriva un ruolo importante della mia vita, amavo suonare nei locali, mi rendeva felice e fiero di ciò che stavo facendo, anche se la gente comune solitamente lega la notte, la musica elettronica e le discoteche alla droga. Non ho mai assunto sostanze stupefacenti e più di qualche mio amico mi chiedeva come riuscissi a suonare tutta la notte senza drogarmi. Avevo bisogno solo dei miei dischi, nient’altro. Per me era fantastico selezionare musica nei piccoli club della città. In particolare ricordo i giovedì notte in un piccolo bar diventato un punto di riferimento per il movimento underground di Madrid, il Radar. Purtroppo non c’erano giradischi perché Sevi, il proprietario, usava solo i CDJ ma proponendo musica di taglio assolutamente sperimentale. Si rese conto del mio amore per la musica electro e capì presto che non ero lì per denaro ma solo per proporre dischi ad un pubblico che amava quel genere. Così ogni giovedì portavo (a piedi!) i miei giradischi ed un mixer in quel bar. I problemi sorsero in inverno, col freddo che mi bloccava le mani. Purtroppo non disponevo di un’auto e comunque girare in macchina nel centro della città non sarebbe stato facile ma il Radar divenne una tappa obbligata, un autentico punto d’incontro per molti produttori di musica elettronica di Madrid.
Nel 2009 ritorni ad occuparti di produzione musicale lanciando la 158.8MHz Records, rimasta in attività per pochissimo.
Non è mai stata una label a tutti gli effetti, era più un concept, un impulso per ripartire dopo un periodo di pausa.
La ripartenza infatti avviene attraverso la Fundamental Records, legata saldamente sia al vinile che ad artwork e package speciali.
La prima uscita, ossia il secondo volume di “Elektro Domésticos”, risale al 2010 ma iniziai a lavorare al progetto già nel 2009. Oltre a portare avanti la passione per la musica mi occupo di design sin dagli inizi degli anni Novanta. È un amore sbocciato nella casa dei miei genitori, mio padre è un buon disegnatore come del resto mio fratello che ha creato una nota serie di cartoni animati, quindi accostarmi al design per me è stata una cosa completamente naturale. Quando ho fondato la Fundamental Records sentivo la necessità di “connetterla” ad aspetti grafici speciali perché ritengo che artwork e package debbano equiparare il valore della musica. Per tale motivo cerco di realizzare sempre cose nuove ed imprevedibili. La missione della Fundamental Records quindi è pubblicare progetti unici, come le “Time Capsule – 808 Box”, il tributo a DMX Krew per i suoi venti anni di carriera, i dischi di Patronen o la serie Twin Paradox… insomma quelli per cui penso valga la pena usare l’aggettivo “fondamentale”, senza dimenticare ovviamente i produttori spagnoli che continuo a supportare come Alphacom, Negocius Man, Penélope Martín e Diodes Vema. Il progetto principale comunque resta “Time Capsule”, nato come una sorta di archivio dell’attuale movimento electro che potrà essere consultato dalle future generazioni. Fundamental Records è e sarà sempre un’etichetta underground, non mi interessa pubblicare venti dischi all’anno perché incassare denaro non è il fine della nostra missione. I soldi ci servono solo per concretizzare i progetti e non per diventare ricchi.
Quanto tempo necessiti per completare una pubblicazione su Fundamental Records? C’è qualcuno che ti aiuta?
A portare avanti la label siamo in due, io e mia moglie Anais. Lavoriamo tutto il giorno, anche durante i weekend e talvolta persino di notte. Negli ultimi tempi le nostre figlie Alexis e Clara hanno iniziato ad aiutarci per quel che riguarda ordini ed imballaggi. Ogni volta che lavoro ad un nuovo package o design chiedo sempre opinioni alle mie figlie. La loro sincerità mi aiuta a prendere le decisioni definitive. Mia moglie ha studiato arte e quindi è particolarmente esigente sotto certi punti di vista e cerca spesso di perfezionare i miei gusti. Curiamo inoltre il processo produttivo di vinili e copertine per altre label ( www.vinyl-sleeves.com ), e questa è un’attività che ci impegna ulteriormente. Noi ci occupiamo davvero di tutto, dalla a alla z, e ciò ci differenzia sostanzialmente dalle classiche etichette.
Puoi descrivere le operazioni-tipo che svolgete nella preparazione di ogni pubblicazione?
Come dicevo prima, facciamo quasi tutto in modo autonomo. Iniziamo col contattare gli artisti riservando loro il rispetto che si meritano, spiegando cosa è Fundamental Records e chi c’è dietro essa. Realizziamo l’artwork ascoltando la musica dell’artista in questione, lasciandoci guidare dalle sensazioni ed emozioni evocate. Ci occupiamo del design, della manifattura e del package, scegliamo la carta (o materiale alternativo) per le copertine e controlliamo ogni singolo dettaglio della fase di stampa. Naturalmente in tutto ciò è incluso il mastering. Spesso ci capita di andare personalmente in stamperia per assistere al cut ed allo stampaggio dei nostri dischi. Dopo aver fatto tutto ciò, scriviamo ai nostri clienti e spieghiamo cosa stiamo per pubblicare. Gli ordini giungono direttamente a noi, senza alcun intermediario. L’ultimo step è preparare i pacchi con cura ed andare di persona all’ufficio postale per la spedizione. Lavoriamo anche con alcuni distributori ma non abbiamo mai “regalato” il nostro lavoro a nessuno. Preferiamo collaborare coi distributori in modalità “partner”, vendendo loro una quantità limitata di copie. La priorità però spetta sempre ai nostri clienti usuali, senza il loro prezioso supporto non avremmo potuto fare nulla. Abbiamo stretto alcuni accordi speciali con Bleep e Bordello A Parigi perché hanno dimostrato di comprendere profondamente il senso dei nostri progetti.
Quindi il vostro modello di business non si avvale di un distributore, così come avveniva tempo addietro, bypassando un passaggio della catena.
Esatto, ma recentemente è nato un grosso equivoco. Esistono aziende che si occupano di distribuzione e, nel contempo, di pressatura dischi, lucrando alle spalle di moltissimi. Oggi il lavoro di molti A&R consiste nel contattare artisti via email o via Facebook chiedendogli tre o quattro tracce. Una volta ottenute si rivolgono ad un master engineer, ad un grafico e ad un pressing plant. Il prodotto finito verrà mandato al distributore che provvederà a spedirlo ai negozi sparsi nel mondo. Per ottenere un profitto seguendo tale trafila però è necessario pubblicare dieci o venti dischi all’anno e ciò comporta un investimento economico non indifferente. Per molti questo è un limite invalicabile. Qui entrano in gioco le aziende a cui facevo prima riferimento: si occupano di tutto, dalla stampa e della distribuzione del prodotto, ma riconoscendo una percentuale minima all’etichetta che, alla fine, lavora gratis per loro.
Ogni uscita su Fundamental Records è limitata ad una quantità esigua di copie, alcune numerate a mano e sempre racchiuse in package speciali. Il vostro target quindi è legato più ai collezionisti che ai DJ?
Sono del parere che il mercato ormai sia tenuto in vita da gente che compra musica per ascoltarla sul giradischi in casa e non dai DJ. Quanti disc jockey nel mondo adoperano ancora vinili nelle discoteche? I nostri dischi non sono fatti certamente per essere portati in giro ma destinati ad un ascolto domestico. Naturalmente mi renderebbe felice sapere che qualcuno utilizzi dei brani del nostro repertorio in discoteca di fronte ad un pubblico più ampio, ma resto dell’idea che il mercato sia radicalmente diverso rispetto a quello del passato.
Ci sono degli aneddoti che ti andrebbe di raccontare?
Qualche anno fa Ed (DMX Krew) mi disse che per il suo album “100 Tears” avrebbe preferito una semplice copertina in cartone al posto di quella in plexiglass ma gli spiegai le ragioni di un package tanto singolare. Seppur a malincuore, mi disse che era d’accordo e così demmo vita ad una incredibile pubblicazione in plexiglass fluorescente che includeva, oltre a due dischi, anche una t-shirt. Il costo era di 50 euro, l’edizione limitata a 100 copie che andarono esaurite in appena 24 ore. Adesso alcuni la vendono su Discogs al doppio, al triplo e persino al quadruplo del prezzo iniziale ma di copie disponibili ce ne sono davvero poche. Motivo? I nostri supporter apprezzano l’amore che mettiamo in ogni pubblicazione preferendo non sacrificarle per sporchi giochi lucrativi su Discogs. Un altro aneddoto riguarda Boris Divider: un giorno venne a trovarmi in studio e mi disse che aveva prodotto un album con un sound diverso dal solito ma aggiunse che non avrebbe potuto pubblicarlo sulla sua Drivecom perché con un taglio troppo avanguardista che rischiava di non essere compreso ed apprezzato dai suoi supporter. Non capivo bene cosa volesse dire ma, poiché fermamente convinto che avesse le potenzialità di evolvere il suo stile, gli chiesi di farmi sentire questi brani. Scaricai dal dropbox “Deflector | Atractor” e rimasi impressionato. Per me era il miglior album che avesse mai prodotto ma lui si limitava a commentarlo come un disco da ascoltare a casa.
Solitamente i clienti della Fundamental Records sono europei?
No, riceviamo ordini da ogni angolo del mondo senza alcuna eccezione: Giappone, Cile, Australia, Colombia, Francia, Regno Unito, Germania, Russia, Sud Africa…solo il 5% delle vendite proviene dalla Spagna.
Che tipo di promozione adoperi?
Qualche messaggio nei forum electro sparsi in rete e il restante 95% su Facebook.
Come selezioni gli artisti?
Giudico la musica e non i nomi. Una volta parlavo con Gerald Donald e gli dissi che non ero interessato a pubblicare brani di Arpanet o Dopplereffekt bensì al suo suono, indipendentemente dal nome che avrebbe utilizzato, anche se ridicolo o banale come Pedro Pérez. Lui sorrise e capì perfettamente cosa volessi dire. Per me è stato un piacere enorme pubblicare gli album di Cygnus e Patronen: questi progetti rappresentano al 100% la filosofia dell’etichetta. Buona musica e gemme da ricordare nel tempo, non nomi su cui speculare.
Ti sei mai ispirato a qualcuno?
No, mai. Faccio solo ciò che immagino nella mia mente.
Ci sono etichette che ti hanno colpito recentemente?
La Central Processing Unit, ottima label che pubblica buona musica.
Tra gli artisti invece?
Al momento i miei preferiti sono Cygnus e Patronen, non riesco davvero a staccarmi dalla loro musica, credo di aver sentito le loro tracce più di chiunque altro.
Nessun italiano quindi?
Andrea Benedetti, Max Durante e tutto il materiale uscito sulla Plasmek negli anni Novanta. Mi manca molto quella electro. Tra i più recenti invece Heinrich Dressel, Composite Profuse, TeslaSonic… la MinimalRome insomma.
Quanto è cambiata la scena electro spagnola rispetto a venti anni fa?
Senza dubbio è cresciuta e maturata, molto meglio rispetto a venti anni fa. Madrid resta un caposaldo dell’electro iberica.
Ad oggi qual è il bestseller della Fundamental Records?
Tutte le nostre pubblicazioni sono sold out in 24/48 ore, solo per alcune di esse è stata necessaria una settimana. Conserviamo alcune copie per i nuovi clienti, per me è importante poter soddisfare anche le richieste di chi ci scopre in ritardo ed intende acquistare la nostra musica al prezzo ufficiale, senza dover sottostare alle angherie dei rivenditori su Discogs. Pertanto posso dire che non c’è un bestseller, tutti i nostri dischi sono tali, senza eccezioni. Tra i più speciali resta comunque la 808 Box realizzata in 200 copie. 50 sono destinate agli artisti, 125 a chi ha già comprato la 808 Box negli anni passati (assegnando lo stesso numero allo stesso acquirente!) e le restanti 25 ai potenziali nuovi clienti. Per la quarta 808 Box uscita poche settimane fa ho ricevuto oltre 400 tracce ma ne ho scelte “solo” 54. A volte ripubblico alcuni pezzi già editi in passato, come “Musik” di Bolz Bolz o “New Life” di Inform3r, perché appartengono alla lista dei brani che preferisco in assoluto.
A cosa state lavorando al momento?
Prepariamo la prossima uscita della Twin Paradox con Luke Eargoggle ed Obergman. Da pochi giorni invece è online il blog http://808-box.blogspot.it, nato come “estensione” del progetto Time Capsule.
In mezzo a tutto questo riuscirai a trovare il tempo per un nuovo album di Alek Stark, il terzo dopo “Highway To Disko” e “Fundamentals Of Space Travel”?
Nei mesi a venire uscirà un mio EP, ma non su Fundamental Records, a cui spero di poter aggiungere dell’altro prima della prossima estate.
Non sei più interessato a sovrapporre l’electro con la disco così come facevi nei primi anni Duemila?
Per me la musica è strettamente connessa allo stato mentale. Quando pubblicai il mio album sulla Disko B vivevo di notte, nei club, e quel tipo di sound mi rappresentava maggiormente. Adesso non sono più interessato al combo electro disco bensì ad electro e disco intese come due entità indipendenti, ma ciò non esclude che mi possa divertire a selezionare pezzi di quel tipo. Prima di “Highway To Disko” ho prodotto altri album sotto vari pseudonimi (Afterfuture, Elektrosher e Khosmaker, nda) interamente electro. “Fundamentals Of Space Travel” era completamente differente dal primo perché ero mentalmente a pezzi, stavo vivendo il periodo peggiore della mia vita. Grazie ad Arnold Steiner aka As1 iniziai nuovamente a produrre musica ma con un indirizzo più sperimentale e vicino all’ambient, seppur con l’electro che continuava a pulsare. Arnold mi ha aiutato a connettermi nuovamente alla musica e per questa e tante altre ragioni lo considero un fratello. Anche il 12″ “Without The Music” del 2006 era piuttosto diverso dai primi EP firmati Alek Stark, proiettato nella classica electro funk con ritmi derivati da Roland TR-808, Oberheim DMX e Roland SH-101, il tutto condito dal rap di J. The Barber. Ferenc (I-F), lo descrisse nel vecchio forum di CBS come un “autentico disco electro, qualcosa che è difficile trovare in questi anni”. Poi sentii la necessità di “tagliare” i ponti con le origini old school ed evolvere la mia musica in qualcosa di più sperimentale e così creai “Fundamentals Of Space Travel” per la Transient Force. Però, tengo a precisarlo, non entro mai in studio pensando di produrre un determinato genere. Non compongo musica a tavolino.
Dove e come trovi le giuste ispirazioni?
La mia casa è molto grande: al piano di sotto svolgiamo il lavoro della label e ci occupiamo del design con le macchine per le stampe serigrafiche, ma una parte dello spazio è adibito anche al mio studio. Il segreto per fare musica è accendere gli strumenti appena svegli, non pensando a come utilizzarli. Garantisco che si creerà molto più di quanto si immagini e ci si sentirà anche più liberi di fare ciò che si vuole, senza alcun tipo di costrizione.
Come ti immagini tra dieci anni?
Sono sicuro che starò ancora facendo le cose che mi piacciono come ora, sarò un buon padre e un buon marito, accenderò le mie macchine ogni giorno e rispetterò chi rispetta me e la mia famiglia.