Quest’intervista, realizzata da Pablito el Drito, uno dei più autorevoli della storia più underground dell’elettronica e della techno in Italia, è un tributo a un enigmatico dj/producer che pochi in Italia conoscono, anche perché Gab.Gato ha scelto sempre coscientemente di restare nell’ombra. Pablito ha deciso di realizzarla per celebrare un incontro in consolle avvenuto ben 23 anni fa, quando conobbe Gab suonandoci insieme al leggendario Cox18 di Milano, uno spazio alternativo che ha fatto davvero la storia della città. I due, che negli anni non si sono mai parsi di vista, si esibiranno insieme al Leoncavallo il prossimo 22 settembre per celebrare ciò che li unisce: l’amore per il suono detroitiano.
P: Quando e come ti sei avvicinato alla musica elettronica?
G: È difficile rispondere a questa domanda. Ho sempre ascoltato molti generi musicali diversissimi tra loro, compresa la musica elettronica. Il mio primo incontro risale agli inizi degli anni ottanta, agli afroraduni dove ho sentito i primi dj cazzuti come Baldelli, l’Ebreo e Tbc. In seguito ho conosciuto i grandi classici electro, hiphop, freestyle, acid house e poi ho scoperto ambient, techno, la new school electro e il sound funky di Detroit. Ho cominciato a mixare abbastanza tardi, alla fine degli anni novanta. In quanto accanito fruitore mi sono trovato pieno di dischi: volevo divertirmi e farli sentire agli altri. Ho perso velocemente il controllo e ho cominciato anche a produrre musica insieme a Tonylight … Così nacque il progetto Gato, che porto ancora con me nel mio nome d’arte.
P: Come nasce la tua etichetta The Villains inc? Ci sono dei modelli di riferimento?
G: Nasce per garantire a me e ai miei amici ‘disadattati’ una piattaforma libera e indipendente sulla quale pubblicare le nostre cose senza filtri. Bisogna considerare il contesto in cui nasce, nel quale le major erano ancora presenti e molti producer puntavano a quello. Uno dei modelli di riferimento è stata ovviamente Underground Resistance, etichetta molto attenta ai bisogni della sua comunità. Dopo una pausa di alcuni anni, nel 2020 ho deciso di riprendere a stampare vinili, in particolar modo grazie al mio amico Timothy aka X-Beat che purtroppo ci ha lasciati durante questo viaggio. Trovo inoltre che i tempi moderni siano ormai così tanto distopici da meritare un ulteriore impegno.
P: Sei anche un illustratore, come si incrocia il mondo musicale e quello del disegno?
G: Per me questi mondi sono interconnessi. Posso sentire la musica guardando qualcosa e viceversa. Sono le mie due grandi passioni. Entrambe mi permettono di comunicare messaggi simili con linguaggi diversi e sono estremamente compatibili. Quando ho incrociato i bellissimi artwork di Abu Qadim Haqq e di Alan Oldham aka dj T-1000 ho deciso di trasformare i miei amici umani in personaggi fantastici … in anti-eroi. Essendo anche un grafico da sempre collaboro con un amico illustratore, Simonluca Spadanuda (https://urbanmagic.wordpress.com/). Insieme abbiamo realizzato le grafiche del vinile di Electro Empire su Electrocord nel lontano 2003 e da allora abbiamo lavorato per diverse etichette come Electrolab o più recentemente per Casa Voyager. Ci piace usare il metodo classico del fumetto americano: io creo un concept e faccio lo sketch, lui fa le matite e le chine finali. Poi di solito se previsto coloro e infine chiudo le grafiche. Come grafico ho anche lavorato per anni con Dj Nasty (Detroit Filthiest) di Detroit al quale mi unisce un’amicizia splendida.
P: Cosa usi per produrre i tuoi brani?
G: Ho usato di tutto compreso parecchio software, ma al momento prediligo poche macchine vintage. Dopo 40 anni funzionano come carrarmati e sono la negazione della tecnologia moderna e dell’obsolescenza programmata. Come dice in un mio vinile Dr Boomer ‘It’s time to go back’! Detto questo non disdegno l’affiancamento di alcune macchine digitali, una tra tutte l’Akai MPC che mi ha accompagnato sin dall’inizio e che è ancora il centro delle mie produzioni e dei miei live. Non voglio fare la lista di quello che sto usando in questo momento o quello usato in passato per non influenzare l’ascolto della mia musica e sicuramente per non cibare l’insana pratica dello ’show-off’ tanto in voga ultimamente.
P: Quali sono i progetti per il futuro?
G: Gli Ep ATVS-005/6 sono già a buon punto, ma preferisco non anticipare nulla. Posso dire che almeno uno dei due uscirà nel 2024. Una novità su cui sto lavorando è House of The Villains, una serie di uscite più indirizzate al dancefloor, brani a cassa dritta ma con il classico suono dark dei Villains. HOTV001 sarà una compilation di vari artisti e collaborazioni prevista per l’anno prossimo. Ho poi una traccia in uscita con Deepvision, che rappresenta la nuova leva dei Villains, su Partout Records e un paio di collaborazioni con etichette europee e una con uno dei miei artisti preferiti di Detroit. Al di fuori del discorso elettronico c’è anche un album hiphop con artisti americani con cui ho collaborato in passato che dovrebbe uscire a inizio 2024.
P: Quali sono i tuoi brani preferiti?
G: Se dovessi davvero considerare tutta la musica elettronica non saprei da che parte cominciare! Cybotron, “Clear”: sicuramente la traccia electro per antonomasia, qui si trovano già tutti gli elementi che verranno sviluppati nei decenni successivi. Un disco che, su di me, ha avuto un influenza simile se non maggiore rispetto ai Kraftwerk.
Underground Resistance, “Message to the Majors”: basta ascoltarla per capire. Acid, breakbeat, electro e rave si incontrano per esortare a rimanere fedeli a se stessi e dare un messaggio preciso “Strictly underground funk. Keep the crossover“.
Drexciya “Andreaen Sand Dunes”: difficile scegliere un brano di questo duo che ha fatto la storia, ma Andreaen Sand Dunes emerge per un uso del suono e della melodia davvero minimale ma di grande potenza. Uno dei bassi più anomali e funky della musica electro incontra piccole melodie analogiche per creare uno scenario cinematografico. È un esempio perfetto di come la musica possa immediatamente creare un immaginario visivo.
D.I.E., “The Men You’ll Never See”: adoro questa traccia, sono un mega fan dei Detroit in Effect! Ho avuto la fortuna di conoscere Dj Maaco ed è stato un vero onore. Qui voce e bassline rispecchiano esattamente i miei gusti. Le drums sono perfette e il tutto è davvero funky e dark allo stesso tempo.
Aux 88, “I Need To Freak”: una lezione di funk elettronico, una traccia che ben rappresenta lo stile technobass. Anche se il sound meccanico futuristico rimanda alla macchina, grazie ai vocal capiamo che l’uomo è al centro della musica e il suono diventa il suo scenario.
Una menzione speciale per Dopplereffekt, “Sterilization”, in quanto è l’unica traccia che offre una vera soluzione ai mali che affliggono questo pianeta…