Dalla prima band, formata al college con un giovanissimo Tupac Shakur, alle produzioni per Mos Def, De La Soul e Talib Kweli fino alle uscite con l’etichetta di Theo Parrish. Non si può certo dire che la carriera di GE-OLOGY sia stata avara di soddisfazioni professionali. Il produttore e DJ di Baltimora è un veterano. Ha esordito nel 1993 con una release per The Basement Boys quando si facevano chiamare Those Guys. Di lì a poco sarebbero arrivati i primi singoli certificati oro e platino. Ma nonostante il suo lavoro si sia spinto ben oltre la sfera underground, GE-OLOGY è sempre rimasto fedele alle sue radici artistiche, non compromettendo mai integrità e qualità. L’omonimo album del 2005 è una raccolta di rarità, brani strumentali e remix, a cavallo tra downtempo e hip hop che risulta un ottimo compendio della prima fase di ricerca artistica mentre le ultime release su Sound Signature e Dekmantel, in collaborazione con il brand di streetwear Patta, indicano alcune delle sue possibili direzioni di sviluppo, tra deep house e jazz dance. Accanto all’attività dietro il bancone del mixer GE-OLOGY ha sempre coltivato la sua passione per il collezionismo di vinili e il djing, girando i migliori club del mondo con set nei quali riesce a miscelare con grande sensibilità generi anche molto diversi, spaziando con eleganza dal jazz al funk, dal boogie alla disco. Il prossimo si terrà venerdì 15 dicembre al Full Up di Firenze, curato dai tipi di Autentica. È stata la scusa per rivolgergli alcune domande.
Raccontaci qualcosa sulle tue prime memorie musicali. Hai ricevuto una buona educazione musicale dai tuoi genitori?
Sono cresciuto in una famiglia di amanti della musica. Sia mio zio che mio padre avevano importanti collezioni di vinili e nastri che mi hanno influenzato molto. Avevo cinque anni quando ho ricevuto il mio primo 45 giri, dal momento che i 12” non erano ancora stati inventati. Mia nonna amava portarmi nei negozi di dischi dopo la scuola e lo stesso faceva mio padre. Quindi posso dire di essere un collezionista da più di quaranta anni; che la mia educazione musicale sia cominciata in quei giorni e continui ancora, senza sosta.
Molti ti conoscono per le tue produzioni con Mos Def e Talib Kweli ma hai lavorato anche con Jill Scott, Jem, De La Soul e Vinia Mojica, ampliando molto il tuo spettro artistico. Come scegli il tipo di suono su cui vuoi lavorare e gli artisti con cui farlo?
Musicalmente non ho mai percepito nessuna limitazione. Sono una persona creativa quindi posso essere ispirato da un’infinita varietà di cose. Generalmente faccio musica basata su quello che sento al momento e, a volte, capita di realizzare che un certo artista possa essere perfetto per seguire quella vibrazione o che io componga un brano appositamente per qualcuno con cui sto collaborando. Altre volte creo musica semplicemente per me stesso e poi capita che un cantante o mc ne sia ispirato e decida di scriverci una canzone. Dipende, ovviamente, da una serie di variabili e situazioni. Mi capita spesso, ad esempio, di archiviare musica che produco in attesa che sia il momento giusto. Ci sono molte canzoni prodotte da me che, in realtà, sono state composte anni prima che qualcuno le registrasse o decidesse di farle uscire. La capacità di scegliere il timing giusto è la cosa principale e, a volte, è meglio pazientare perché arrivi il momento o la persona giusta con cui collaborare invece di affannarsi a fare uscire tutto prima possibile.
Sei anche un artista visivo che lavora in ambiente 2-D e 3-D, dipingi e hai creato copertine molto note per artisti come Rawkus, Mos Def e Dj Spinna. Come descriveresti il tuo approccio al design visuale? Come combini questi due lati del tuo lavoro?
Il mio approccio creativo resta lo stesso, indipendentemente dalle forme espressive. Sento di dover sempre dire qualcosa, di produrre contenuti con un senso o più sensi su più livelli. Mi prendo dei rischi per provare a superare i limiti e rompere le regole mentre creo qualcosa di potente e bello allo stesso tempo. Concetto, contesto, contrasto, texture e colori sono elementi che la composizione musicale e quella visiva hanno in comune, alla fine. E siccome la musica e l’arte visiva condividono un linguaggio e una energia simili è naturale si possano combinare in una infinita serie di modi. Ho lavorato al packaging di album musicali per i quali ero impegnato anche come produttore; ad Hong Kong e in Tailandia mi sono esibito in live painting e selezionando musica in simultanea, mentre a Budapest ho sperimentato una proiezione video multipla a visualizzare un dj set durato tutta la notte. Insomma: ho combinato musica e arte in vari modi fino ad ora e mi piacerebbe continuare a mescolare le mie abilità anche in futuro.
Le tue produzioni sembrano combinare suoni elettronici da software digitali con sample campionati attraverso macchine fisiche. Qual è il tuo approccio al processo di produzione?
Non è proprio così. Ho accumulato negli anni un sacco di sintetizzatori fisici: vari modelli di Moog tra cui l’Opus 3 e il Micromoog. Poi la Roland Juno-60, la Roland SH-101 e una varietà di Korg, solo per nominarne alcune. Ho avuto anche numerosi piano elettronici: Fender Rhodes, Wurlitzer e RMI Electra Piano. E ancora, un’enormità di drum machine: l’Akai MPC 3000 limited edition, l’Akai MPC 2000, l’Emu SP-1200 e alcune delle prime Roland. Poi molte tastiere Ensoniq ASR-10 e svariati altri pezzi.
Ho messo a punto questo arsenale nel corso della mia carriera, ma non vi svelerò tutti i miei segreti! Agli inizi usavo qualsiasi macchina mi passasse tra le mani: Casio SK-1, Casio SK-5, Synsonics, batterie, di tutto.
Non mi sono mai posto limiti e quando mi imbatto in strumenti software che hanno la texture giusta per il suono che voglio creare, non sono contrario ad utilizzarli. Ma li uso soltanto quando è necessario o per mixare tutto insieme. Non mi riferisco solo agli strumenti elettronici, mi comporto allo stesso modo con molte percussioni. E anche quando decido di utilizzare un campionamento, finisco solitamente per trasformare le sue sonorità in qualcosa di completamente differente dal materiale di partenza, oppure ricreo i miei stessi suoni registrati attraverso un microfono.
Spesso mi piace miscelare insieme strutture che creino una certa profondità e un certo dinamismo, ampliando lo spettro sonoro della musica, ma mantenendo comunque uno spessore organico e naturale.
Personalizzo moltissimo i suoni che utilizzo in modo che diventino qualcosa di mai ascoltato prima.
Come combini le tue abilità da dj con la tua passione per la ricerca di beat e le capacità di producer nei tuoi set?
Sono, prima di tutto, un amante della musica. Amo molti stili musicali differenti, provenienti da differenti parti del mondo e da differenti epoche. Non mi lascio limitare dalle cosiddette categorizzazioni di genere. Per me, la buona musica è buona musica, punto. È arte, e la grande arte non ha tempo (anche se spesso ci riferiamo al periodo in cui è stata creata). Come collezionista di vinili da oltre quattro decadi, ho ascoltato un numero impressionante di dischi, toccando tutti i possibili stili: dalla classica al jazz, dal blues al rock, al soul, al funk, dalla disco al NY hip-hop, dall’italo disco alla Chicago house, fino alla Detroit techno, lo ska, il folk, il country, la new wave e numerose forme di musica africana, brasiliana, caraibica e tanto altro. Una lista infinita!
Ho iniziato a suonare all’età di nove anni. Inizialmente suonavo il corno, poi mi sono appassionato alla tromba che è diventato il mio strumento principale. Dopo il furto degli strumenti a scuola, per un breve lasso di tempo, ho suonato anche il trombone. Già… La scuola era in un quartiere degradato, nella periferia Est di Baltimora. Ad ogni modo, dopo qualche tempo i miei genitori mi hanno comprato una tromba e ho continuato a suonarla fino ai primi tempi del liceo. Mi ha insegnato la teoria musicale, il tempo, le scale.
Ho iniziato a fare il dj a undici anni e sono riuscito a trasferire nel djiing molte di quelle abilità tecniche che ho imparato grazie agli strumenti musicali, come il tempo. Vale lo stesso per la produzione discografica. Ma come dj le abilità tecniche non bastano. Devi avere una conoscenza della musica sconfinata. Per come la vedo io, ciascuna canzone o disco è una parola differente. Puoi combinare le parole per formulare una frase semplice, oppure metterle insieme senza senso. Puoi miscelarle per creare una poesia o un paragrafo. Oppure, combinare capitoli di parole insieme per formare un romanzo con una trama intricata, sfumature e colpi di scena. Una storia che trasporta chi la ascolta in un viaggio emozionante. L’abilità di un dj sta nel riuscire ad essere creativo e al contempo consapevole del linguaggio che utilizza. Deve riuscire ad esprimere qualcosa di coinvolgente, mantenendo sempre alta l’attenzione di chi lo ascolta, durante tutto il viaggio.
Fare il dj non è una cosa da tutti. Non si tratta di un’abilità che uno ottiene istantaneamente. Ci vogliono anni per svilupparla, per vivere, per arrivare ad aver qualcosa che valga la pena di raccontare, per acquisire conoscenza ed avere una visione ampia. È questo il confine che separa i grandi dj che sono dei veri artisti, da chi semplicemente mette insieme dei beat e schiaccia il bottone “sync”. L’abilità sta nell’apprendere dalla musica, nel capire come suonarla in modo da scuotere emozionalmente chi la ascolta, fino a farlo ballare, lasciandosi andare! L’abilità sta nello sfidare il pubblico, nello sfidare se stessi in un processo di continua evoluzione, di costante accrescimento della conoscenza, mentre si inventano modi sempre nuovi per rendere la conversazione stimolante. Ovviamente devi avere anche gusto e stile. E non sono cose che puoi comprare o fingere di possedere. E devi saperci mettere anche un eccellente livello di maestria, prendendoti il tuo tempo per imparare, per sviluppare e affinare le tue doti. È l’arte del djing: combinare tutti questi fattori e molti altri, con l’orecchio per la musica giusta da suonare al tempo giusto.
Ti va di parlarci della tua amicizia e collaborazione con Theo Parrish?
Ho conosciuto Theo nel 2006, mentre eravamo in tour insieme. Ci conosciamo da quasi dodici anni. Ci siamo visti la prima volta a Chicago nell’hotel dove alloggiavamo prima del set di quella sera in un posto chiamato Sonotheque, che purtroppo non esiste più. Dovevamo esibirci nelle Triple 5 Soul “Soul Sessions” con Benji B, Rich Medina, Waajeed e DJ Spinna (che ci ha accompagnato anche in un paio di altre date del tour). Durante quel tour abbiamo suonato anche a San Francisco, Los Angeles, New York. Uno dei miei ricordi più cari, senza dubbio. Nel corso degli anni abbiamo continuato a frequentarci e a suonare insieme a Toronto, Detroit, Londra, Rotterdam, Amsterdam, Milano. C’è stato un periodo in cui ci siamo un po’ persi di vista, ma abbiamo subito riallacciato i rapporti durante un evento in cui abbiamo suonato insieme io, Theo e Lefto, nel marzo del 2013. È stato in quell’occasione che mi ha chiesto di inviargli qualche traccia perché stava fondando una nuova etichetta, la Wildheart Recordings. Avevo del materiale, ma all’epoca non era ancora pronto. Ci siamo mantenuti in contatto e ci siamo rivisti il primo dell’anno seguente. Mi ricordò della proposta e fui determinato nel completare il lavoro. Fino a quel momento, nessuno aveva ascoltato il materiale su cui stavo lavorando. E sono sicuro che nessuno si aspettasse delle tracce uptempo underground dance. Così, quando finalmente ho deciso di condividerle, l’ho fatto solo con pochi amici intimi: Ron Trent, DJ Spinna, Jerome Sydenham, Aybee, Antal e Peter Adarkwah della BBE. La risposta è stata all’unanimità positiva. Mi hanno offerto numerose opportunità di pubblicazione su alcune etichette storiche gestite da queste persone. Theo non aveva ancora ricevuto niente e non volevo prendere una decisione prima che lui ascoltasse il materiale. Per essere onesti, quando ho ripreso a produrre dischi dopo una lunga interruzione, Theo è stato il primo ad offrirmi la possibilità di pubblicare la nuova musica che stavo registrando su una delle sue label. E lo ha fatto ancor prima di aver ascoltato ciò a cui stavo lavorando. Quindi era davvero importante per me che lui la ascoltasse. Dopo qualche mese sono riuscito ad inviargli un link privato con otto canzoni a cui avevo lavorato, tramite Ruby Savage che stava partendo per Detroit. Lei e Theo le hanno ascoltate insieme per la primissima volta, mentre lei si trovava in città. Mi ha scritto subito dopo averle sentite, offrendosi di pubblicare un intero album sulla Sound Signature e mi ha chiamato al telefono. Abbiamo deciso di uscire con il singolo “Moon Circuitry”. Il resto è storia. Ma tieni bene a mente che c’è ancora un album pronto da pubblicare sulla Sound Signature. Quindi ci saranno un po’ di capitoli da aggiungere.
E la tua release con Mark De Clive-Lowe sulla Sound Signature?
Beh, come ho detto prima, la proposta iniziale della Sound Signature era quella di un album, non un singolo o un EP. Avevo già registrato gran parte delle tracce dell’album prima che decidessimo di pubblicare “Moon Circuitry” come release separata dal resto dell’LP. E solo per caso, i brani dell’album che sono stati scelti come singoli sono proprio gli unici due a cui Mark ha collaborato. Quando ho iniziato a registrare questi due pezzi non avevamo pianificato che Mark o altri mi raggiungessero durante le sessioni. È capitato che in quel periodo Mark stesse a casa mia per qualche giorno. Avevo più volte sperato di lavorare con lui, ma non su queste due canzoni in particolare. Staccai un momento dalle registrazioni, mentre lui se ne stava tranquillo in cucina a mangiare. Avevo un momento libero e aspettavo che lui finisse di mangiare per rimettermi al lavoro sulle tracce. Per caso le ha sentite e si è precipitato nello studio chiedendomi: “Che cos’è? Voglio starci dentro anche io!”
È stato tutto molto spontaneo e naturale. Ho attaccato la sua tastiera nel mio studio e abbiamo iniziato a registrare. Abbiamo inciso qualche take poi ci siamo concentrati sul brano successivo e abbiamo fatto lo stesso. Quello che suonava era assolutamente magico ma era materiale ancora grezzo e molto spartano. Ci sarebbe voluto ancora molto lavoro, ma sapevo che stava accadendo qualcosa che avrebbe portato le composizioni a cui stavo lavorando ad un livello superiore. Durante i mesi seguenti mi sono preso il mio tempo. Ho limato gli errori e iniziato a lavorare agli arrangiamenti di entrambe le tracce. Dopo un minuzioso esame delle varie incisioni ho trovato le parti che funzionavano, eliminando quelle che non andavano ed ho organizzato il tutto in modo che suonasse bene ed avesse un senso. È stato un processo lungo e complesso, ma il risultato finale è qualcosa di veramente eccezionale. Sono così grato che sia accaduto tutto in maniera così spontanea. Abbiamo perfino vinto un premio in Giappone per l’EP. Non mi aspettavo niente di tutto questo. Pazzesco!
Mi pare di poter dire che il jazz sia stato un tuo punto di riferimento negli anni. Cosa pensi della scena contemporanea? C’è qualche artista che ti interessa particolarmente?
Anche se il jazz è sicuramente un punto di riferimento per alcuni degli elementi che trovi nella mia musica, non credo di poter dire che qualche specifico suono sia più importante di altri, nel mio modo di vedere. Credo che la cosa vada valutata nel singolo caso della canzone. Credo che il riferimento principale nella mia musica sia relativo alla composizione “manuale”, e comunque si confronta con risorse molto ampie ed estese.
Riguardo la scena jazz contemporanea mi pare che ci siano delle cose molto interessanti in giro.
Il fatto che un grande talento come Kamasi Washington raggiunga un così alto livello di notorietà in un genere nel quale per farti notare normalmente impieghi molto tempo ed energie mi pare un segnale chiaro che qualcosa di notevole stia accadendo, in questo momento storico. Il mio istinto mi dice che ci sia ancora tanto giovane talento da scoprire, qualcuno che in virtù dei riflettori puntati su Kamasi, Yussef Kamal, Glasper e molti altri, stia solo aspettando il suo turno per essere scoperto, affilando il proprio talento nell’ombra. Ecco perché resto attento all’ascolto, pronto a scoprire la nuova onda che arriva dall’underground.
In questo momento stai lavorando con qualcuno? Hai qualche progetto all’orizzonte?
Dopo l’uscita di “Moon Circuitry” ho fatto numerosi remix per vari artisti e la scorsa estate ho realizzato uno speciale 10” per Dekmantel e Patta. Al momento sto lavorando ad un paio di progetti sui quali ancora non posso dire nulla. Quello che posso dire è che nel 2018 ricorreranno i venticinque anni dalla mia prima uscita discografica, quindi potete aspettarvi interessanti release nell’arco dell’anno. E questo è solo uno dei tanti modi nei quali ho deciso di festeggiare.
[Scroll down for English Version]
Tell us something about your first musical memories? Did you have a good musical education from your parents growing up?
I grew up in a household of music lovers. My family all had records. My dad and my uncle both had sizable collections of vinyl (and cases of 8-track tapes also)…so that had a great influence on me. I was 5 years old when I got my first record…it was a 45 (7-inch). The 12-inch disco format hadn’t been invented yet, and wouldn’t appear until the following year. My grandmother would take me to the record store after school…and I would also go to record shops with my father. So officially I’ve been collecting vinyl for over 40 years now. The education started back then and continues until this very day. It’s endless.
A lot of people know you for your productions for Mos Def and Talib Kweli but we know you also worked with Jill Scott, Jem, De La Soul and Vinia Mojica. Your production range is far. How you choose the kind of sound that you want to do?
Musically I’ve never felt limited. I’m a creative person, so I can be inspired by an infinite range of things. I’ll generally make music based on what I’m feeling at the moment. Sometimes I may have an artist in mind that I feel the music may fit well with or I’ll compose something specifically for someone I’m working with. Other times I’m just creating music for myself or could just be in the mood to tackle an idea that I’ve had (although the end result may get chosen by a vocalist or emcee who’s inspired to write a song to it after hearing it). It really depends on the situation. Often I’m creating music years in advance, and will just archive it until a later date. There are so many songs I produced that were originally composed years before recording it with an artist or even releasing it for myself. Timing is everything…and sometimes it’s best to patiently wait for the right moment or person to collaborate with instead of rushing to release everything as soon as it’s created.
You are also a visual artist and you’ve done so much, from 2-D, to 3-D, mixed media, painting, design, a lot of album covers, for Rawkus, Mos Def and Dj Spinna among others. How you can describe your approach as a visual artist? How you combine both side of your work?
My approach in all my creative forms is quite similar. I always want to make a statement and say something (or multiple things in layers), take risks, push the envelope and break the rules while creating something powerful and beautiful at the same time. Regardless if it’s sound or visual…it’s all concept, context, contrast, texture and color in the end. And because music and visual art is practically the same energy and language, it’s natural to combine them in endless ways. I’ve done it with album packaging for music releases (cover art and music production), live painting in Hong Kong and Thailand at special events I was also DJing at as well, and even showcased my art via projectors throughout multiple interior spaces while DJing the entire night at a venue in Budapest, Hungary. I’ve combined music and art in various ways over the years, and there are still new ways I hope to combine my abilities in the future.
Your own productions seem to combine electronic sounds from digital software with samples through physical machines. How do you approach the production process?
No… this is not the case. I’ve owned loads of actual physical synthesizers over the years…various models of Moog synths (Opus 3, Micromoog, etc), Roland Juno-60, Roland SH-101 and a variety of Korg synths just to name a few. I’ve also owned numerous electronic pianos…Fender Rhodes, Wurlitzer and RMI Electra Piano. I’ve owned numerous drum machines as well…Akai MPC 3000 limited edition, Akai MPC 2000, Emu SP-1200 and some early Roland drum machines also. I’ve also owned various Ensoniq ASR-10 keyboards over the years. And there’s a bunch of other pieces I’ve had in the arsenal over the course of my career, but I won’t give away all of my secrets.
In the early days, I used whatever I could get my hands on…Casio SK-1, Casio SK-5, Synsonics Drums, etcetera. I never limit myself…so even in circumstances when I’ve come across software instruments that have the right texture and sound for what I’m trying to achieve, I’m not against applying it. I’ll use it all when necessary or mix it up together. Various percussion instruments as well…not just electronic instruments. And even when I chose to sample, I’ll usually end up transforming those sounds into something completely different from what it started out as, or will just create my own sounds I’ve recorded via microphone. Often I like to mix textures together that create some form of depth and dynamic range to the music…while still keeping an organic and natural presence. I personalize a lot of the sounds that I use or get out of my instruments so it won’t sound like anyone else’s.
How do you combine djing skills with your passion for digging beats and production skills in your sets?
I’m not sure I understand your question exactly, but I’ll answer it like this. I’m a music lover first and foremost. I enjoy various styles of music from various parts of the world from various time periods. I’m not limited by “so-called” genre categorization. In my opinion, good music is good music period. It’s art, and great art is timeless (even when it speaks of the time period it was created in). As a collector of vinyl for over 4 decades, I’ve been exposed to a wide range of recordings covering all styles of music from classical to jazz to blues to rock to soul to funk to disco to NY hip-hop to Italo disco to Chicago house to Detroit techno to reggae to ska to folk to country to new wave to various forms of African, Brazilian, Caribbean music and far beyond. The list goes on and on and on!
As a kid…I started playing instruments at the age of 9. I played the cornet at first, then eventually began playing the trumpet (which became my main instrument). For a brief time I also played the trombone after some of the school instruments were stolen. Yeah…the school was in the hood (east side of Baltimore)! Anyway, later my parents bought me my own trumpet, and I continued playing it into my early high school days. Eventually I lost interest…but it taught me music theory, timing, the scales, etc.
Because I started DJing at age 11, many of the same skills I learned playing instruments also applied in regards to the technical process…understanding timing, etc. Same goes for music production. But with DJing you need more than just technical ability…you need to be well versed in your knowledge of music. The way that I see it…each song or record is like a different word. You can combine words to formulate a simple sentence…or you put words together that make no sense at all. You can combine words to create poetry or a paragraph…or you can combine chapters of words together to create a novel with intricate nuances and dramatic changes that tell an entire story that takes everyone along for an exciting journey. The skill is in how creative and well versed one is in the language to express something engaging that keeps people’s attention throughout the ride. That’s pretty much what DJing is, so it’s not a skill that just everyone has instantly. It takes time to develop…to live life…to have something worthwhile to say…to gain widespread knowledge. That’s what separates great DJs who are actual artists from those who just “beat-match” and rely on sync buttons. The skill is in learning the music and how to play the music while moving people emotionally enough to make them dance, move and let themselves go! The skill is in challenging the people, challenging one’s self and continuing to expand one’s knowledge while inventing new ways to keep the conversation exciting. Of course you also need to have taste and style…those aren’t things you can buy or fake. And you need to bring the highest level of craftsmanship to the table by taking the appropriate time to learn, master and sharpen one’s skills. That’s the art of DJing…combining all of these things and much more, and developing an ear for the right music to play at the right time.
Tell us something about your friendship and collaboration with Theo Parrish, please.
Theo and I first met and bonded back in year 2006 while touring together…so we’ve known each other for almost 12 years now. We initially met in Chicago at our hotel before playing the party that night at a venue called Sonotheque (which sadly doesn’t exists anymore). We were both booked for the Triple 5 Soul “Soul Sessions Tour” along with Benji B, Rich Medina, Waajeed and DJ Spinna (who also appeared on a couple of tour dates with us as well). We also played parties in San Francisco, Los Angeles, NYC, etc on that tour…definitely one of my fondest memories. And over the years we’ve hung out and kicked it in Toronto, Detroit, London, Rotterdam, Amsterdam, Milan and so on. But there was a period in-between when we had lost contact for minute, but reconnected again at a gig Theo, Lefto and myself played at back in March of 2013. That’s when he first offered if I have any music, to send him some things because he was starting a new label, Wildheart Recordings. I was working on stuff, but wasn’t quite ready at the time. Still, we kept in touch and spoke again on New Years Day. He reminded me once again that the offer was still open, so I was determined to get things closer to the finished stage.
Up to that point, no one had really heard what I was working on yet…and I’m sure no one was expecting it to be uptempo underground dance music either. So when I finally shared it, I only shared it with a few of my friends…Ron Trent, DJ Spinna, Jerome Sydenham, Aybee, Antal and Peter Adarkwah from BBE. The response was overwhelmingly positive…and I was offered numerous opportunities to release it on some legendary labels run by these guys. But at the time, Theo still hadn’t heard it yet…and I needed him to hear it before making a final decision. To be fair, after ending my long hiatus away from releasing records, Theo was the first to offer me the opportunity to release the new music I was recording on one of his labels…and that was even before he had a chance to listen to what I was actually making. So it was very important for me to let him hear it. After many months passed by, I finally sent a private link streaming 8 of the songs I had been working on to Theo through Ruby Savage right before she traveled to Detroit…and her and Theo listened to them together for the very first time while she was there. Immediately after listening, he wrote me with excitement…offering me an album deal on his Sound Signature label instead, and called me on the phone. Eventually we put out the Moon Circuitry single, and the rest is history. But keep in mind, there’s still a Sound Signature album release coming from me as well…so there’s more chapters ahead.
What about your release with Mark De Clive-Lowe on Sound Signature?
Well like I said before…initially when I was offered the Sound Signature deal, it was for a full album, not just a single or EP. I had already recorded most of the music for the album before we decided to put out “Moon Circuitry” as a separate release ahead of the LP. Just by chance, the only 2 songs Mark played additional parts on from my album were chosen for my single. When I first started recording those songs, it wasn’t planned that Mark or anyone for that matter, would be joining me in the sessions. Mark just happened to be staying at my house for a few days at the time. I had hoped to work with him on some music, but not these songs in particular. He was actually in the kitchen eating food at the time that I pulled up the session in my studio. While I had a free moment, I was just going to work on some of my songs a bit more until he was done eating. But once he heard it…he ran into the studio excited asking “What’s this?!! Plug me in..plug me in!“. It was all very organic and spontaneous. So I patched his keyboard into my session and we started recording. We recorded a few different takes then moved on to the next song and did the same. What he played was absolutely magical but it was raw and very rough. It needed a lot of work still, but I knew there was something in there that would take the compositions I had been working on to another level. So over the next several months, I took my time…cleaned up the mistakes and started working on the arrangements for both songs. After laboriously sifting through the various takes, I found the parts that worked and removed the parts that didn’t…and organized everything in a way that felt right and made sense. It was a long and intricate process, but the end result gave birth to something special. I’m so grateful it all happened the way that it did. We even won an award for it in Japan…but I never expected any of this. Crazy!
Jazz is one of your main reference. What do you think about contemporary jazz scene? Any artist or young talent that is exciting you at the moment?
Although jazz is definitely a reference point when it comes to certain elements in my music at times, I’m not sure that I would pinpoint any particular sound as being the “main reference” overall. I guess that really depends on the specific songs being referred to at the time of discussion. I believe the main reference in my music is relative to the composition at hand, and could be drawn from sources that are quite vast and extensive.
In regards to the current contemporary jazz scene, there are some exciting things happening right now. Whenever you have a great talent like Kamasi Washington receiving such a high level of notoriety in a genre that historically you had to break-through overseas long before earning accolades on home soil, exemplifies that something special is going on at this particular time in history. My instinct tells me that there’s certainly some amazing “yet to be recognized” young talent under the radar that’s paying close attention to the success of Kamasi, Yussef Kamal, Glasper and several others. There’s always someone out there sharpening their skills in hopes of gaining their own opportunity to shine. So I’m certainly looking forward to discovering the next wave of future talent rising from the underground.
Are you working with any other artists at the moment? There is something new coming up on the horizon?
Since the release of “Moon Circuitry”, I’ve done numerous remixes for various artists and also released a special 10-inch vinyl project for DEKMANTEL x PATTA this past summer. I’m currently working on a couple of projects at the moment, but can’t announce what they are. The one thing I can say is this…2018 will be the 25th anniversary since the first time my music was released on vinyl, so there should be some interesting releases forthcoming throughout the year. This is just one of the various ways I plan to celebrate it.