Oggi parliamo di ciò di cui non si scrive mai volentieri: ossia di identità artistiche deboli e di mancanza di quel “quid” che definisce un artista in quanto tale.
Se Geo From Hell ci ha sinceramente impressionato nella finale della prima edizione di Top Dj grazie a un set poliedrico dalla marcia in più e grazie a video come “Play Cdj Like A Guitar” in cui Andrea Georgiou – questo il suo nome all’anagrafe – si diverte a ricreare “Opus” di Eric Prydz, oggi purtroppo bisogna parlare di una delusione, perché quando si produce un pezzo che è un copia-incolla palesissimo di tracce che hanno fatto la storia della musica elettronica e non solo, non si parla allora di un “original mix”, ma, in caso, di un mash up o, se vogliamo, di una cover.
Si potrebbe quindi ora analizzare la traccia in questione, e lo faremo, ma la faremo anche molto breve, perché non c’è molto da commentare: “Rock That Body” de The Black Eyed Peas, dalla quale è stata presa palesemente l’intro, e “Day ‘n’ Nite” di Kid Cudi (Crookers remix), dalla quale è stato preso il giro di uno dei drop più belli di sempre, ma alzandolo di un semitono.
Veniamo ora alla questione morale, perché è questa quella che preme di più. Come potete immaginare, sui socials oltre a messaggi di supporto all’artista sono piovute con la forza di un monsone le critiche che hanno recriminato ovviamente l’evidenza del plagio e, soprattutto, la mancanza di originalità.
Geo From Hell ha quindi difeso se stesso e il proprio lavoro con queste parole: “Chi produce musica passa le sue giornate in studio di registrazione. Quando esce, continua a pensare al suo lavoro ed è sempre in cerca di idee e soluzioni applicabili a quello su cui sta lavorando. Il fine ultimo (almeno per me) è quello di produrre una traccia che regali emozioni ai suoi ascoltatori. […] Ci sono un infinità di persone che si lamentano, chi per la scarsa qualità della musica in circolazione, chi perché non ci sono dischi belli e chi semplicemente odia a prescindere e vuole sminuire sempre tutto, sputando sul lavoro altrui. La notorietà del artista che produce musica aiuta la divulgazione del suo prodotto. Una volta diventava famoso chi era bravo, oggi è considerato bravo chi è famoso. Quindi non mi rompete le palle dicendo che il mio nuovo disco ha lo stesso giro di basso dei Crookers (In verità qualsiasi musicista può confermare che la tonalità è diversa) o che il sample vocale è preso dai Black Eyed Peas (che per inciso hanno anche loro campionato da Rob Base come altri mille rendendo “It Takes Two” uno dei dischi più campionati di sempre) perché il mio lavoro è produrre musica per chi ha la sensibilità di apprezzarla e sopratutto perché la musica dance è basata da 30 anni sul “sampling”. […] Per me il lavoro di dj è una cosa seria, siete pregati di rispettarlo! Questa è Right Now, esce il 15 settembre e per me, che ho speso un mese di vita per produrla, è più importante di qualsiasi video virale in circolazione“.
E va bene che incolpi te stesso di un plagio di un plagio, tipo quando ti fermano i carabinieri e dici “Eh, ma quello prima correva più di me“, ma in questo caso hanno fermato te; ma più che altro, il punto è che chi si lamenta in questo caso è perché le emozioni di cui parli tu in questo frangente sono già state date da altri. E non esiste per nulla al mondo che venga data la colpa all’insensibilità artistica di chi ascolta e/o alla pratica del sampling: che sì, viene usata (e si sa), ma che porta nel 90% dei casi a esiti comunque orientati ad una certa originalità e inventiva, non a lavori che occupano mezza giornata in studio (anche quando sono spacciati per sessanta volte tanto) – o almeno l’impressione è quella.
E detto per inciso, noi rispettiamo il ruolo del dj (se vogliamo fare i pignoli, qua sarebbe il caso di sostituire dj con producer), ma solo nel momento in cui vi siano basi solide per farlo. E ci dispiace, ma questo non è il caso. Giudicate voi: