“DNA” di Ghali è ufficialmente fuori, a tre anni dall’ultimo disco “Album”, e due dal successo nazionalpopolare di “Cara Italia”: tante cose sono cambiate dall’uscita di quel lavoro e dalla pubblicazione della sua canzone più famosa, e ad oggi la posizione del rapper italo tunisino appare più fragile che mai, alla luce soprattutto di un nuovo album che getta più ombre che luci sul ruolo che che potrebbe avere da qui ai prossimi anni. Ma facciamo un passo indietro: cos’è cambiato in questi anni, da quando “Album” era in testa ad ogni classifica e Ghali era l’artista di punta della cosiddetta nuova scuola? Due cose: “Rockstar” di Sfera Ebbasta, e “Soldi” di Mahmood.
“Rockstar” di Sfera Ebbasta è stato il disco più discusso degli ultimi anni, e il successo gigantesco avuto dal rapper di Cinisello ha privato Ghali della posizione di testa nella classifica dei “trapper” più popolari in Italia. L’apertura di Sfera verso un immaginario più pop ha senza dubbio fatto terra bruciata dei concorrenti al trono della trap a livello di numeri, ma non solo: lo ha anche piazzato all’interno delle televisioni degli Italiani con la partecipazione ad X Factor. A latere, le assurde polemiche legate alla tragedia di Corinaldo ne hanno fatto argomento per le prime pagine dei giornali di tutta Italia. In buona sostanza Sfera – volente o nolente – ha tolto a Ghali una parte di pubblico, quella che guardava a lui come l’unica faccia televisivamente spendibile della trap.
Dall’altra parte, pure l’avvento di Mahmood gli ha tolto ulteriormente mercato, perché nell’anno e mezzo in cui Ghali ha lavorato per chiudere il tour e lavorare al nuovo album, è esploso il fenomeno “Soldi” a San Remo. Caso vuole poi che Mahmood sia emerso con la stessa formula vincente che aveva reso grande Ghali: pezzo pop su produzione di Charlie Charles, ma con una carica esplosiva maggiore perché la sua consacrazione è avvenuta nella vetrina più importante d’Italia – a cui tra l’altro è seguito un inaspettato quanto massiccio successo estero. Chiaramente il rapper italo tunisino e il cantante italo egiziano sono artisti differenti sotto molti punti di vista, ma a ben vedere occupano con caratteristiche diverse, lo stesso spazio all’interno dell’immaginario collettivo dell’ascoltatore medio.
Infine ultimo punto, la quasi assenza di Ghali sui social se non per eventi ufficiali e sfilate, e la iper presenza degli altri due ha fatto il resto. In questi anni va così. “DNA” quindi è un disco che si inserisce in un mercato profondamente diverso da quello che di due anni fa, mercato in cui la posizione di Ghali non appare più così solida. Non sembra infatti un caso che i singoli fatti circolare prima dell’uscita ufficiale dell’album abbiano avuto uno scarso riscontro. Cosa che solo due anni fa sarebbe stata impensabile. E proprio i due singoli estivi sono una buona opportunità per ragionare attorno ad alcuni spunti, due in particolar modo. Primo, i featuring internazionali; secondo, Ghali non sa ancora cosa vuole fare da grande.
(Eccolo, “DNA”; continua sotto)
Partendo dall’inizio, per molto tempo si è sofferta la lontananza dalla scena europea e americana, come se fossero pianeti lontani, e fosse impossibile travalicare i confini nazionali. Bene, Sfera Ebbasta ci ha dimostrato che essere internazionali non è un’utopia, e questa cosa ha scatenato un entusiasmo iniziale notevole; ma a ben vedere l’esperienza di Sfera rimane abbastanza un caso isolato che per il momento assume senso solo per lui – e forse per Capo Plaza.
Nel caso di Ghali, pur avendo rilasciato un remix con Stormzy, uno con Ed Sheeran, e avendo lavorato con Lacrim e diversi artisti, non sembra aver ottenuto i medesimi risultati in termini di hype. E lo stesso si può dire per Tedua, Izi, Rkomi o Shiva – con i vari Sofiane, Dosseh, Mc Binladen, Aitch, eccetera. Forse che in fondo i featuring internazionali interessano meno del previsto?
Punto secondo (e da qui si arriva direttamente al nuovo disco). Sembra che Ghali sia sempre più diviso tra due poli opposti: da una parte c’è la sua anima giocosa e che piace ai bambini, dall’altra quella dell’artista maturo consapevole che deve portare la sua musica oltre il già fatto. Questa spaccatura era già stata palesata all’uscita di “Hasta La Vista” e “Turbococco”: il primo più da club; il secondo alla ricerca di sonorità più facili. Ma adesso questa dicotomia appare davvero evidente all’ascolto di “DNA”.
“DNA” è infatti un lavoro che potrebbe benissimo essere stato fatto da due persone diverse: la prima è quella di cui si diceva sopra, quella che cerca di essere un artista serio e maturo, in grado di competere con i colleghi esteri non solo con il numero di follower su Instagram, ma anche con una ricerca artistica personale – pezzi come “Giù x terra”, “Fast food” o “Marymango” vanno decisamente in questa direzione. Dall’altra parte invece c’è il Ghali per tutti, quello radiofonico che strizza ben più di un occhio al pop italiano da Sanremo, e che piace all’esercito dei dodicenni che fanno fare numeri giganteschi su Spotify – “DNA”, “Good Times” o “22:22” sono evidentemente un modo per essere spendibile sul mercato nazional popolare. E sembra non ci sia soluzione di continuità all’interno di questi due percorsi.
Nel disco è evidente l’intento di provare a conciliare queste due anime, ma i risultati sono molto altalenanti: perché se è vero che comunque è legittimo avere dei momenti di alleggerimento all’interno di un lavoro, sembra che essi siano slegati dalla traccia precedente e vadano a “sbattere” con la traccia successiva. In questo senso sarebbe stato forse meglio lavorare in modo diverso sulla tracklist, chissà, forse sarebbe stata una toppa con una qualche efficacia.
Rimane comunque la perplessità di avere a che fare con un prodotto che non ha deciso che cosa vuole essere, forse perché proprio il suo autore non ha deciso che ruolo giocare all’interno della discografia italiana. Vuole essere davvero un artista maturo in grado di dare del tu ai colleghi di tutto il mondo? Oppure vuole essere l’idolo nazional popolare che fa i pezzi per Vodafone e BMW? A Ghali, la scelta. Nel frattempo, “DNA” è fuori ovunque. In attesa di capire per chi.