Di certo non sarà l’afro-cumbia a cambiare le regole del gioco o altri trucchetti social tra ammiccanti “like” a forma di cuoricino o vagonate di immagini iper filtrate da dover postare quasi per obbligo dopo l’evento in pompa magna sponsorizzato su Facebook. Si rimane sempre di più assuefatti allo spot, alla frase shock pur di accaparrare le folti masse in cui la comunicazione è la spina dorsale, i fotografi le vertebre e il bacino chino e triste se ne sta muovendosi solo a comando. Si capisce da sé che la libertà spesso è pari a zero e la voglia pazza di essere alternativi rappresenta la vera costrizione dove proprio un certo hype ti ingloba in un recinto ben preciso che ti assale al collo ti strangola lasciandoti moribondo e barcollante in balia del gregge. Niente di nuovo per carità, tutto stravisto, ma a volte è giusto fare il punto della situazione capirci di più e vedere chi le qualità le ha per davvero senza dover nascondersi dal promoter sanguisuga improvvisato di turno.
Con ormai dieci anni di onorata carriera alle spalle e una certa scoliosi da studio quasi genuflesso verso macchine e pulsanti, Alessandro Parisi è un produttore italiano apparso molto di più all’estero che nello stivale con un curriculum zeppo di album ed EP che hanno visto la luce su Slow Motion, MinimalRome e altrettanti lavori rilasciati su etichette esterofile vedi Giallo Disco, Lux Records, Vivod, Frigio Records e Charlois, giusto per citarne alcune. Gli alias nel tempo non sono mancati e molte produzioni hanno diversi monikers: Hesperius Draco due album e due EP, Sacrestia del Santissimo Sangue un album ed un EP, fino ad i lavori come Alessandro Parisi con quattro album, cinque EP e tre remix. In assoluta serenità e senza doversi vendere per portare a casa la pagnotta una parola chiave è stata trovata per affrontare la densa intervista che segue. Purezza. Ingrediente fondamentale per qualunque scopo nella vita si voglia raggiungere. Ma questa è un’altra storia, diciamo.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
“Oxygene 7” di Jean Michel Jarre, 1997.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Non c’è stato un momento particolare, è stato un processo progressivo di presa di coscienza. Produrre o suonare musica, come ogni forma artistica che permette di esprimersi, viene da dentro, non si può ricevere da qualcuno o qualcosa. Eventi o persone determinanti sono solo triggers che hanno attivato parti di me dormienti o non ancora sviluppate.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Il passaggio dallo studio al club. Un contrasto inevitabile ma traumatico. Mentre ascoltare un disco, bene o male, riesce sempre a mantenere il livello di magia alto, suonare in un club è più difficile. All’inizio ho sofferto nel cercare di incastrare la magia in una struttura dancefloor, poi ho capito che al novanta per cento delle persone non gliene frega più di tanto finché una cassa batte, quindi mi sono adattato ed ora è la struttura dancefloor a doversi incastrare alla magia.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Aver rappresentato l’ “Esoteric-Disco” alla prima del progetto “Discoteca Clandestina”, esibirmi all’Intergalactic FM Festival e ricevere i complimenti da Wolfgang Flür al termine di un mio live-set.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Non sono il classico dj/produttore emigrato all’estero che ambisce a sopravvivere di musica. Per me la musica è la più grande delle passioni, ma ho anche un lavoro che mi piace. Sono un programmatore, lavoro ad un progetto europeo di democrazia. Il tempo libero lo dedico principalmente alla musica. La mia seconda passione sono gli scacchi, il gioco più violento della storia.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Non aver studiato musica seriamente quando ne avevo la possibilità. Arriva un punto in cui il tempo a disposizione è poco e va gestito: ho scelto di sacrificare la tecnica per la creatività.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Tangerine Dream “Destination Berlin”
Franco Battiato “Mondi Lontanissimi”
Jean Michel Jarre “Oxygene 7-13”
Enya “Sephered Moons”
Something Completely Different “25, Complete Recordings 1981-2006”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
“Interstella 5555”, L. Matsumoto (film) e “La Storia Infinita”, M. Ende (libro).
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Ogni release che ho prodotto è uscita solo perché ne ero orgoglioso al cento per cento. E’ difficile rispondere alla domanda “Qual è il tuo figlio preferito?“, ma dovendo rispondere direi che con l’album “Hic Sunt Leones” del 2013 ho dato un segnale importante.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media online…
Essendo nato negli anni ’80 ed avendo amato da subito l’informatica ho avuto la fortuna di partecipare come spettatore attivo alla nascita di Google, Youtube e Facebook. Ho frequentato e moderato forums IT e posso garantire che in questo campo non contano etnia, nazionalità, orientamento sessuale o numero di follower. La credibilità è dettata dai fatti.
Nickname ed avatar bastano come identità virtuale, il resto è competenza, conoscenza, condivisione. Questo è il web che mi piace, che ancora esiste, ma non è molto presente nella sfera social media. I forum avevano una caratteristica fondamentale: si pensava prima di rispondere, ed ogni risposta doveva contenere sostanza. La meccanicità di reazione istintiva permessa dalle moderne tecnologie fa uscire il peggio delle persone. Nel momento in cui sono entrati in gioco i social media tutto è andato infatti in una direzione orientata all’approvazione più che al contenuto. Come la vivo? Sono ancora in fase di contemplazione e studio, non mi posso davvero definire un partecipante iperattivo. Sono affascinato da come i venditori di hype stiano cavalcando alla stragrande la situazione. Oggigiorno suonare in giro per il mondo o produrre dischi è più facile di dieci anni fa. Basta avere fiuto degli affari, qualche skill in comunicazione ed una rete di contatti. Se poi si entra in una booking agency che professa tutte le tecniche sopraelencate ancora meno sforzo. “Perché gli ultimi saranno gli ultimi se i primi sono irraggiungibili“. Andate a sentire le persone suonare live invece di seguire gli streaming (se potete) ed ascoltate i dischi prima di alzare il pollice gratuitamente. Andate a scoprire come “tizio” suona in America, in Asia o in Antartide. Chiedete quanto certe persone vengono pagate per fare i tour o per suonare a Boiler Room. Non è tutto oro quel che luccica. La disinformazione non è soltanto politica. Se ci si vende a poco prezzo è perché si vale poco.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Adamennon e Betonkust sono al momento i due producer che stimo e con cui riesco a condividere di più, non solo a livello musicale ma anche dal punto di vista emotivo. Altri produttori con cui vorrei collaborare, ma con i quali non c’è ancora stata l’occasione, sono Giorgio Luceri, Black Seed, Armonics e Front de Cadeaux. Sui dj non mi pronuncio perché sono prime donne e se mi dimentico qualcuno poi si offendono. I miei idoli musicali attuali rimangono comunque Danny Wolfers e Something Completely Different.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
La scena musicale olandese. C’è una macchina da business dietro le grandi organizzazioni di eventi che mi lascia allibito. In un paese che vanta un underground elettronico storico – e forse proprio per questo motivo in diretta ed opposta conseguenza – vengono introdotti nel mercato prodotti semplicemente mediocri. Meglio se senza una storia produttiva alle spalle e completamente ignoti e giovani. Sono i nuovi vitelli d’oro da idolatrare per la gente in prima linea a Boiler Room e le radio in live streaming. Ho visto con dispiacere anche persone che stimo musicalmente supportare in prima persona questo meccanismo. Scrivere questo durante l’Amsterdam Dance Event per me è molto simbolico. Basta guardare che genere musicale vada per la maggiore per comprendere lo stato della coscienza musicale. Senza anima. Casse ossessive con basso mono-key, produzioni basate sull’estetica e non sulla melodia. Pensate a che emozioni vi danno queste canzoni. Provate un senso di collettività o di individualismo? Vi viene da abbracciarvi col vicino di pista o state solo pensando a come apparirete nella registrazione? E’ importante rendersene conto, la musica è uno strumento potente. Ade è il regno delle ombre e dei morti. Zombies alert spoiler.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Non avendo suonato molto in Italia (ancora devo capire se per fortuna o purtroppo) conosco in maniera poco approfondita la scena, anche se di cose da dire ce ne sono. Vedo comandare due macro aree dove da una parte c’è la techno/minimal (ebbene si esistono ancora, non sono estinti, su questo Italia e estero viaggiano sullo stesso binario) e dall’altra invece troviamo tutto il radical chic afro/cumbia molto vegano dove forse la scarpetta nel piatto quasi crea un certo imbarazzo. Per non parlare della scena sperimentale che sta diventando talmente estrema da risultare imbarazzante. Facendo un parallelismo con la società, sta venendo a mancare la medio-borghesia. Ci vuole più semplicità, emozione e sentimento con cui ci si approccia alle cose. Le persone valide ci sono eccome, non è così tragica la situazione, la speranza è sempre dietro l’angolo ed ho molta fiducia nel nostro paese. Purtroppo, però, chi sa si nasconde o scappa, o semplicemente non trova spazio perché il web è una ghigliottina: se sbagli sei morto. L’atteggiamento “politically-correct” è il nuovo dogma. A difendere la patria sono rimaste, per quanto mi riguarda, in pochi. Le etichette su cui mi aggiorno e tra queste vale la pena citare: Slow Motion, Mannequin, Early Sounds, MinimalRome, Lost In It, Affordable Inner Space (molte di loro da anni trapiantate all’estero). Una citazione particolare sento di farla per gli inossidabili sempre verdi pionieri Borut Viola, Francisco, Fabrizio Mammarella, Marco Passarani ed Andrea Benedetti, quest’ultimo ha da poco ha lanciato il suo programma radiofonico su U-FM, Future Shock, di cui sarò ospite prossimamente.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sono ormai quasi due anni che assorbo influenze, conosco persone, osservo e studio. E’ arrivato il momento di sfornare un album che compia un atto terroristico emotivo.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.