Riccardo è uno di quelli che le cose non te le manda a dire, è un tipo schietto e talvolta appare spigoloso. Riccardo, per sua stessa ammissione, non ama particolarmente stare in mezzo alla gente; preferisce chiudersi in studio e comporre. Creare. Perché è proprio questo che fa da molti anni: dedicarsi alla musica con grandissima passione. A Milano è conosciuto come AntiteQ, uno dei talenti che tutta la città dovrebbe incontrare in consolle. Provare per credere: abbiamo la fortuna di avere in anteprima esclusiva il singolo Urania, in uscita ad aprile. I set di AntiteQ sono introspettivi e carichi di un livello emozionale che solo in pochi riescono a trasmettere tanto bene. Poi, come spesso accade alle menti creative, c’è “l’altro”, Il Mister Hyde, quello che sta dietro allo specchio con sguardo torvo e aspetta solo il momento di uscire, per diventare un tutt’uno con il suo alter ego. Daemon Tapes, il side project oscuro. Bordate techno costruite intorno ad ingranaggi ipnotici. C’è l’angelo, dunque, e c’è il demone. Poi c’è l’uomo e noi abbiamo fatto due passi proprio con quest’ultimo.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Mi sarebbe difficile sceglierne cento, figurarsi una; queste domande ogni volta mi causano notti insonni, perché lo fate? Ho avuto una formazione musicale prima classica e poi jazz-rock, all’elettronica sono arrivato intorno ai vent’anni, quindi, sebbene sia stata una scoperta definitiva e destabilizzante, se devo citare qualcosa di più lontano nel tempo, allora gruppi come Motorpsycho, Karate, Godspeed You, Black Emperor!, o cantautori come Jeff Buckley, Nick Drake o Stevie Wonder sono stati, ognuno a suo modo, una rivelazione. Se proprio mi costringete a scegliere un disco che mi abbia cambiato la vita (probabilmente in peggio) direi DrukQs di Aphex Twin, un album che per livello compositivo, per eterogeneità, per qualità di suono e produzione, trovo ancora ineguagliabile.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Suono praticamente da sempre, sono passato negli anni da uno strumento ad un altro, spaziando attraverso generi ed esperienze molto diverse tra loro, ma credo di aver capito di voler lavorare in questo mondo subito dopo l’università. Così, oltre a suonare, ho iniziato a collaborare con alcune etichette indie, booking ed uffici stampa, imparando logiche e dinamiche dell’habitat musicale non solo dalla parte dell’artista, ma anche del booker, promoter, a&r; in parallelo ho iniziato l’esperienza MagmatiQ Records, e intrapreso il mio cammino nel tunnel della musica elettronica, ed ora mi muovo in questi vari ambiti.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Ho iniziato a suonare il pianoforte a 5 anni, lezioni assidue, teoria, solfeggio, ma, a parte per brevi periodi, non ricordo mi avesse mai appassionato più di tanto, così intorno ai 12 anni ho abbandonato tutto; sebbene poi abbia imparato da autodidatta a suonare altri strumenti e non abbia mai abbandonato la musica, un po’ di rimpianto per aver mollato a posteriori c’è, ma ho ripreso gli studi di recente, quindi sto rimediando dai.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
A volte l’esser parte di un cartellone importante insieme ad artisti di grande richiamo, è più una tacca da curriculum che non una situazione da ricordare. Magari si suona senza adeguato soundcheck, senza luci o visuals e ad orari discutibili, quindi spesso ricordo con più piacere situazioni inaspettate e meno ”di richiamo” ma in cui tutto ha funzionato e la gente era tanta e partecipativa, piuttosto che vedere il mio nome nel roster di un festival con artisti di fama mondiale.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Sono da sempre appassionato di cinema, serie tv e videogames, e negli ultimi tempi soprattutto mi sono rimesso a smanettare anche con grafica e video; praticamente amo tutto quello che si può fare con il culo su un divano ed un monitor davanti agli occhi. Tra le attività che non necessitano uno schermo, la cucina è quella che amo di più, essendo un fissato del buon cibo: piuttosto che mangiare male, non mangio.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Essere nato in Italia. O meglio, che l’Italia degli ultimi trent’anni, in cui sono nato e cresciuto, sia il paese che è diventato.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Rieccoci ad un’altra domanda straziante. Va beh, proviamoci. Escludendo tutti i nomi già citati nella prima domanda (di cui consiglio le intere discografie a prescindere) direi, in ordine sparso: Miles Davis (Bitches Brew, 1970), Burial (Untrue, 2007), () dei Sigur Ros (2001), Battles (Mirrored, 2007), un qualsiasi disco dei Massimo Volume, le colonne sonore di Cliff Martinez e Clint Mansell, e tanta musica classica, da Bach fino a Steve Reich e Max Richter.
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Sono stato un accanito lettore di libri e fumetti in passato, ma negli anni a malincuore ho ridotto drasticamente il tempo passato sui libri: ora sto rileggendo “Italia De Profundis” di Giuseppe Genna, che già mi aveva colpito e destabilizzato quando era uscito, e che ora in seconda lettura sto apprezzando ancora di più. Sui film invece non ho mai smesso di essere un consumatore assiduo ed onnivoro: partendo dai più recenti, tra le pellicole candidate o premiate agli Oscar ho apprezzato soprattutto “Dallas Buyers Club”; mi hanno poi ultimamente colpito film particolari come “Beasts of the Southern Wild” e “Kynodontas”; sono un amante del cinema orientale, da Wong Kar-wai e Kim Ki Duk fino a Kitano e Takashi Miike, oltre ai capisaldi Truffaut, Woody Allen e Jarmush. Tra gli italiani ovviamente Fellini sopra tutti; amavo molto il primo Salvatores, ed apprezzo, ma con una certa discontinuità, Garrone e Sorrentino. Le serie tv sono però la droga del nuovo Millennio: assolutamente imprescindibili Black Mirror, Breaking Bad, True Detective, Sherlock.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Normalmente sono molto prolifico, ma altrettanto selettivo sul materiale da pubblicare. Durante lo scorso anno ho invece prodotto moltissimo materiale, estremamente eterogeneo, e a differenza degli anni precedenti la quasi totalità delle produzioni mi soddisfa. Solo ora sto definendo le releases, scegliendo cosa pubblicare e quando; tra il materiale già pronto ho accumulato tre EPs di Daemon Tapes, due EPs ed un album live in studio come AntiteQ, oltre a remix e collaborazioni varie; tra queste tracce (che spero di pubblicare al più presto) ce ne sono alcune che mi piacciono molto, e in cui noto una personale evoluzione come suono, come approccio e come resa rispetto alle precedenti.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media on line…
A questa domanda potrei rispondere sfiorando picchi di prolissitudine mai visti prima, visti i molteplici aspetti e punti di vista da analizzare. Sono un po’ figlio dell’immaginario musical/discografico pre-2000, e spesso penso con rimpianto a quando da ragazzino in provincia dovevo farmi un’ora di treno per andare a comprare un disco: a parte l’oggettiva evoluzione tecnologica, credo che culturalmente, socialmente ed economicamente l’ambiente musicale non si sia adattato al meglio a questi cambiamenti. Che la musica sia ora facilmente raggiungibile da tutti, e che ci sia stato un incremento della fruizione musicale, è cosa buona e giusta, ma il risultato è stato un impoverimento generale, sia economico che qualitativo. La comunicazione, da sempre obiettivamente importante nella musica, ora conta forse più dell’intrinseca qualità di un progetto: con così tanta gente che suona, ovviamente è più alta la percentuale che escano dei veri talenti, ma il rischio che questi vengano sommersi e nascosti dalla massa di mediocri che meglio gestiscono la propria comunicazione è altrettanto possibile.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Sono un noto isolazionista, ho iniziato a produrre musica elettronica dopo anni passati a suonare in band, proprio per la totale autonomia ed indipendenza che questa mi consente, e nelle collaborazioni sono un po’ un despota; dopo questa sconfortante premessa, ritengo comunque importante avere un’opinione esterna sulle proprie produzioni, ma non è facile scegliere di chi fidarsi. Quando qualcuno mi chiede un’opinione su una traccia sono spietatamente sincero, ma indubbiamente presto molta attenzione a quello che ascolto. Non tollero invece quando sto facendo ascoltare a qualcuno una traccia su cui sto magari lavorando da mesi, e questo dopo dieci secondi di brano inizia a sentenziare. Sono inutili tanto i complimenti fine a sé stessi, quanto le critiche gratuite e superficiali, e di questi feedback faccio volentieri a meno. La scorsa estate avevo invece un paio di brani su cui stavo lavorando ormai da troppo tempo, senza mai esserne soddisfatto appieno, così li ho dati a Jo Ferliga (Aucan) per mix e master, con la facoltà di cambiare qualcosa anche su suoni e struttura se ne sentisse il bisogno, e con pochissimi aggiustamenti li ha svoltati. Ecco, sia Jo che Fra hanno la mia stima per il lavoro che fanno e per come lo fanno, due professionisti, cosa anomala in Italia. Per il resto, alcuni producer di cui stimavo molto i lavori, conosciuti personalmente non hanno confermato la stessa stima a livello umano; spesso meno sai e meglio è, quindi continuo a puntare ad uno split con Burial.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Rimanendo nel musicale, per non incappare in denunce penali, ne potrei citare a decine. Ad esempio quando, alcuni anni fa, mentre suonavo live a Marina di Ravenna con Matteo Scaioli, nel momento di più grande pathos della performance, un ubriaco voglioso di salutare il dj dietro di noi, stacca la ciabatta cui è collegato l’intero locale. Oppure quando durante un controllo a Verona, l’ispettore SIAE rimase due ore di fianco a me in consolle a trascrivere a mano, al buio, e tra gli insulti perenni da parte del pubblico, tutti i dischi che mettevo, mentre io sceglievo solo tracce dal nome impronunciabile, tra cui l’intera discografia di Dominik Eulberg (con titoli come Die Invasion Der Taschenkrebse, Das röhren der rotwildbrunft, per farsi un’idea).
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Io non vedo nessuna scena parlando di musica elettronica, è proprio questo il problema. Vedo tante micro-scene locali, più o meno valide, vedo molti producers di alto livello, vedo alcuni festival degni di nota, ma una scena proprio no; solo un numero imprecisato di dj e producers, più o meno accomunati da fascia di età, ascolti, gusti, influenze, ma nulla più. La qualità e le idee non mancano di certo, manca tutto il resto in Italia: non c’è un locale di riferimento il quale non rischi la chiusura da un momento all’altro, una rivista o un sito all’avanguardia che sposti davvero l’attenzione, un ufficio stampa ed un booking settoriali specializzati sull’elettronica. Non mancano le eccezioni certo, ma sono situazioni estemporanee, oppure eccezioni, e sono troppo poco per vederci una scena intorno.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto iniziando a lavorare un po’ più seriamente a dei progetti audio-video di cui curo entrambi gli aspetti, sto producendo materiale per un album, dopo questa serie di EPs accumulati negli ultimi mesi, che spero di riuscire a pubblicare in tempi brevi, stanno partendo nell’imminente alcune collaborazioni molto interessanti, c’è qualche data (live AntiteQ e djset Daemon Tapes) in via di definizione e qualche viaggio all’estero…
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
A mio parere, miglior brano e miglior video del 2013: Onehotrix Point Never “Still Life (Betamale)”