La prima volta che siam venuti a contatto con Cubedivision è stato alcuni mesi fa, in occasione del suo “Gamma”. Di lui ci colpirono la professionalità, la serietà, il profilo pulito e impeccabile dei suoi suoni, una combinazione di elementi che ne facevano uno di quegli ascolti robusti, di peso, che non capitano spesso. Fu allora che ci rendemmo conto di come spesso le qualità di noi italiani cozzino con gli stereotipi che spesso ci etichettano, e “Gamma” rappresentò uno dei diversi esempi possibili di come “essere italiani” significhi tante cose, non sempre scontate, non sempre riconosciute. Quest’anno è tornato con un nuovo album, “Terra”, una tappa stavolta più abrasiva e tagliente di un percorso in crescita, sempre capace di agitare i fantasmi della nostra psiche, ma che eppure non diventa mai pesante, offrendo una fantasia che ti invoglia costantemente ad approfondire. La capacità di avvolgere l’ascoltatore e condurlo fino in fondo, nella propria introspezione e lungo la sequenza di ascolti, è una virtù sempre più rara. Ci riescono in pochissimi. Ed è bellissimo scoprire che tra quei pochissimi c’è anche gente di casa nostra.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Ascolto musica da sempre, sono fortunatamente cresciuto in una famiglia dove il giradischi suonava quasi tutto il giorno, ma il primo vero impatto che mi ha fatto innamorare e sognare di diventare dj è stato con l’album “It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back” dei Public Enemy, comprato a 14 anni in un piccolo negozio di dischi di Piacenza. Da quel momento il concetto di giradischi è cambiato radicalmente e poco tempo dopo avevo le 50 lire incollate sulla puntina di un vecchio Pioneer a cinghia. Da allora quella magia non mi ha più abbandonato.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
È stato appena ho iniziato a suonare nelle feste e nei piccoli locali della zona. Sono sempre stato molto timido anche se sono un “animale sociale”, la musica mi ha permesso di vincere molte paure e di comunicare sentimenti che difficilmente sarei stato in grado di esprimere a parole. Ora sono un po’ più disinvolto, ma protesto, mi arrabbio ed esprimo amore e dissenso sempre attraverso la musica.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Non ho mai avuto veramente momenti di crisi, però molte volte mi preoccupa il pensiero di non essere all’altezza, di non aver fatto bene. La passione però è sempre rimasta intatta e per difenderla ho sempre cercato di mantenere il lato musicale separato da quello lavorativo, per poterlo condurre liberamente, senza vincoli e compromessi.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Di sicuro l’incontro con il mio “socio” Emilio EMX Solenghi con il quale 15 anni fa ho fondato Dabasscrew. Da quel momento abbiamo sempre suonato insieme condividendo esperienze musicali ed artistiche a 360°. Ultimamente invece, i miei progetti come producer a nome Cubedivision che mi hanno ridato nuova energia e voglia di studiare.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Per anni, unita e di pari passo alla passione musicale, c’è stata quella per lo skateboarding; ho sempre avuto la tavola e ho girato fino a poco tempo fa quasi tutti i giorni. Poi le ginocchia hanno mollato il colpo e ora sono pensionato a rotelle, ma mi rimangono sempre nel cuore gli amici, il casino e l’energia che solo questo sport anarchico (che “piace a chi non piace”, come diceva qualcuno) è in grado di dare.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Mi piacerebbe aver studiato più seriamente le basi della teoria musicale, in modo da avere ora maggiore padronanza tecnica. Oggi seguo con interesse i nuovi corsi nati in Italia sulla produzione di musica elettronica, legati anche ai vari conservatori, estremamente professionali e formativi per chi vuole affrontare l’argomento con serietà e impegno, ma gli impegni lavorativi per ora mi tengono lontano dal tornare sui banchi.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
L’unico consiglio che mi sento di dare è quello di ascoltare tanta musica indipendentemente dai generi e divertirsi. Tra gli album che preferisco ci sono però in ordine sparso:
1. “It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back” – Public Enemy
2. “New Forms” – Roni Size & Reprazent
3. “Funcrusher Plus” – Company Flow
4. “Gesamtkunstwerk” – Dopplereffekt
5. “The Orb’s Adventure Beyond the Ultraworld” – The Orb
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
In biblioteca, tutto Philip K. Dick, Ballard, ma anche Lovecraft, Burroughs e Borges. In videoteca (vecchio ricordo) i primi che mi vengono in mente: “Videodrome” di Cronenberg, “Shining” di Kubrick, “Mulholland Drive” di Lynch e “L’infernale Quinlan” di Welles.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Per ora le produzioni a nome Cubedivision, per le quali ho curato anche l’artwork, essendo la grafica la mia professione. Sono riuscito dopo tanto tempo a creare un progetto interamente personale dove suoni e immagini non hanno filtri e vincoli di alcun tipo. Libertà assoluta di raccontare una storia.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line…
Uso il web ormai da 15 anni per lavoro e non potrei più concepire comunicazione senza questo media. Conoscenza infinita in tempi infinitesimali, in poche parole nitroglicerina per curiosi e menti affamate. Bisogna però anche staccarsi dal virtuale e tornare a ricostruire il rapporto fisico con le persone, per non diventare come le teste di Futurama.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Tra gli amici sicuramente il mio socio Emilio Solenghi, Sigmatibet & John Belpaese, Massimo Paramour e Dario BRD Zarini; producer e persone eccezionali che mi hanno sempre aiutato. E poi Adeh, Go Dugong, Lapelupo, Dracula Lewis e Palm Wine che con la loro bravura hanno reso internazionale la piccola città di Piacenza.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Tra le serate matte che ricordo più volentieri ci sono quella in COX18 a Milano con Sigmatibet & John Belpaese durante la quale, nel delirio generale, ci hanno lanciato un manichino sul palco, e la serata al CSOA – Il Mulino di Lugano, dove sul palco invece i ragazzi lanciavano cime di erba.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
La scena italiana è sempre stata ricca di persone di grande talento. Il problema è che in Italia, per molto tempo, il talento non è stato considerato una dote, né in ambito musicale né nell’arte in generale. Il genio, la libertà e l’indipendenza di pensiero hanno sempre dato fastidio, distruggendo l’arroganza e il conformismo sui quali molti hanno fondato la loro storia e la loro carriera.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Naturalmente, terminato un progetto indipendentemente dal suo esito, si pensa già al successivo. Per ora porterò in giro con Dabasscrew il live legato all’album “Terra”, poi sicuramente qualche concerto in più e maggiori frequentazioni di cinema e librerie, per dare benzina al cervello.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.