Marco Socci, in arte DJ Soch, rientra in quella schiera di artisti che da quasi trent’anni arricchiscono, imperturbabili, il nostro movimento di passione, energia e talento. Nato a Foligno, proprio qui inizia un percorso che, primavera dopo primavera, l’ha portato a diventare resident di una delle realtà più belle della scena italiana: il Serendipity. Se avete avuto la fortuna di scambiarci quattro battute, magari attingendo al suo inesauribile background musicale, sarete certamente rimasti impressionati dall’autenticità e dalla consapevolezza delle sue parole, ragione per cui siamo felicissimi di averlo sulle nostre pagine con la sua musica – a proposito: se non l’avete ancora fatto, date un ascolto alle release della sua label, la Black Angus Records – e con il suo amore infinito per il vinile.
Oggi Giant Steps vi porta nel cuore dell’Umbria. Buona lettura e buon ascolto!
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Fin da piccolo ero attratto dalla musica e dalle percussioni. Mi ricordo che a fine delle scuole medie i professori interpellavano i genitori per consigliargli, secondo le attitudini degli alunni, quale fosse l’indirizzo migliore per loro. A mia madre dissero di farmi fare il conservatorio ma “ovviamente”, senza pensarci troppo, mi hanno segnato ad un istituto tecnico commerciale.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Volevo esprimermi musicalmente, ma non sapevo suonare uno strumento. Conoscevo però un ragazzo più grande di me che aveva a casa sua tutta l’attrezzatura per mixare e quando lo vidi all’opera la prima volta pensai che anche io sarei potuto diventare un dj e che attraverso la selezione dei brani e l’arte del mixaggio avrei potuto trasmettere qualcosa. Un mixato, un dj set è per me come un viaggio e la selezione dei dischi da mettere è importantissima, cambiando la selezione cambia il mood cambia la storia: il dj per me è come un maestro di orchestra!
Le produzioni sono avvenute più tardi: quando io ho iniziato a mixare – e ti parlo di più di venticinque anni fa – farsi uno studio era davvero dispendioso. È passato diverso tempo, infatti, prima che uscisse il mio primo mix. Era il 2001 per la Deep Touch Records di Miami, in collaborazione con Joe Montana uno dei più proliferi e rispettati dj/produttori italiani di quegli anni.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Il più grosso momento di crisi è stato quando è mancato mio padre. Lavoravo con lui, ma le cose non andavano bene né al lavoro né tra di noi: è stato sempre difficile comunicare con lui, era una grande persona con grande carisma, seria e sicura delle proprie idee. Io già prima che si ammalasse iniziai a soffrire di attacchi di panico; non vivevo bene questo rapporto sia lavorativo che personale, quando venne a mancare mi crollò tutto addosso e la mia situazione peggiorò…il lavoro, le responsabilità e le preoccupazioni assorbirono tutto me stesso. È stato un lungo periodio, riuscivo a ricavarmi un po’ di tempo fare qualche serata per produrre qualcosa, ma la testa stava sempre altrove. Le produzioni ripartirono nel 2009 con la mia prima label, Mind Your Hate…è stata lunga e dura! Ora “rivivo” ma qualche domanda rimane sempre, i periodi di crisi se pur brevi ogni tanto ricompaiono.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Non so cosa dirti forse, quando Giampiero Stramaccia, art director del Serendipity, mi diete l’opportunità di diventare uno dei dj resident del club cinque anni fa. È stato come se mi avessero dato una seconda vita e dal punto di vista artistico una seconda chance.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Facendo anche un altro lavoro, praticamente il mio tempo libero è quasi pari a zero! Comunque mi piace fare sport, leggere (anche se è da molto che non riesco a dedicarmici), vedermi qualche bel film; mi piace il modernariato e il mangiar bene. Effettivamente il tempo libero mi manca molto e mi servirebbe per ricaricarmi di energie e per andare in studio con la mente libera.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Rimpianti forse uno quello di non aver imparato a suonare uno strumento. Grazie ad un buon orecchio strimpello accordi e me la cavo abbastanza bene…ma suonare è un’altra cosa!
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Allora non è facile, anzi quasi impossibile…cinque sono troppo pochi!
Te ne elenco alcuni ai quali sono affezionato e sono collegati a dei momenti della mia vita, vanno al di là della bellezza e dell’importanza.
Il primo è un LP degli Abba, “Super Trouper” del 1980. Era l’unico disco dance che aveva mio padre, mi ricordo che la domenica era l’unico giorno dove mio padre riusciva a staccare dai pensieri del lavoro e la mattina a volte quando ci alzavamo metteva questo disco, è un bel ricordo.
Il secondo “Paid in Full” di Eric B & Rakim. Era il 1987, io e i miei amici Oskee e Korea passavamo i pomeriggi a reppare e screcciare sopra i dischi di Run-Dmc, Public Enemy, L.L. Cool J…
Il terzo è il various The House Sound Of London – Vol. IV – “The Jackin’ Zone”. Era 1988/89, gli anni della acid house, questo disco lo comprai una mattina alla Standa, assieme a un mio grande amico nonché dj Stefano Tucci. Quella volta c’era sciopero a scuola e lo invitai a casa mia a mixare…erano le prime volte che ci frequentavamo!
Il quarto disco è “The Whistle Song” di Frankie Knuckles del 1991. Per pochi mesi non ero ancora maggiorenne, era estate ed ero in vacanza a Riccione; andai a ballare al Peter Pan e Renzo Master Funk (a mio avviso uno dei più bravi dj italiani di quegli anni) mise su questo brano come ultimo disco creando un’atmosfera magica, difficile da spiegare, solo chi ha vissuto i club in quegli anni può capire! Il club non è un festival il club è una cosa “intima” i locali di adesso sono come dei festival al chiuso e hanno poco di club!
Ok sono al quinto, cavolo dovrei metterne uno attuale altrimenti le persone che non mi conoscono potrebbero pensare che sono un nostalgico…ma continuo con la storia, che mi diverte davvero molto! Il primo disco con il quale aprii il set nel primo club dove suonai come resident dal 1992 al 1994: The Reese Project “The Colour of Love”, prodotto da un certo Kevin Saunderson. Comunque emozionato salii in consolle misi questo disco e svuotai mezza pista! Il club era un locale commerciale e io mi occupavo di aprire e chiudere le serate con la mia House Music ! Devo comunque ringraziare molto i titolari e tutto lo staff che facevano il tifo per me che ero un giovanissimo dj !!
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Come detto, non riesco a leggere diverso tempo, però ti consiglio Ta –Nehisi Coates “Tra me e il Mondo”: l’ho comprato da poco promettendomi di ritrovare il tempo per ricominciare a leggere e devo dire ha belle premesse. Per quanto riguarda i film sono appassionato di tutti i film di Tarantino, Spike Lee, Woody Allen, giusto per citarne alcuni…
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
La mia nuova label, Black Angus Records, mi sta dando belle soddisfazioni: dj internazionali, come Ben Sims, Loco Dice e Steve Lawer (per citarne alcuni di quelli più famosi e main stream) hanno apprezzato molto le uscite suonandole in giro per il mondo, pur proponendo un sound diverso dal loro. È sempre una soddisfazione quando un professionista apprezza il tuo lavoro e lo fa gratuitamente senza neanche conoscerti! La prima uscita della label ha ottenuto una bellissima recensione su Resident Advisior ottenendo un bel quattro su cinque, mentre l’ultima release ha superato le vendite di tutti gli altri portando a casa molti feedback!
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media online…
Troppo di tutto, tutto di troppo. Pensavo che con il tempo andasse scemando e invece è la gente che sta diventando scema!
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
I dj che frequento di più sono quelli con cui condivido la consolle al Serendipity: Franco B, Giesse e Marco Ragni. Oltre ad essere ormai amici, c’è sempre un bello scambio, c’è una sana competizione…ogni uno di noi ha la propria personalità musicale !
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Trovarmi a chiudere le serate in back-to-back con Joy Anderson, Trus’me, Ryan Elliot, Tom Trago…
Passi sbagliati: quali sono le cose che più di danno fastidio nella scena musicale italiana?
Non dico nulla, non ci spreco più parole. È un problema di cultura: noi italiani siamo bravi a non saper valorizzare le cose belle e buone che abbiamo, non siamo un popolo unito ed è difficile che possiamo crescere. Dagli anno ’90 ad oggi siamo andati solo che indietro e dovrebbe succedere il contrario, siamo pieni di bla bla bla.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
In porto ci sono alcune uscite, la prima sulla Wound Music con remix dei Bassa Clan, mentre la seconda sulla Puas Puas di Valerio!, il primo a contattarmi per avere una mia release dopo aver ascoltato e suonato fino allo sfinimento “Kick, Tom & Hi-hat Vol. 1” (l’EP conterrà anche il remix di Simoncino). Prima dell’estate sarà la volta di “Kick, Tom & Hi-hat Vol. 4” con remix dei Minimono. Sto lavorando ad un nuovo progetto “Pelati Riviera” creato con Rame dei Pasta Boys e Franco B: ci saranno delle uscite e delle ristampe dei classici della Irma Records con dei nostri remix…questo progetto mi diverte perché il sound è proprio quello con il quale sono cresciuto e che mi ha influenzato!
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.