Ultimo di una serie di pseudonimi che gli hanno permesso di spaziare dall’ambient fino alla drum ’n bass, Dona è lo pseudonimo con cui il pugliese Dona Basile ha scelto di prendere di petto il pubblico di nottambuli che non sa resistere al suono sintetico-analogico di matrice americana. Quella del pugliese è una storia tanto nuova quanto ricca, che va a braccetto con quella della sua creatura, la Points Records, attraverso la quale ha pubblicato i suoi lavori e ospitato artisti coriacei – di ieri e di domani – capaci di marchiare indelebilmente (e in modo unico) la sua musica.
Stiamo parlando di Anthony Shakir, Juju & Jordash, Patrice Scott, Vakula, Hiver, D’Marc Cantu e Fabio della Torre; stiamo parlando dell’ennesima riprova di quanto la Puglia e i suoi protagonisti abbiano saputo cambiare l’orientamento della bussola dell’underground italiano, contrapponendo all’effimera estate una passione e una consapevolezza forti trecentosessantacinque giorni l’anno.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Il brano che mi ha scatenato qualcosa è sicuramente “The Final Countdown” degli Europe. Ero piccolissimo quando il disco venne pubblicato, era l’86/87, ma non dimenticherò mai l’immagine della band in televisione: super capelloni e tutti sudati, che si dimenavano al ritmo di quel synth spaziale. Non so perché, ma fu il batterista quello che mi colpì più di tutti: da lì i miei decisero di comprarmi la prima batteria che era un giocattolo di plastica e venne disintegrato già alla prima sera.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
La musica ha sempre fatto parte della mia vita, accompagnandomi dovunque e da sempre cerco di legare i miei ricordi ad essa, come se questo fosse un “vizio”. Diversamente, ho capito che mi sarebbe piaciuto produrre qualcosa di mio molto più tardi e per caso. Ricordo che ho stressato per tipo un anno un mio amico per passarmi una copia del Reason e dopo averlo finalmente installato non sono uscito di casa per circa un mese; diciamo che il djing è arrivato in età “matura”.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Tasto dolente ehehe. A riguardo ho raggiunto ormai la consapevolezza che ciclicamente e a tratti, per tutta la vita, sarò in crisi musicale. Passo da momenti di frenesia totale ad altri in cui non riesco a mettere insieme neanche due battute. Non so da cosa dipende, probabilmente il fattore emotivo gioca un ruolo fondamentale in tutto questo, ma per fortuna ho imparato a conviverci.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Di certo la nascita della mia label Points. Fino ad ora, a livello musicale è la mia più grande vittoria.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Ora che ci penso l’unica vera, immensa e incredibile passione che ho è la musica e a tutto quello a cui questa è legata: non ne ho mai abbastanza, passo ore ed ore ad ascoltare i generi più disparati e a tratti sento di essere quasi maniacale da questi punto di vista, il fatto è che non sopporto di trovarmi impreparato durante una conversazione e vedere che c’è qualcuno che conosce più musica di me!
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Avrei dovuto fondare la label molto prima, ma a 20 anni non si ha la lungimiranza che si può avere a 30. Altro grosso rimpianto è quello di aver abbandonato gli studi musicali troppo presto.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Pink Floyd – Wish you were here
Depeche Mode – Playing the Angel
Aphex Twin – Richard D. James Album
Arthur Russel – World of Echo
Radiohead – The Bends
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
“Berlino Sono Io” libro di Alessandro Rimassa e “Il Discorso del Re” film di Tom Hooper.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Di sicuro la mia ultima release POINTS004 che vede la collaborazione, come remixer, di due cari amici Pugliesi, gli Hiver (Resident del Dude di Milano) e del “Maestro Assoluto” Anthony Shakir. Aver collaborato con lui per me è motivo di orgoglio assoluto visto che lo considero un mentore, uno di quelli che stanno “lì” mentre tutti gli altri sono “qui”.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media online…
A dir la verità abbastanza bene. Penso che alla fine se non fosse per web e tutto il resto, difficilmente sarei potuto arrivare a collaborare con artisti quali Juju & Jordash, Patrice Scott, Vakula, D’Marc Cantu, Fabio della Torre e lo stesso Anthony Shakir. È sicuramente un mezzo tra me e il pubblico che va utilizzato con le pinzette, si potrebbe passare in un niente dall’essere presente all’esserlo troppo e diventare stressante. Mi piace prendermi in giro e fare ironia sempre e comunque, fondamentalmente perché credo che nessuno dovrebbe sentirsi mai “arrivato”.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Ci sono due persone in particolare che ho fortunatamente incontrato grazie alla musica. Nessuno dei due è producer, ma hanno dalla loro di essere grandi ascoltatori: si chiamato Michele Tansella e Tito Chiricallo, persone praticamente sconosciute al grande pubblico, ma con le quali condivido musica e conoscenze musicali.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Mi è capitata una cosa simpatica poco tempo fa, ma devo prima di tutto che ho difficoltà nel ricordare i nomi e la fisionomia delle persone. Ero in vacanza ad Amsterdam con la mia ragazza e dopo vari giri per coffeeshop (non sono manco un fumatore, immaginate) decido di diggare da Rush Hour. Mentre sceglievo i dischi si avvicina un tipo e si mette nella postazione di ascolto accanto me, tutto sommato mi sembrava uno tranquillo quindi mi metto a sbirciare tra ciò che sta scegliendo e al momento opportuno gli passo una copia del mio POINTS003. Lui se lo ascolta e tutto felice dice “Congrats man, that’s a really good record, I really liked both sides!”. Io, alla Barese maniera, con molta naturalezza mi congedo dandogli una pacca sulla spalla e facendo una battuta sui coffeeshop che nemmeno ricordo. Finita la vacanza rientro a Bari, mi connetto su internet e scopro che era Floating Points!
Passi sbagliati: quali sono le cose che più di danno fastidio nella scena musicale italiana?
La superficialità e la capacità di creare nuovi mostri sacri ogni tre giorni: la gente ascolta poco e ha poca voglia di scoprire, esiste un modo di scopiazzare le mode come da nessun’altra parte al mondo.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ho finalmente ricevuto da poco i master della mia prossima release su More About Music, etichetta inglese che ha pubblicato lavori di artisti tra cui Mike Dunn e gli amici Rio Padice e Massimo di Lena. Prima dell’estate dovrebbe uscire il 5° Points con me ed Eduardo De La Calle ed entro fine anno (altra grande piccola soddisfazione) è in programma una release con i remix di Jamal Moss AKA The Hieroglyphic Being e Hèydergine. Inoltre, ho anche abbozzato un album, ma è ancora presto per qualcosa di concreto.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
Come dico sempre ad un mio caro amico subito prima di suonare questo disco: “Vi volevo raccontare una storia…”