Oggi su Giant Steps siamo particolarmente orgogliosi di avere ospite Edanticonf, artista torinese trapiantato ad Amsterdam che ci ha colpito fin da subito con i suoi risultati artistici: una manciata di EP per Eclipse Music e Silent Season, l’ultimo “Human Body Movement” su M_Rec, l’album su Forest Echo, sempre su Silent Season. Un artista maturo, che nelle sonorità dub techno e ambient esprime se stesso pienamente e grazie alla capacità finissima di smuovere qualcosa dentro, rimane ben impresso in chi ascolta le sue produzioni. Non è un plus banale perché fa la differenza tra un artista e una persona che produce musica qualsiasi e, soprattutto, è un requisito indispensabile per diventare grandi. Edanticonf questo requisito ce l’ha e non poteva quindi mancare su Soundwall.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un`emozione particolare?
Ho iniziato ad ascoltare, a seguire in maniera proattiva la scena e a comprare dischi a circa 16 anni. Per l’età che ho faccio quindi parte di una generazione che ha maturato il proprio interesse verso questo tipo di musica durante uno dei periodi più bui degli ultimi decenni; ai tempi infatti spopolava la corrente minimale ma io non ne sono mai stato particolarmente colpito. Avendo iniziato ad ascoltare principalmente la musica che veniva fatta in quegli anni, oltre alle solite pietre miliari che conobbi a posteriori e oltre alla musica senza tempo e senza spazio di Gerard Hanson che veniva pubblicata su Down Low Music, un artista che mi ha cambiato la vita è stato sicuramente Murcof. Quando nel 2004 ascoltai per la prima volta “Utopía” ne rimasi completamente incantato, in particolare “Ulysses” per me fu uno di quei lavori che ti proietta in un altro mondo.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
È stato un processo naturale e, soprattutto, non sono stato io a cercare la musica ma mi piace pensare che sia stata la musica a cercare me. Come dicevo prima, l’interesse era già vivo in me fin dalla giovane età, poi alcuni eventi personali fecero sì che io iniziassi a sentire l’esigenza di trovare una maniera alternativa di esprimermi, avevo bisogno di una tana metaforica in cui poter trovare rifugio senza pensare ad altro. Dopo un periodo abbastanza difficile finalmente capii che l’unica maniera di combattere il mio malessere era quella di farmi cullare dalla musica, è stata la mia migliore amica per anni e il processo creativo è nato successivamente in maniera estremamente spontanea. Al tempo avevo circa 19 anni e due anni dopo uscì il mio primo EP.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Non ho mai avuto nessun momento di crisi con la musica, al contrario, per seguire il filo, al massimo è stata la musica che mi ha aiutato a superare molti momenti di crisi. Vivendo la produzione musicale in base a ciò che sento, è chiaro che ci sono dei periodi più ispirati e altri in cui sono molto meno produttivo ma non lo vedo come un fattore critico. Fare musica non è il mio lavoro, per me è un semplice mezzo per esprimere una parte di me che altrimenti verrebbe fuori meno facilmente. C’è anche da dire che nel corso del tempo ho lavorato molto su me stesso e ora sono perfettamente in grado di esprimere le mie emozioni anche senza l’ausilio della musica, ma ormai questa è parte integrante di me, per cui periodicamente continuo ad avere il bisogno di isolarmi per produrla. Si può dire che sia come cibo per la mente, e senza mangiare si muore.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Ce ne sono molti, dalle esibizioni in cui dopo che hai suonato la gente ti viene ad abbracciare emozionata, ai semplici messaggi che arrivano dall’altra parte del mondo di persone che ti ringraziano per ciò che fai. Se dovessi rispondere in maniera più concreta direi l`uscita del mio album “Forest Echo” su Silent Season. Dopo l’uscita dell’album l’etichetta è stata selezionata come miglior label del mese da Resident Advisor e le parole dell’articolo descrivevano il mio lavoro come uno dei più completi dell’intero catalogo. È stata una bella soddisfazione, soprattutto perché ai tempi l’album era la mia seconda uscita.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Lavoro e viaggio molto per lavoro, quindi non ho tanto tempo da dedicare ad altre passioni, spesso faccio anche fatica a ritagliarmi il tempo necessario per starmene tranquillo in studio. Detto ciò, anche se spesso ho bisogno di starmene da solo, ovviamente mi appassiona passare del tempo con le persone che amo, dalla famiglia agli amici. In generale cerco anche di curare spirito e corpo, per cui nutro la mente con quanti più stimoli possibili ed il corpo con la buona cucina e tanta attività fisica.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Forse non aver mai imparato a suonare il pianoforte, ma in realtà solo fino ad un certo punto perché in passato ci ho pensato parecchie volte ma ho sempre avuto problemi con il tempo a disposizione per dedicarmici. Di solito quando inizio una cosa la porto avanti in maniera molto determinata, quindi mi sono sempre reso conto che se avessi iniziato avrei dovuto rinunciare ad altre cose che erano più importanti. Poi c’è anche da dire che con le macchine con cui lavoro non è fondamentale avere una formazione classica, ho studiato (e studio) molto da autodidatta ma se negli anni fossi riuscito a trovare il tempo sufficiente ora sarebbe tutto più semplice e divertente.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Selezionandone solo 5 ne lascerei fuori alcuni fondamentali fuori (e già così molti non vengono inclusi), te ne elenco 10 senza ricitare Murcof. In ordine alfabetico per artista:
Aphex Twin – “Selected Ambient Workd 85-92”
Brian Eno with Jon Hopkins and Leo Abrahams – “Small Craft on a Milk Sea
Clark – Turning Dragon”
Donato Dozzy – “K”
Drexciya (The Other People Place) – “Lifestyles Of The Laptop Café”
Jeff Mills – “Sleeper Wakes”
Ø (Mika Vainio) – “Metri”
Plastikman – “Closer”
The Future Sound of London – “Dead Cities”
Uusitalo – “Tulenkantaja”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Sulle singole opere ci perderemmo, ti dirò 5 autori per ognuna delle due categorie, sempre in ordine alfabetico:
Film: Christopher Nolan, Darren Aronofsky, Martin Scorsese, Paolo Sorrentino, Quentin Tarantino.
Libri: Charles Bukowsky, Fyodor Dostoyevski, George Orwell, Jack Kerouac, Thomas Mann.
Passi fondamentali: quale il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Non posso non citare il mio album “Forest Echo” uscito su Silent Season nel 2012, ma anche il primo EP uscito nel 2011 sulla torinese Eclipse Music o l’ultimo EP pubblicato qualche mese fa su M_rec Ltd, che attualmente è anche una delle mie etichette preferite… Posso dire tutto il materiale uscito finora?
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Sicuramente gli amici, dj e produttori con cui sono cresciuto a Torino. Tutte quelle persone con cui ho condiviso le prime idee, le prime tracce, con cui ho suonato nei primi locali e che tanto mi hanno insegnato sull’approccio alla produzione. Ho avuto la fortuna di vivere in anni estremamente vivi dal punto di vista dell’offerta artistico-musicale a Torino, la mia città è stata per molto tempo una roccaforte inespugnabile per quanto riguarda il mondo della musica elettronica di qualità. In questo ambiente ho coltivato amicizie molto preziose e sono cresciuto assieme a persone speciali in un contesto molto stimolante.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line.
L’onnipresenza del web non mi disturba particolarmente, come in tutte le cose basta avere un po’ di buon senso e non usare questo fantastico strumento in maniera ossessiva; io sono piuttosto attivo sul web ma cerco comunque di usarlo a medie dosi senza sostituirlo alla vita reale. Musicalmente ho qualche profilo online ma sono tutti solo in consultazione, per cui ci sono delle informazioni sul web e chi ne è interessato può accedervi. Non ci tengo particolarmente a spingere all’eccesso il mio lavoro, sono molto geloso di ciò che faccio e prima che uscissero i primi dischi a stento facevo sentire le mie tracce ai miei amici. È chiaro che una visione del genere dura fino a un certo punto perché uno dei fini dell’arte è anche quello di cercare approvazione verso un pubblico di interessati, ma c’è modo e modo di farlo… In generale sul web sono anche disponibile al dialogo, rispondo sempre a tutti e vivo i vari social network (musicali e non) come delle piattaforme informative, come se fossero una sorta di sito internet in cui chi vuole può attingere a delle informazioni sul mio operato. Per il resto, grazie all’onnipresenza del web riesco ad essere in continuo contatto e a lavorare con varie persone in giro per il mondo.
Passi incrociati: quale la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Ricordo che una volta arrivai davanti a un locale all’estero in cui quella sera avrei dovuto suonare e il personale all’ingresso non parlava inglese e non credette che io fossi uno degli artisti in programma per la serata (seppur avessi con me il setup per esibirmi… Chi diavolo va a ballare con 10 kg di borse con sé?!). Il problema principale era che non c’era comunicazione e, in più, l’organizzatore con cui ero in contatto era già dentro e io per vari motivi ero arrivato davanti al locale da solo. Dentro il club i cellulari non prendevano e quindi non potevo contattare nessuno ma, per fortuna, alla fine ho convinto il personale grazie a un flyer che ho trovato per terra dove c’era una mia foto. Inutile dire che si siano scusati tutti quanti ma rimane comunque una situazione paradossale e assurda.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
È un discorso delicato e che mi sta molto a cuore ma premetto che questo è il parere di una persona che negli ultimi 6 anni ha deciso di viverne più della metà all’estero (e che è tutt’ora non è residente in Italia). Nonostante ciò, ci tengo a dire che non sono assolutamente uno di quegli italiani che quando è all’estero parla male del proprio Paese, anzi, analizzando però quanto succede in Italia da un’altra prospettiva credo di potermi permettere qualche critica. Da italiano che ha vissuto per almeno 10 anni la scena della musica elettronica e che ha anche avuto la fortuna di viverne altre all’estero, posso dirti che una delle cose che più mi da fastidio è quella di un menefreghismo abbastanza diffuso verso il made in Italy di qualità. Purtroppo infatti, non solo in ambito musicale, in Italia è molto difficile per un giovane riuscire ad emergere solo grazie al proprio talento, questo per varie ragioni e, parlando di musica, penso che secondo me gli italiani sono quasi sempre più interessati a cercare qualcosa di buono fuori dai loro confini, senza però prima guardare cosa fa di buono il loro vicino di casa. Un altro problema è quello del solito fenomeno dei baroni, infatti, come capita anche in vari centri istituzionali del Paese, anche nel mondo del clubbing chi si è creato una situazione agiata in consolle, quasi mai è pronto a mettersi in gioco dando spazio alle nuove leve. Esiste poi il solito tipico problema italiano, anche questo estendibile ad altre realtà, della poca meritocrazia, per cui capita quasi sempre che chi suona in Italia non lo fa perché è il più bravo ma, invece, perché ha altri “meriti” (come quello di essere un bravo PR, o quello di avere le giuste conoscenze, tutte cose che dovrebbero essere slegate da una performance artistica). Paragonando le varie scene che ho vissuto, in molti Paesi questo non accade e se non ci sai fare dietro la consolle non duri, perché sicuramente c’è qualcuno che quel posto se lo merita molto più di te. Questi sono i problemi maggiori che riscontro io e il risultato finale è che i nostri talenti finiscono per esportare il loro lavoro all’estero, dove spesso questo viene molto apprezzato grazie a un contesto più flessibile, sensibile, e attento a certi temi. Considera che dove la realtà è più flessibile le organizzazioni collaborano al posto di farsi la guerra, le persone sono più aperte mentalmente, nei locali viene dato molto spazio ai dj/produttori locali, tanto che in certi casi questo diventa addirittura un marchio di fabbrica e un motivo di successo. Ad ogni modo, in Italia esistono anche delle realtà che investono molto sulle risorse locali ma sono partiti minoritari di nicchia. A me è capitato spesso di suonare in contesti simili, soprattutto a Torino e magari assieme al meglio della scena locale, e quasi sempre queste serate hanno avuto un’affluenza molto bassa. L’Italia è un paese in cui la sostanza non è sufficiente a creare i giusti presupposti per stimolare l’interesse del pubblico, ma forse in generale l’idea che questa basti per fare serate di successo è un po’ utopica. Mi è venuto semplice l’esempio delle serate ma lo stesso discorso vale per chi gestisce un’etichetta con un rooster di soli artisti locali o altro. Per concludere, con questo non voglio dire che sia semplice creare una situazione non commerciale ma comunque interessante facendo in modo che questa funzioni e sia solida nel tempo, però ti assicuro che mi è capitato infinite volte di andare a qualche serata dove il cartellone era di soli resident e di finire in un locale completamente pieno, magari anche quando la stessa sera c’era in programma uno dei soliti nomi che si esibiva in un altro club. Mi è capitato, però non ero in Italia…
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Da poco mi sono trasferito ad Amsterdam e in questo periodo sto organizzando il mio studio in Olanda. In generale comunque nei prossimi mesi uscirà qualche singolo ed è da qualche tempo che sto anche mettendo assieme del materiale per il mio secondo album. Non so esattamente quando sarà pronto ma sto facendo un accuratissimo lavoro di selezione per strutturarlo come un vero e proprio percorso personale, vorrei riuscire a tradurre in musica ciò che sento e quanto è cambiato dall’uscita del mio primo album nel 2012. Il processo creativo di un lavoro del genere richiede molto tempo e va affrontato in maniera intima e personale, e questo è ciò che sta accadendo. Ci saranno anche delle date, sia all’estero che in Italia.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.