Furtherset è giovane, davvero molto giovane, ma ricordo di averlo conosciuto musicalmente diversi anni fa. Basti pensare che il suo primo lavoro, “Old Quantum Theory”, è stato prodotto e pubblicato quando Tommaso Pandolfi, questo il suo vero nome, aveva sedici anni. La sua forza risiede nelle atmosfere, a tratti complicatissime, a tratti semplici come ingranaggi di orologio settati alla perfezione. Ciò che resta costante, però, è il livello emozionale che riesce a sprigionare da ogni traccia. Probabilmente, per quanto riguarda Furtherset, il termine Enfant Prodige è più che azzeccato.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
“By This River” di Brian Eno, sicuramente uno dei suoi pezzi più toccanti, e più canticchiati e fischiati da me quando sono da solo, nonché il pezzo che mi gira più dentro la testa normalmente.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Credo di averlo capito da poco tempo, più o meno da quando ho finito di lavorare al mio ultimo album, “How To Be You”. Prima aveva più un aspetto di gioco, mentre da quel momento è diventato qualcosa di estremamente serio per me. Ovviamente la dimensione del gioco è fondamentale in quella che è la produzione musicale, o artistica in genere, ma è solo un aspetto del tutto, non la parte più rilevante. La musica sarà sempre una parte importantissima della mia vita: è uno dei pochi mezzi tramite i quali posso continuamente rimettere in discussione me stesso, mediare la mia esperienza con gli altri e trasformarla in qualcosa di diverso. Mi aiuta e mi completa, diciamo.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Sono continuamente in un rapporto di crisi con quello che faccio, e ciò deriva dal fatto che la musica e il disegnare, lavorare graficamente alla mia musica, sono esclusivamente prodotti dalle mie esperienze, da quello che vivo. Il rapporto con me stesso, con l’interpretazione che spesso faccio delle mie esperienze, e con quello che desidero e vorrei fare, non può che rispecchiarsi in quello che faccio in studio. La crisi costante che vivo, nel mio rapporto con la musica, è quella di chiedermi in ogni istante se quello che faccio abbia un senso, non per me, ma per chi mi sta intorno, cercando di capire se ho veramente qualcuno vicino a me che crede in quello che faccio. So’ che queste persone ci sono e ci saranno, ma continuo sempre a chiedermelo. E’ una cosa che potrebbe risultare sia problematica che molto utile: è un modo per produrre significato e dare senso a quello che faccio, fa in modo che tutta la mia produzione musicale sia indirizzata non solo a me e non sia autoreferenziale, ma che sia anche prodotta dagli altri e diretta agli altri, alle persone che poi mi sono care.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Dal punto di vista umano, conoscere bellissime persone, brutte persone, fare nuove e tante esperienze, ridiscutere sé stessi. Molti dei miei più cari amici li ho potuti conoscere solo grazie a quello che è stato, ed è, il mio percorso musicale. Dal punto di vista “professionale”, invece, sono vari: suonare diverse volte a Dancity, partecipare al roBOt festival, Club To Club, Flussi. Suonare a Bologna con i ragazzi di Habitat e a Imago. Quasi tutte le date che ho fatto sono state molto belle e ne sono veramente felice. Una cosa della quale sono veramente fiero (e poche volte lo sono) è stato suonare a Disslab, l’ultimo evento organizzato da Dissonanze, e spesso ripenso con tristezza al fatto che quel percorso non sia potuto continuare. Passi poi importanti dei quali sono molto felice sono stati quelli delle uscite che ho fatto: i due album, i vari EP, i remix.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Oltre che la musica, ho la passione per il disegno e le arti visive. Non che sia un grande mago nell’ambito, però me la so’ cavare e riesco a curare, ora, gli artwork per esempio delle mie uscite. L’anno scorso ho lavorato anche una serie di t-shirt con un negozio di Perugia, Taboo. Ora invece sono molto contento di essere stato incaricato di curare l’aspetto grafico della stagione 2014/2015 di Bellaciao, la serata di Ralf a Perugia. E’ un ambito nuovo e stimolante a livello artistico, e se c’è molta libertà d’azione, che ho, la cosa è ancora più produttiva. Ultimamente poi mi piace lavorare ai visual dei miei live, insieme al mio socio Alessandro Biscarini (che ne sa più di me in questo ambito e li gestisce dal vivo), girando da solo o con lui ciò che poi sarà proiettato dietro al palco che condividiamo.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Non ho rimpianti. Non ne sento la necessità, e non riuscirei a dargli uno scopo. Avere troppi rimorsi verso il passato non può che ostacolare tutti i passi successivi. Questo non significa non considerare minimamente il passato, ma inquadrarlo in un’ottica complessiva proiettata in avanti.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
“Before and After Science”, Brian Eno.
La sinfonia n.5 di Gustav Mahler, diretta da Claudio Abbado con la Berliner Philharmoniker.
“Daydream Nation”, dei Sonic Youth.
“Loveless”, dei My Bloody Valentine.
“Laughing Stock”, dei Talk Talk.
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Dei libri che sto leggendo, consiglierei “L’arcobaleno della gravità” di Thomas Pynchon (nonché la versione illustrata di Zak Smith), “La violenza e il sacro” di René Girard, e “Massa e potere” di Elias Canetti, che sto leggendo per un esame di antropologia, ma è veramente bello e ne vale la pena. Di quelli che ho già letto, “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov, “Palomar” di Italo Calvino, “L’incanto del lotto 49” sempre di Pynchon, “Watchmen” sia il film che il fumetto ma particolarmente quest’ultimo, “La boutique del mistero” di Dino Buzzati, “L’Aleph” e le “Finzioni” e le poesie di Borges, e quelle di Montale. Di film non capisco molto, sono uno che ha visto 12 volte l’ultimo Batman di Nolan, ecco.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Tutti quelli che ti ho citato prima a proposito dei passi più importanti, insieme a tutti quelli che ora non mi vengono in mente.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line…
C’è, serve, è utile, ma bisogna ponderarla, come qualsiasi cosa. La musica deve esistere prima di tutto come veicolo di significato per gli altri nonché per sé stessi, non come mezzo di approvazione popolare della propria persona.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Sicuramente Alberto Ricca (Bienoise) è quello con il quale ho più affinità e sono a più stretto contatto musicale. Nell’ultimo anno è stato lui ad occuparsi di tutti i mixaggi e mastering della mia musica, oltre che essere un amico. Forse in futuro riusciremo a fare qualcosa insieme, anche se nei prossimi mesi uscirà un mio remix per lui. Con Filippo Moia (Osiris) poi, oltre che essere amici, ho una forte affinità musicale nonché umoristica, e mi farebbe piacere trovarmi con lui che apre o chiude o fa entrambe le cose quando suono. C’è molta affinità poi con Alessandro Biscarini, mio amico dagli anni delle medie, con il quale ho collaborato musicalmente ma che ora lavora insieme a me ai visual del mio live, nonché ai miei video futuri. Poi c’è Giorgio (The Dose), un mio carissimo amico di Perugia, nonché bravissimo dj, con il quale condivido oltre che passioni come la jungle, la cultura rave e tantissimo tempo in libreria a osservare le persone che comprano libri orribili, il gusto per l’assurdo e il paradossale.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Qui ce ne sono due belle. Una volta a Brooklyn ho chiesto indicazioni stradali a Holly Herndon e me ne sono accorto solo dieci minuti dopo, andando all’Issue Project Room. Un altro avvenimento simpatico fu circa due mesi fa, quando Filippo Moia (Osiris) mi chiese, mentre suonava, di strappargli la maglietta, cosa che ho fatto: quando siamo insieme nello stesso luogo è un disastro, ecco. Per gli altri, non per noi. Considererei assurda ogni situazione dove sia presente Micamat: ogni volta è successo qualcosa di esilerante.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Non saprei darti una risposta precisa a questa domanda. Sicuramente non si può creare una scena musicale italiana unica (inteso come entità singola, unita, organica), sarebbe una pretesa che va oltre un qualsiasi principio di realtà fattuale. Manca ovviamente una sana dose di comunicazione, e non è detto che questa debba portare a una sintesi finale positiva dove tutti siamo felici e contenti e collaboriamo. Con comunicazione intendo contatto fra artisti, fra festival e istituzioni, fra organizzazioni e istituzioni. Ovviamente non si può comunicare o pretendere di avere risultati da corpi statali che non sanno minimamente cosa farsene della produzione culturale di un certo tipo, sempre che la capiscano un minimo. Manca poi un pubblico che possa capire determinati linguaggi, e di conseguenza spesso i locali, anche se ci sono belle realtà alla quale ho avuto la fortuna di partecipare. Ovviamente non è un puntare il dito e dire che gli altri sono ignoranti: se non c’è possibilità comunicativa è perché non c’è condivisione di linguaggi con il pubblico. E la questione non è che si possa risolvere affermando che l’una o l’altra parte debba adattarsi alla situazione: è una realtà molto complessa. E’ ovvio che poi non è che sia tutto un disastro, per fortuna siamo pieni di tante bellissime persone che collaborano e si sforzano ogni giorno di creare un qualcosa che vada oltre tutto questo. La mia è stata una risposta molto confusa credo, ma non ho un’idea precisa su questo argomento e spesso ne discuto con i miei amici, senza arrivare mai a opinioni condivise da tutti, e non ho la pretesa di trovare soluzioni a problemi di questo genere.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ora sto lavorando a un nuovo album, che spero riuscirò a far uscire verso la fine del 2015. Dalla forma che sta prendendo rischia di essere la mia cosa più ambiziosa e meglio strutturata. Sto progettando insieme ai miei soci la nuova e seconda uscita su Bertrand Tapes, l’etichetta dove stampiamo cassette. Passo molto del mio tempo dedicandomi poi più a costruire progetti visivi ora, oltre che musicali, e magari la cosa andrà bene in futuro. Spero, e questa è solo una speranza, di trovare delle date dal vivo dove possa continuare a fare quello che voglio, senza dover stare a soddisfare le aspettative che ci sono nei miei confronti.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
“Octet” di Steve Reich, suonata dall’Ensemble Modern. Ciao!