Una delle cose più belle che può capitarci ascoltando tonnellate di musica è scoprire le gemme nella maniera più inaspettata, dietro il disco di qualcuno che non conoscevi fino a un attimo prima, di cui nessuno ti aveva parlato. La nostra conoscenza con Christian Scalas/Kryss Hypnowave è avvenuta proprio in questo modo: abbiamo semplicemente ascoltato il suo recente album di debutto, “Winter”, che lui stesso ci aveva mandato come promo alcune settimane fa. Una promo in mezzo ad altre decine che ci arrivano ogni settimana. Ma è stato uno di quei casi che capitano una volta su cento, quando la musica ti esplode con tutta la sua forza prorompente, la sua potenza suggestiva ti tocca quelle corde che di solito restano ferme, e la cura del suono ti appare lampante come un fulmine nel buio. Quel che abbiamo fatto è stato parlarvene prontamente, all’interno del #crumbs che periodicamente dedichiamo alle release italiane, e poi contattarlo qualche tempo dopo per questo Giant Steps. Perché è questo il vero spirito di questa serie di interviste: dare visibilità a quei nomi che in un modo o nell’altro meritano di più, cercando di rendere giustizia al talento. Soprattutto in casi come questi, dove il “talento” non è qualcosa che va raccontato con mille parole, ma qualcosa capace da solo di colpirti in fronte al primo ascolto. Sentite l’album per credere.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
In questi casi non è mai facile rispondere. Tra tutti i dischi che mi hanno portato ad essere ciò che sono ora ce ne sono tantissimi che sicuramente hanno lasciato qualcosa di indelebile nel mio percorso musicale. Tra i tanti sceglierei “Oxygene” di Jean-Michel Jarre: quei synth letteralmente mi ipnotizzarono, son stati loro che mi hanno fatto pensare per la prima volta di dedicarmi alla musica.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Sicuramente ascoltando la radio. Ero particolarmente affascinato dall’idea che all’interno di una stanza potesse esserci una persona che faceva girare i dischi… non a caso il mio primo contatto attivo con la musica è stato in una piccola radio locale, in Sardegna: amavo a tal punto la radio da farmi 5 km all’andata e 5 al ritorno in autostop, con la pioggia o il sole estivo. E potete immaginare cosa significhi stare al ciglio della strada, in Sardegna, in piena estate.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Mmm non c’è mai stato un momento di crisi nel vero senso della parola. La musica per me arricchisce l’anima e la considero un piacere, una passione, prima di essere un lavoro. Ci sono momenti in cui ho bisogno solo di ascoltarla, anche per ricaricare le energie, perché non siamo macchine a cui basta accendere un tasto per produrre. Però in questi ultimi anni noto che la musica in generale ha perso un bel po’ di rispetto da parte di chi la produce. Non si dedica più il giusto tempo per curare le produzioni e sicuramente le uscite digitali non hanno aiutato ad innalzare la qualità generale. Non si può fare di tutta l’erba un fascio, ma se devo pensare a un momento di crisi legato alla musica è questo, legato al presente.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
La mia prima serata in Svizzera, grazie ad un’agenzia che si chiamava Sound Of Mix. Fu anche la mia prima serata fuori dai confini italiani, suonai in un evento che si chiamava Infinity, in uno spazio che si chiamava Le Palace, con i migliori dj svizzeri e qualche guest europeo. Lì ho capito che fuori dall’Italia la club culture era sicuramente avanti, la professionalità impeccabile e tutto era curato nei minimi particolari, in primis l’impianto audio, passando per gli allestimenti e coreografie e il trattamento degli ARTISTI (scritto appositamente in maiuscolo). Da lì in avanti ho suonato più in Europa che in Italia.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Premettendo che passo tantissime ore al giorno a contatto con la musica, sono anche un tecnico del suono e un sound designer con un mio studio di registrazione, ogni tanto mi ritaglio dei momenti al di fuori del mio lavoro. Da quasi 4 anni cerco di stare il più possibile con la mia famiglia e mio figlio Mathia, facendo delle immense passeggiate a contatto con la natura. Poi pratico sport e cerco di continuare a coltivare la mia passione per la filosofia orientale e il kung fu tibetano.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Quella più grossa probabilmente di non aver accettato di trasferirmi a Ibiza, tantissimi anni fa. Oggi ripensandoci forse è stato un bene, Ibiza avrebbe condizionato troppo la mia libertà musicale e forse oggi non produrrei e suonerei techno. In termini di opportunità, però, sarebbe stato un “passo” decisivo.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
1. Jean-Michel Jarre “Oxygene”
2. The Alan Parsons Project “Eye In The Sky”
3. Deep Forest “World Mix”
4. Ryuichi Sakamoto: tutti i suoi album
5. Miles Davis “Kind Of Blue”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Film:
“Léon” di Luc Besson
“Zatôichi” di Takeshi Kitano
“I Sette Samurai” di Akira Kurosawa
“Ghost Dog” di Jim Jarmusch
“L’ultimo Samurai” di Edward Zwick (per le musiche di Hans Zimmer e per apprezzare la bellezza di una cultura meravigliosa come quella del samurai)
Libri:
“Nube Di Passeri” di Takashi Matsuoka
“La Leggenda Di Otori” di Lian Hearn
“Il Maestro Del Tè” di Carlos León Monteverde
“L’ultima Luna” di Lian Hearn
“L’arte Della Guerra” di Sun Tzu
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Sicuramente il mio album “Winter”, uscito con il mio vero nome Christian Scalas. Mi ha fatto tanto piacere leggere le vostre bellissime parole, quand’è uscito.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line…
Il web (come ogni cosa) va usato in modo equilibrato. Ha aperto possibilità che fino a poco tempo fa erano impensabili, puoi documentarti in maniera veloce e semplice da casa, ci sono società in molte regioni europee che accettano curriculum via web, puoi condividere velocemente e a tutto il mondo i tuoi contenuti, la tua musica, conoscere persone stando comodamente seduto a casa tua, e via dicendo. Ma allo stesso tempo sta cambiando radicalmente la nostra società, i rapporti umani hanno subìto un forte rallentamento, sembra quasi che si faccia fatica semplicemente a parlare con le persone, viaggia tutto così veloce che “il momento” si è perso. Trovo che questo sia “il lato oscuro” del web. E c’è sempre il rischio di oltrepassare la soglia.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Su tutti il mio compagno musicale DJ Datch, col quale collaboro spesso nel progetto Monobass. Con lui nel tempo si è creata un’affinità incredibile, ci scambiamo idee, ascoltiamo le nostre produzioni da solisti per darci dei consigli ed entrambi continuiamo a credere nella nostra musica. Questo è molto importante.
Con gli altri dj ci sono stati solo rapporti di lavoro occasionali, per cui non posso certamente parlare di affinità, ma solo di rispetto.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Le situazioni assurde purtroppo sono anche quelle che oggi capitano abbastanza spesso. Quando ad esempio stai suonando il tuo genere e arriva la persona che ti chiede il brano commerciale, oppure quando dovresti iniziare il tuo set a una certa ora e puntualmente il dj prima di te non libera la consolle, o il club che ti dice “ma io non ho i giradischi”… Ah, una volta mi han rubato il disco dei Daft Punk, “Rollin’ & Scratchin'”.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Sicuramente i club e i direttori artistici che chiamano sempre gli stessi ospiti stranieri a suonare, e che hanno dato vita al fenomeno del dj pulmino. È una cosa che mi indispone parecchio, perché in Italia ci sono tantissimi dj e produttori bravissimi che non vengono minimamente presi in considerazione e che nulla hanno da invidiare ai produttori stranieri, ma che per mille ragioni impossibili da cambiare non trovano spazio.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Il primo passo importante sarà quello di trasferirmi fuori dall’Italia. Ci ho già pensato parecchio e adesso è il momento di farlo. Poi inizierò con calma il mio secondo album, continuando nel frattempo le mie produzioni techno e il progetto Monobass. E ovviamente intendo continuare a fare il DJ ancora per molto tempo.
E prima o poi voglio mettermi in gioco con le colonne sonore dei film. È un mio desiderio da sempre e voglio realizzarlo, costi quel che costi.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.