Tornano i Giant Steps e lo fanno in grande stile, con un musicista che appare per la prima volta su Soundwall, con colpevole ritardo da parte nostra, perché Lorenzo Morresi è già un Giant, con tanto da raccontare e delle esperienze incredibili alle spalle, oltre che dei progetti futuri che lo proiettano su palchi internazionali. Noi siamo andati a farci una passeggiata intanto che riusciamo ancora a stargli dietro, perché ne siamo certi: lui è uno che presto inizierà a correre davvero forte…
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre
La prima volta che mi sono sentito inconsapevolmente catapultato in un’altra dimensione con la musica è stato all’età di sette anni, in macchina con mio padre. Ascoltava di continuo i Pink Floyd in quel periodo. Ricordo che le chitarre iniziali di Shine on You Crazy Diamond mi hanno subito sbattuto altrove. Penso sia stata la mia prima esperienza psichedelica, l’ho subito voluta riascoltare.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Il mio primo progetto musicale era una roba chitarra e voce con una mia amica, avevamo dieci anni e si chiamava SkateNati. Ci registravamo amatorialmente, cercando di scrivere canzoni che raccontassero alcuni personaggi particolari di provincia. Già da lì, mi sono sentito libero con la musica. A quindici anni ho cominciato a suonare la chitarra con i primi gruppetti del caso e ho realizzato che, suonare ore ed ore, chiudermi in studio e pensare solo a quello, mi colmava più del resto. Pian piano la sala prove ha iniziato a riempirsi di strumenti di produzione musicale. Mi ricordo di un AKAI Mpc 2000 che ho comprato insieme ai ragazzi con cui suonavo a un certo punto. Poi il passaggio ai software musicali, il primo Mac portatile con Garage Band e da lì non sono più tornato indietro.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Sinceramente ne ho avuto diversi, soprattutto perché, nel mio caso, è stato difficile vivere di musica. Per anni ho studiato nel mentre e fatto altri lavori per sopravvivere. Alla fine mi sono laureato in Giurisprudenza, ho fatto il lavapiatti, il barista e contemporaneamente il turnista. Ho avuto tante vite diverse ma non ho mai smesso di suonare cercando di ritagliarmi sempre un po di libertà creativa. Nel tempo oltre ai live, ho iniziato ad interessarmi al DJing e alla produzione musicale. Poi nel 2012 mi sono trasferito a Londra per un diploma di Sound Engineering: da quel momento tutto questo – lo studio, il DJing e i live – è diventato il mio lavoro.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Come deejay sicuramente un momento importante è stato condividere il main stage di Printworks London a Novembre 2022 con Bonobo, Motorcity Drum Ensemble, Joe Armon Jones, Zakia ed molti altri artisti di cui ho stima. Una venue suggestiva da circa 6000 persone.
Per quanto riguarda l’attività di produzione musicale in studio, ho avuto la fortuna di assistere per un periodo Gareth Jones, uno dei produttori dei dischi più importanti dei Depeche Mode, Einstürzende Neubauten, Wire and Erasure. Vederlo in azione mi ha dato parecchie insight, soprattutto sul mixing.
Per quanto riguarda la discografia, credo che il mio album Cosmica Italiana, uscito nel 2022, sia stato uno dei risultati più importanti della mia carriera, sia dal punto di vista artistico che di sperimentazione. L’ho realizzato con Tenderlonious, uno dei musicisti inglesi jazz più promettenti degli ultimi dieci anni (a mio avviso e non solo il mio). Un amico ora, nonché un artista che stimo e che ho sempre ammirato.
‘Cosmica Italiana’ ha girato a livello internazionale, è stato suonato da Gilles Peterson su BBC Radio, su NPR America, Jazz Fm Uk. È passato anche in Italia, soprattutto su Musical Box/Radio Due di Raffaele Costantino. In generale comunque ogni giorno speso a fare musica è un gran successo per quanto mi riguarda, al di là di tutta una serie di variabili astrali che contraddistinguono il nostro settore.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Sfondarmi di cibo e vino! Mangio e bevo molto volentieri. Mi piace anche cucinare, soprattutto le verdure – non chiedermi il perché. Amo la corsa, mi sfoga ed è un momento dove ascolto musica di ogni genere. Sono potenzialmente molto interessato alla ricerca e alle pubblicazioni contemporanee di filosofia e sociologia, soprattutto quelle applicate alla politica e al diritto. Mi stimolano anche alcune tematiche legate al rapporto tra neuro-scienza e musica. Non ho molto tempo per approfondire, mi piacerebbe farlo di più.
Poi certo, una delle mie attività preferite da sempre è parlare con altri soggetti fulminati come me di nuove strumentazioni musicali, apparecchiature audio, software e plug, dischi, ecc.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Forse avrei preferito suonare il pianoforte invece che la chitarra. Ma probabilmente se avessi suonato il pianoforte, ora ti direi che mi sarebbe piaciuto suonare la chitarra.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
To-Days’ Sound – Piero Umiliani (1973) Liuto Records
Computer Games – Kerri Chandler (2008) Deeply Rooted House
The Phantasy Collection (Part 1) – Red Axes (2023) Phantasy Sound
The Downward Spiral – Nine Inch Nails (1994) Nothing Records
Head Hunters – Herbie Hancock (1973) Columbia Records
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Il Contratto Sociale – Jean-Jacques Rousseau
Musicofilia – Oliver Sacks
Le Città Invisibili – Italo Calvino
La Montagna Sacra – Alejandro Jodorowsky
Le Bonheur – Agnes Varda
La Morte Ha Fatto l’Uovo – Giulio Questi
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Da un punto di vista di musica elettronica e clubbing, il mio ultimo EP ‘Isla’ uscito su Rollover Milano Records credo sia una delle release più rappresentative di quello che amo fare. Penso di essere riuscito a unire degli elementi “suonati”, tipo gli strumenti a corda come il loutar e l’oud arabo con ritmi dance energici. Sono contento di aver ricevuto dei bei feedback da figure per me di riferimento come Ray Mang, Crazy P, Glenn Underground e Dj Rocca.
Il mio ultimo album ‘Pop Flop‘ uscito con il mio progetto full band Lorenzo Morresi & Le Isole qualche mese fa mi sembra un bel risultato, per come intendo la musica suonata in questo momento. L’intento di unire un genere come il jazz-funk con la Italian library music, tentando di percorrere una strada di rivisitazione. Ho potuto registrare per la prima volta tutti gli strumenti analogici di cui avevo bisogno grazie anche all’apporto del Museo del Synth Marchigiano. Ci ho lavorato molti mesi, suonando a stretto contatto con musicisti incredibili. Il fatto che sia un album completamente strumentale mi ha fatto sentire molto vicino ad una dimensione musicale più pura e profonda. Tra l’altro ho avuto la fortuna di curare tutta la creazione e la produzione del disco con Luciano Cantone, co-owner di Schema Records & Ishtar Edizioni, un discografico di riferimento per me oggi in Italia, nonché uno dei digger e ristampatori migliori di library, disco e jazz-funk. Mi ha insegnato molte cose.
Al di là di tutto, resta il fatto che per me ogni uscita è un bel momento: mi piace l’idea di produrre musica no stop, di rimettermi in gioco nei vari generi e di cercare ogni volta di tirar fuori qualcosa di diverso da ciò che ho fatto prima. Sono una persona molto eclettica, quasi schiava dalla sua stessa poliedricità. Non riesco a contenere questa propensione, mi annoio subito e ho bisogno ogni volta di sperimentare in modo diverso. Chi mi ascolta, non può inquadrarmi in un genere unico. C’è chi dice che è una forza, chi dice che sono matto! A volte mi fa strano trovarmi su Spotify in playlist editoriali agli antipodi, come Jazz Uk per il jazz, Global Groove per la world music, e Tantra per l’elettronica; ma alla fine sono questo e non credo riuscirei a fare diversamente.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media online…
Il tema è talmente complesso che ci vorrebbero molte pagine solo per parlare di questa cosa. Da un punto di vista lavorativo e più nello specifico dell’industria musicale, credo che l’onnipresenza del web abbia sia tolto, che aggiunto possibilità.
Ha sicuramente tolto il ruolo centrale dei dischi e del supporto fonografico nella musica e ha forse più che aggiunto, direi “consolidato” tramite i social, l’importanza e l’impatto che l’immagine può avere nella carriera di un musicista.
Tuttavia ha sicuramente favorito una accessibilità più democratica sia a livello creativo che culturale. Anche per quanto riguarda l’apprendimento musicale, il percorso è sicuramente più veloce e immediato grazie al supporto digitale, i software, l’AI, eccetera.
Credo comunque che il web sia qualcosa di complesso da analizzare. Potrebbe avere esiti per il futuro completamente diversi. Potrebbe diventare qualcosa di così indispensabile da rimanere tra le primissime necessità di sopravvivenza e continua evoluzione della società o al contrario, scomparire all’improvviso a causa di un impatto ultra nocivo sulla salute mentale di ogni individuo. Onestamente non vedo vie di mezzo.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Faccio davvero fatica a rispondere a questa domanda nel senso che sono tanti anni che faccio musica, sono state talmente tante le figure di riferimento che mi hanno ispirato, influenzato, insegnato che ci vorrebbero pagine per parlare di tutti.
Tra il 2012 e il 2013 ho frequentato un club londinese che si chiamava Plastic People di cui il principale resident DJ era Floating Points. Credo in quel contesto di aver vissuto delle esperienze musicali e di ascolto davvero potenti. In quel club si alternava ogni genere musicale underground, c’era un’energia diversa. Spesso il sabato suonava anche Theo Parrish, ma il set più incredibile l’ho sentito fare a Sadar Bahar. Un altro set che mi ha toccato molto è stato sicuramente quello di Derrick May a un Dimension Festival di parecchi anni fa. Ho svariate influenze, difficile citarle tutte. Sicuramente tra le più presenti ti direi Dimitri From Paris e Dave Lee aka Joey Negro, entrambi super DJ e produttori.
Tra le figure più emergenti mi piace Koreless come producer elettronico e sto seguendo con interesse una cantante giovanissima che si chiama Sofia Isella, Ovviamente parliamo di generi diversi. Rimangono per me quintessenziali tutte le colleghe e i colleghi con cui lavoro sia in studio che dal vivo. Big Love!
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Con la musica la situazione assurda c’è stata nel 2017. Ero in line-up per un festival con la mia band, c’erano anche Byron The Aquarius e Tenderlonious. Era un giorno d’agosto e pioveva di brutto, e alla fine invece di rispettare la scaletta del festival abbiamo suonato tutti insieme ognuno uno strumento. Un momento folle di unione e complicità, che mi ricorda sempre cosa mi piace tanto di questo lavoro: far parte di una comunità autentica, cercare rapporti umani e divertirsi con la musica.
Invece, fuori dalla musica, una volta sono uscito da solo con il wind surf. Premetto che vado più o meno dritto, ma non sono affatto un pro. E niente, comincia a piovere, il mare è improvvisamente mosso, rimango a largo finché a un certo punto riesco a tornare verso terra, ma non nel punto da cui ero partito. Arrivo su degli scogli pieni di cozze, esco dall’acqua con gambe e piedi tagliati. Approdo in questa spiaggia super luxury. Lascio per tutto lo stabilimento bianco, impronte insanguinate, disseminando disagio e chiedendo di fare una telefonata. I proprietari mi hanno urlato addosso, ma poi alla fine ci siamo fatti una risata.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Arrivo al punto con una premessa: avendo trascorso tanti anni a Londra a registrare musicisti provenienti da tutto il mondo, posso dirti che da un punto di vista di predisposizione, talento musicale e attitudine, credo che gli artisti italiani siano molto dotati. Personalmente, da quando sono ritornato da Londra a Milano, ho trovato una situazione molto eclettica e accogliente, piena di musicisti promettenti e di persone o addetti ai lavori che mi hanno dato subito la possibilità di suonare sia con i live che come DJ.
Per arrivare al punto, credo però che l’industria musicale italiana abbia un potenziale internazionale ancora inespresso e forse non sfruttato al 100%. Molto del lavoro, non tutto, rimane abbastanza circoscritto ai confini italiani. Sono abbastanza convinto che tanti progetti potrebbero essere davvero trasversali se ci fosse più apertura verso l’estero. Si creerebbero sicuramente più occasioni per collaborazioni multiculturali e ascolti variegati, nonché un’attenzione maggiore alle contaminazioni. Per far si che ciò avvenga servono però investimenti e rischi, serve credere nell’ignoto, serve che ad esempio un promoter chiami un guest perché ha qualcosa in più e non solo perché stacca i biglietti. O che una label investa in produzioni sperimentali e le sappia lavorare a livello internazionale. Un’interesse più rivolto all’esterno, verso l’altro, più che avvolto sul proprio ego. Vedo comunque dei buoni passi in avanti rispetto a quando ho iniziato a fare musica.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Al momento sto lavorando ad un nuovo solo live elettronico, con il quale ho appena esordito all’Urban Club/Tangram di Perugia.
Sto poi chiudendo degli accordi per suonare con la full live band del progetto library Lorenzo Morresi & Le Isole. Abbiamo fatto una prima data a Londra al 91 Living Room il 16 settembre con un quintetto live ed è stata un’esperienza speciale.
Per quanto riguarda il DJing sono da poco entrato a far parte della booking agency Embassy Artists di Milano e quindi, oltre alla mia residency all’Apollo, stiamo lavorando a delle date in giro per l’Europa.
Discograficamente dalla fine del 2023, ci saranno delle nuove release per etichette sia italiane che inglesi.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
Vi saluto con una traccia di uno dei miei geni ispiratori Piero Umiliani.