Ricordo ancora il giorno che incontrai per la prima volta Alberto Perazzo, se non sbaglio era il maggio del 2015 e ci trovavamo a Firenze per Sunflower. All’epoca non avevo idea avesse l’aspirazione e il talento necessario per costruirsi un percorso nella musica, tanto meno che ci fosse un alias con cui farsi chiamare quando si trovava in consolle. Mi era sembrato semplicemente un ragazzo con tanta passione per la musica e tanta voglia di ascoltare e ballare: una di quelle figure che con la loro “militanza” fanno bene alla scena, che parla poco di sé (quanti ne conoscete così?) e che non pende brutte parole per nessuno. Ma non per convenienza, sia chiaro, ma per indole. Se a tutto questo, poi, ci aggiungete tanta voglia di crescere e mettersi in discussione, piazzando i suoi dischi e il suo faccione davanti a tutto, capite bene perché Line Festival lo abbia scelto per affidargli la sua consolle il prossimo 20 luglio.
Noi, che con la rassegna di Schio abbiamo un’amicizia e una partnership forte, non potevamo essere più felici di rompere gli indugi e coinvolgerlo sulle nostre pagine con il suo Giant Steps.
Signore e signori, buon inizio settimana con LRT aka Alberto Perazzo.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Credo che il disco che mi ha fatto capire che la musica era veramente una emozione particolare sia stato “Virtual Insanity” dei Jamiroquai. L’audiocassetta di “Travelling Without Moving” era sempre presente in macchina di mio padre ed è stato grazie a quella che ho scoperto la funzione dei tasti play e rewind…fino a rovinarla naturalmente! Diciamo che quel disco non ha fatto niente di sconvolgente per cambiarmi la vita, semplicemente mi accompagna da sempre, fin da quando ero piccolo.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
C’è un episodio in particolare, credo fosse l’estate del 2008. Finito di lavorare al ristorante dove facevo il cameriere, in sella al mio motorino scassatissimo volo a questa festa, la classica organizzata da gente più vecchia di te, in cui sei uno di quelli che ha meno motivi di tutti per essere lì vista la tua età. Qualche giorno prima l’organizzatore, sapendo che da poco avevo iniziato a mettere le mani su mixer, giradischi e cdj, mi disse che potevo portarmi qualche disco e suonarlo alla festa. Avevo in borsa solo due cd uguali pieni zeppi di musica elettronica e con i titoli scritti sopra a penna.
Diciamo che poteva essere un massacro, invece andò bene e per la prima volta mi trovai davanti gente che si muoveva e si divertiva seguendo il ritmo di quello che io decidevo di fargli ascoltare, quei dischi che riproducevo in maniera quasi ossessiva nel mio lettore mp3, che conoscevo a memoria e che tanto amavo. Fu lì che capii qualcosa, di preciso non lo so ancora…qualcosa che mi spinse ad intraprendere questo percorso e a dedicarci tempo e forze.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Fortunatamente non ho ancora avuto dei momenti legati alla musicacosì cupi da poterli definire di “crisi”. Diciamo che l’ho sempre usata come strumento per curarmi da altre altre forme di problemi.
Forse un momento di crisi lo sto riscontrando adesso ma non nella musica bensì nel destinatario finale del messaggio musicale che voglio far passare. Mi riferisco al Veneto e a Vicenza, dove ho le mie radici: noto sempre più persone incagliate sugli scogli di una “comfort zone” musicale che hanno paura di abbandonare, ma che continuamente criticano. Una sorta di limbo.
Di conseguenza risulta a volte difficile proporre cose nuove e sperimentare a livello musicale, però allo stesso tempo è un bello stimolo a fare e dare sempre di più, cercando di farlo meglio di prima, in maniera ancora più convinta e consapevole.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Ne cito uno su tutti, un po’ datato: la prima volta che ho suonato a Il Muretto di Jesolo, punto di riferimento in Veneto tra i club per chi segue un certo tipo di musica. Pochi anni prima ci ero entrato per la prima volta da cliente, appena compiuti diciotto anni: una vera conquista per me. Qualche anno dopo ero lì con la mia borsa dei dischi e non mi sembrava vero. Quella sera ad un certo punto guardai in pista e ci trovai mia madre e mio padre che erano venuti a farmi una sorpresa, era la prima volta che mi vedevano suonare in un club. È stato bellissimo vederli ballare e divertirsi assieme ai miei amici.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Amo moltissimo cucinare soprattutto se posso farlo per gli altri e non solo per me. Sono un divoratore seriale di documentari e film; da qualche tempo, poi, ho anche ricominciato a prendere in mano la chitarra – vecchio amore giovanile accantonato per troppo tempo.
Quando posso fuggo qualche giorno, ho amici sparsi per l’Europa e amo andare a trovarli: vivere contesti diversi dal mio anche se per poco e poi provare a tradurre quelle esperienze in nuove idee ed ispirazioni.
Ammetto, però, che ultimamente il tempo da dedicare a tutto questo è pochissimo perché sono braccato dagli ultimi esami all’università e la tesi imminente.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Aver dedicato moltissimo tempo a dischi e selezione e pochissimo tempo a macchine e produzione in questi anni. Essermi fermato alla chitarra e non aver mai imparato a suonare il pianoforte.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
In ordine casuale come i numeri estratti alla tombola:
Jamiroquai “A Funk Odyssey”
The D.O.C “Portrait Of A Masterpiece”
Sonya Spence “Let The Love Flow On”
Fatima Yamaha “What’s A Girl To Do”
Roman Flügel “Sliced Africa”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Come film direi “Interstellar” di Christopher Nolan: ho perso il conto delle volte che l’ho visto e rivisto, sia per intreccio della trama e sia per il capolavoro di Hans Zimmer sulla colonna sonora che riesce sempre ad affascinarmi come la prima volta. Inoltre aggiungo “Midnight In Paris” di Woody Allen e come libro “A Moveable Feast” di Ernest Hemingway, sembrano complementari e sono ambientati in un’epoca che amo.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Non essendomi mai dedicato a lavori di studio e produzioni ho sempre cercato di dare il 110% davanti ad un mixer e due giradischi. Un paio di anni fa a Berlino ad una festa organizzata da un mio caro amico, appena arrivai mi disse che c’era Robert Owens, artista che ho sempre amato ed ammirato, lì in veste di cliente. Suonai due ore con lui davanti che ballava come un pazzo, dopo il set me lo presentarono, mi fece i complimenti per la selezione e mi chiese da dove saltavo fuori. Mi offrì una birra, parlammo un po’ di musica e fu uno dei feedback diretti più belli che abbia mai ricevuto. Sulla carta non significava nulla, ma per me è stato come vincere la Champions.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media online…
È il classico rapporto di amore/odio. Amo l’accesso all’informazione che permette a tutti di essere consapevoli di cosa accade intorno a loro. Però spesso quando leggo i pensieri liberamente espressi dalla gente, la maggior parte delle volte mi preoccupo seriamente, l’impulso di lanciare il telefono dalla finestra ed fuggire su un’isola deserta a volte è veramente forte.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Ce ne sono due in particolare con cui sento un’affinità molto forte: Romano Alfieri è stato uno dei primi dj con cui mi sono confrontato quando avevo appena iniziato questo percorso. Nonostante la differenza di età e la distanza ha sempre avuto tempo per ascoltarmi e ottimi consigli da darmi ogni volta che ne avevo bisogno, per muovere i passi giusti in questo ambiente. Un po’ l’ala protettrice del fratello maggiore per intenderci. L’altra persona è Mattia Trani: ci siamo conosciuti in un momento molto particolare per la vita di entrambi, abbiamo la stessa età, percorsi diversi ma passioni e amicizie in comune molto forti. Lo stimo tantissimo, amo quello che fa, come lo fa e della sua opinione non riuscirei a fare a meno,
sia da musicista che da amico. È un rapporto che è passato prima per altre fasi e che si è definitivamente consolidato attraverso la musica.
Tramite loro due in questi anni ho conosciuto altrettante persone fantastiche all’interno della scena del clubbing e non li ringrazierò mai abbastanza.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Dovreste concedermi una rubrica a parte per raccontartene anche solo alcune perché sono veramente tante, una di queste risale al primo gennaio di anni fa. Arriviamo in un locale per suonare, ci apre il gestore dicendo che stavano ancora sistemando e pulendo perché la festa della sera prima era stata “un macello incredibile”. Il locale era ancora disseminato di croissant e fette di panettone in ogni angolo dalla mezzanotte precedente.
Ad un certo punto della serata il gestore si ripresenta in consolle chiedendoci di poter mettere lui “un disco per lo staff”, se ne esce con una commercialata imbarazzante, in pista tutti confusi e i baristi gasatissimi per il disco iniziarono a lanciare ghiaccio e bagnare la gente con la pistola della Seltz. Ancora oggi molte domande nate in quel momento non hanno ancora trovato risposta.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Lasciando stare il circuito dei top dj e delle mega-guest e parlando di quello più “casalingo” di noi resident, odio vedere l’egoismo dilagante e fine a se stesso di molti “colleghi”. Odio vedere come molti abbiano accantonato l’aspetto musicale e l’amore per esso, per concentrarsi di più su quello del baratto vero e proprio di date e visibilità – “Ti faccio suonare da me se tu poi mi fai suonare da te” – solo per riempire qualche pagina Facebook o Instagram di parole come “tour” o “gigs” e poi tradurlo musicalmente con dj set vuoti, costruiti scopiazzando qualche Boiler Room e qualche Top 10 di Beatport.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Da un anno a questa parte ho avuto la possibilità a Vicenza di far partire un piccolissimo progettino con cadenza mensile insieme ad un amico. Visto il momento che sta attraversando la nostra città e di cui vi ho parlato prima, l’idea era di creare un appuntamento in cui la libertà musicale la facesse da padrona e che i soli protagonisti fossero i talenti della zona, perché da sempre credo ce ne siano parecchi in circolazione e che meritano di farsi sentire.
È stato un po’ un salto nel buio ma ci ha regalato molte soddisfazioni. Quindi per il futuro spero di continuare a portare avanti questo progetto e questa idea, inoltre spero di fare altrettante cose con i ragazzi di Line Festival con i quali mi sto trovando veramente bene date le nostre visioni affini su molte cose. Sono ragazzi molto impegnati, premurosi e che hanno fame di musica tanta quanta ne ho io, quindi mi auguro che il festival sia solo il primo step di una serie di iniziative e di collaborazioni che possano svecchiare e risvegliare Vicenza e provincia.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.