Ciò che accade ascoltando un set di Palm Wine è viaggiare. Sì, ma non inteso nel modo classico quando ci si riferisce alla musica elettronica. Simone ti permette di prendere, salire in macchina oppure su un aereo, su di una bicicletta, magari su di una canoa, ma senza farlo realmente. E andare. Le sue influenze sono il mondo, sono i luoghi inesplorati, le radici e la musica che nasce davvero come concetto folk. Poi c’è tutto il resto, c’è Invernomuto, il progetto di arti visive che conduce insieme a Simone Trabucchi e c’è il suo blog che chiunque dovrebbe seguire sempre e molto attentamente. Simone è uno di quelli che ti dice che se vuoi andartene, vai.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Sangue Misto, SxM, 1994. Il miglior modo per sentirmi straniero nella mia nazione.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Lo capii quando decisi che avere l’intera discografia degli Autechre era una necessità vitale.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Sono rari da quando ho scelto che la via della produzione non fa per me, fino ad allora era una lotta costante. Il djing — e comunque la ricerca di brani e di un metodo per assemblarli in un flusso — mi ha riposizionato e permesso di giocare con più libertà, senza ostacoli tecnologici. Forse in futuro ritenterò, magari con alcuni remix e refix per prenderla con maggior libertà di azione, vediamo che succede.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Non riesco ad individuare degli esempi specifici, accade tutto in maniera molto graduale e spontanea. E’ stato certamente importante capire che promuovere un certo tipo di sonorità ed accoglierne i feedback è una spinta irrinunciabile. E’ importante sentirsi parte di uno strano magma musicale e critico globale, dialogarci e portarlo avanti.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Palm Wine è soltanto una parte di quello che faccio; l’altra — e più consistente — è fatta di Invernomuto, un duo che con Simone Trabucchi (Dracula Lewis, Hundebiss Rec) ho fondato nel 2003. Lavoriamo nelle arti visive, ma la musica e il suono sono parte integrante anche di quel progetto. A volte le ricerche si incrociano e assorbono attitudini dell’uno o dell’altro. E’ un ottimo modo per recuperare energie.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Ci sono certamente cose che ho fatto e che non avrei dovuto, e viceversa altre alle quali forse avrei dovuto prestare più attenzione, ma non riesco ad individuare dei casi specifici. Forse dovrei mettere meno cervello alle volte, e più istinto, ma non credo possa considerarsi un rimpianto.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Cinque soli è difficilissimo, ma ci provo:
The Congos, “Heart of the Congos”, 1977
Wu Tang Clan, “Enter the Wu (36 Chambers)”, 1994
Rhythm & Sound, “Rhythm & Sound”, 2001
Dj /rupture, “Special Gunpowder”, 2004
E un album qualsiasi di Les Baxter, serve sempre.
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Anche in questo caso, la lista sarebbe lunghissima, cito velocemente alcune ultime letture. Saggi: Marco Aime, “Verdi Tribù del Nord” — ovvero la Lega Nord vista da un antropologo; Raimundas Malasauskas, “Paper Exhibition”, una serie di brevi testi sulla curatela in arte e sul sogno lucido. Romanzi: Sesshu Foster, “Atomik Aztex”, la storia di un guerriero azteco che cambia il corso della storia, e del suo alter ego, un operaio di una multinazionale di carni a East Los Angeles; un altro, non recente, ma imprescindibile: Roberto Bolano, “Antwerp” (e tutti i suoi ok, ma questo è un fulmine). Film: Gianikian e Ricci Lucchi, “Pays Barbare” e, agli antipodi, un classico Mondo Movie del 1966 diretto da Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi: “Africa Addio” – un cult che consiglierei ai molti musicisti contemporanei che, da questa fetta di mondo, cercano ispirazione in quel continente.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Avere il supporto e la stima di altri colleghi sparsi per il mondo che fino a poco tempo fa erano solo dei riferimenti. Rispetto ad esperienze specifiche, certamente la continuità che Bunker Sonidero sta costruendo a Torino è importante, e il passaggio di OPEN alla Triennale di Milano nel 2012 è stato altrettanto.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line…
Benissimo. La ‘scena’ global bass o tropical bass si è generata proprio grazie alla rete. Ha permesso che succedessero cose come: un musicista angolano remixa con facilità uno portoghese, oppure un olandese (penso a Munchi, ad esempio) produce un’infinità di EP e brani in free download ognuno a partire da un genere specifico e localizzato in punti diversi del mondo. E’ un concetto allargato di scena, rispetto a come lo si intendeva una decina di anni fa. Infine, la rete è la fonte privilegiata per raccogliere musica e nuovi tunes, richiede tempo, ma è fondamentale.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Sicuramente il collettivo newyorchese Dutty Artz con i quali c’è un rapporto di complicità costante, sto pian piano portando tutto il roster in Italia — Chief Boima, Dj /rupture, Dj Ripley, Geko Jones, Maga Bo — è una realtà estremamente interessante, sia in termini critici che musicali, ed è un po’ il mio obiettivo con Palm Wine. Poi certamente Akwaaba Music di Benjamin Lebrave è un altro importante elemento di osservazione, Principe Discos a Lisbona, Awesome Tapes from Africa, la ZZK label di Buenos Aires. Ed infine, gli amici e i colleghi di sempre: Hundebiss con tutta la crew (Primitive Art, Jaws…) e Lorenzo Senni.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Ne ricordo due in particolare: una festa in barca per la Biennale di Venezia – dove a separare la mia consolle da uno strip di trans c’era solo il vetro della cabina, e, indimenticabile, aprire il live dei Sonic Youth (con Invernomuto, in questo caso) al No Fun Fest di New York nel 2009.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Sono allergico alla superficialità, a volte in Italia ne percepisco un po’ troppa. Detto ciò, detesto lamentarmi e credo che ultimamente stiano crescendo alcune possibilità e prospettive, soprattutto nella città dove vivo, Milano. Quindi avanziamo, i fastidi passano.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Sto lavorando con la coreografa e danzatrice Cristina Rizzo ad un progetto ispirato al Bolero di Ravel, che abbiamo appena presentato alla Biennale Danza di Venezia e al Festival di Santarcangelo, e vedrà presto altre tappe. Ho da pochissimo un’agenzia di booking, Basemental. E stiamo preparando la prossima stagione di Bunker Sonidero a Torino. In parallelo Invernomuto produce e avanza, va oliato tutto con tempi ed energie adeguate ma le soddisfazioni sono tante.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
http://youtu.be/EPT6ZyjlyrA