Chi dice che a Roma – ma questo è un discorso che sappiamo valere per la maggior parte delle grandi città italiane – non esistano realtà alternative alla proposta dei club più importanti della Capitale evidentemente non conosce RadioCircolo, collettivo multidisciplinare nato ufficialmente nel giugno 2017 ma in attività da diversi anni.
RadioCircolo può vantare una vasta rete di musicisti, dj, fotografi, artisti visivi, collezionisti di dischi e persone che nutrono nei confronti della musica una passione sincera. Le sue sessioni, sia quelle che hanno avuto luogo in luoghi pubblici che in eventi privati o in studio, sono registrate e trovano casa come singoli episodi sulla piattaforma/raccoglitore www.radiocircolo.com. Il sito rappresenta, quindi, uno spazio condiviso in cui persone affini possono interagire, scoprire nuovi artisti e far conoscere il proprio materiale, oltre a condividere la propria energia e il proprio entusiasmo, espandendo i contenuti e creando connessioni preziose.
Nessun limite ai generi né agli stili, questa è la direzione presa da RadioCircolo. “The only thing to expect is the unexpected“, dicono Pietro Platania e Andrea Ferrari, i suoi due fondatori e timonieri. Oggi ve li presentiamo, certi di farvi scoprire qualcosa di estremamente valido.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Andrea: Ci sono dischi interi che ti entrano nel cuore e sono chiaramente più rari di una singola traccia. Un disco per me molto importante resta sicuramente “Selected Ambient Works 85-92” di Aphex Twin. Ricordo benissimo tutte le volte in cui a tredici anni mi ascoltavo e riascoltavo la copia in vinile di mio fratello maggiore, innamorato di quei suoni.
Pietro: Da bambino ci capitava di fare lunghi viaggi in macchina ascoltando cassette e cd che mia madre riceveva dal lavoro. La macchina ne era sempre stracolma in ogni angolo e ho tanti bei ricordi di quei momenti dove potevamo sentire ore di musica di fila. Il più importante di tutti è senza dubbio legato alla traccia “Blue Rondo à la Turk” dall’album “Time Out” di Dave Brubeck che era uno dei dischi preferiti in assoluto dei miei. Non ho mai smesso di ascoltarla e tuttora quel ritmo incalzante mi trasporta ogni volta!
Poi durante l’adolescenza mi sono imbattuto in “The Dark Side Of The Moon” e le cose hanno preso una piega diversa…
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
Andrea: Non ricordo un momento in particolare ma credo sia stato un processo che si è sviluppato nel tempo. Certamente ci sono stati degli input determinanti. Grazie a mio fratello maggiore ho avuto la possibilità di conoscere e scoprire tanta musica per me nuova dall’hip-hop alla musica elettronica e techno più sperimentale alla quale poi mi sono interessato. Durante l’adolescenza inoltre, dal primo approccio che ho avuto con il mondo della produzione di musica elettronica iniziando a sperimentare con Reason, cosa che mi ha spinto poi ad avvicinarmi all’analogico.
Pietro: Ho avuto l’immensa fortuna di nascere in una famiglia dove, per un verso o per l’altro, si è sentita sempre tanta musica. Ho due fratelli di parecchi anni più grandi di me che, avendo vissuto in pieno e attivamente gli anni Novanta, mi hanno trasmesso molto presto l’amore per l’hip-hop e la musica elettronica di scuola inglese tra Aphex Twin e la sua Rephlex, i FSOL o il catalogo Warp (Boards of Canada, Plaid, Autechre, Squarepusher ecc) accanto a tantissima techno ed electro di Detroit.
Parallelamente nostro padre, classe 1938, è un vero appassionato di jazz e a casa oltre alla sua collezione abbiamo sempre avuto una tastiera con cui giocare e il bisnonno di cui porto il nome era un compositore della seconda metà dell’ottocento che diresse il conservatorio di Palermo prima e di Napoli poi, oltre alla cappella del Duomo di Milano.
Da ragazzino non facevo altro che andare sullo skate però pensavo che qualunque direzione lavorativa avesse mai preso la mia vita, la musica sarebbe stata comunque presente in qualche modo.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Andrea: Per fortuna non ho ancora mai avuto momenti di crisi, certamente ci sono periodi in cui si può non essere soddisfatti delle proprie produzioni o si è particolarmente esigenti con il risultato che si vuole ottenere.
Pietro: Più che di crisi nel mio rapporto con la musica trovo più adatto parlare di un processo di costante mutamento, in cui la curiosità di scoprire il più ampio spettro possibile di sonorità e scene mi ha dato la possibilità negli anni di conoscere persone ed imbattermi in produzioni e situazioni molto eterogenee, per usare un eufemismo.
Ho sempre cercato di non apporre un giudizio aprioristico sulla musica, e questo mi ha portato a viverla nei luoghi più disparati, da Santa Cecilia al rave illegale. Sicuramente un episodio critico fu quando vivevo a Milano e ci sono entrati i ladri in casa. Persi di colpo tutta la mia musica in digitale raccolta gelosamente negli anni, e da quel momento mi sono rivolto all’analogico e agli strumenti.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Andrea: Ho vissuto per sei anni a Londra dove mi sono laureato alla facoltà di scienze di Music Technology con indirizzo Audio System e ho realizzato il mio primo vero studio di registrazione e mastering. Parallelamente con il mio socio abbiamo avviato un service audio con il quale siamo arrivati a fare anche eventi su larga scala e con il quale lavoro tuttora. Poi, attraverso un caro amico ho avuto la possibilità di collaborare come ingegnere del suono e producer in un progetto di Red Man e Method Man a New York.
Tornato a Roma e fatto ripartire un nuovo studio, è nato nel 2016 il progetto di musica elettronica e sperimentale Studio Orbita insieme al mio amico di sempre Filippo Brancadoro.
Nel primo periodo di RadioCircolo è nata un’amicizia importante con Claudio Fabrianesi che ci ha portato a collaborare su diversi fronti musicali, dal lavoro di studio alla ricerca dei dischi. Uno in particolare è il format Wax Avenue, una serie di serate incentrate sulla musica elettronica più cosmica dove partecipo come dj con lo pseudonimo di Low Gravity.
Inoltre abbiamo recentemente portato RadioCircolo all’Orto Botanico di Roma curando tutta la parte tecnica e sonora dell’evento, dalla performance live all’impianto audio e i contenuti musicali.
Pietro: Faccio un altro mestiere nella vita. A diciannove anni sono entrato nel mondo della cucina professionale a Roma, e dopo essermi diplomato a Parigi ho iniziato a fare stage e lavorare in ristoranti stellati tra Parigi e Milano per diversi anni. Dopo il mio ultimo lavoro in cucina a San Francisco mio fratello maggiore mi propose di investire su di un progetto nostro, e così nel maggio del 2015 abbiamo aperto a Roma Banco, format di ristorazione veloce ed informale di qualità che prende un po’ in giro il mondo dei fast food alla Mc Donald’s ma si avvale di una direzione chiara su nutrizione e sostenibilità, per esempio lavorando senza plastica e con la consulenza di un nutrizionista.
Dopo i primi due anni di full immersion ho iniziato a respirare e finalmente abbiamo tirato su RadioCircolo ufficialmente a giugno 2017.
Sicuramente l’evento che abbiamo curato il 15 settembre al Museo Orto Botanico di Roma, il luogo della città al quale sono più legato fin dall’infanzia, è stato un passaggio importante. Una programmazione diurna di nove ore senza interruzioni tra live e dj set, mentre la sonorizzazione nella serra tropicale composta da Studio Orbita e le installazioni site-specific organizzate dal progetto curatoriale Cultrise sono rimaste per una settimana. Solo nella giornata inaugurale sono stati registrati un migliaio di ingressi e questa ricettività ci ha fatto molto piacere.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Andrea: Di certo la musica mi riempie quasi sempre le giornate ed è una parte costante nei miei pensieri. Quando sento la necessita di staccare e trovare ispirazione cerco di passare più tempo possibile a contatto con la natura anche se non sempre mi è così facile. Amo il mare e ho fatto regate per diversi anni sui catamarani, raggiungendo anche belle soddisfazioni agli europei di Hobiecat 16. La vela è qualcosa alla quale in questo momento della mia vita vorrei molto riavvicinarmi.
Pietro: Ovviamente la cucina è molto più di un lavoro e di un mestiere, ma è qualcosa che permea la vita di chi ne fa parte in modo determinante. Mi piace vivere il mondo della gastronomia, dall’andare dai produttori o a botteghe e ristoranti di qualunque livello. Mi viene difficile pensare a una gioia più grande del condividere una buona tavola con persone a cui voglio bene.
Il mio riferimento ed ispirazione è sempre per tutto la natura, dove cerco spesso, lavoro permettendo, di trovare rifugio e respiro dalla vita urbana. Nel 2011 ho avuto la fortuna grazie ad un collega più grande di me di avvicinarmi allo yoga e da allora non ho più smesso, al punto che oggi la meditazione e la pratica sono una parte imprescindibile della mia vita. Sicuramente mi hanno aiutato tanto a reggere lo stress e la stanchezza di cucine frenetiche, oltre alla musica e alla techno ovviamente!
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Andrea: Nessun rimpianto, ogni cosa serve per costruirne un’altra.
Pietro: Più che rimpianto la più grande rosicata fu quando con mio fratello dovevamo andare con l’anno nuovo al concerto di James Brown ed è morto invece la notte di Natale. Legenda assoluta, ci rimanemmo piuttosto male.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Andrea:
Magnetik North “Evolver”
Source “Organized Noise”
Donato Dozzy “K”
Steve Roach “Structures From Silence”
Love Joys “Lovers Rock”
Pietro:
The Embassadors “Coptic Dub”
Future Sound of London “Lifeforms”
Guru’s Jazzmatazz
Gigi Masin “Talk to the Sea”
Bill Evans Trio “Sunday At The Village Vanguard”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Andrea: Sicuramente “Solaris” di Andrej Tarkovskij e i film di Jim Jarmush.
Come letture invece “Il Silenzio” di John Cage e “Musica Primitiva” di Marius Schneider, che esplora il rapporto tra suono e universo.
Pietro: Come film non possono mancare “The Big Lebowski” dei fratelli Cohen o “Samsara” e Baraka di Ron Fricke.
Da leggere invece suggerisco il romanzo autobiografico “Kitchen Confidential” di Anthony Bourdain, che racconta in modo molto crudo e divertente le storie del sottobosco delle cucine della New York anni Ottanta, mentre due libri che i lettori di Soundwall possono trovare sicuramente interessanti sono “Mondo Techno” di Andrea Benedetti e “Techno Rebels” di Dan Sicko.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Andrea: Credo molto nella collaborazione con Claudio, sia come dj, sia attraverso le produzioni su cui stiamo lavorando. Ho collaborato a vari progetti musicali tra cui il più recente come Studio Orbita la sonorizzazione della serra tropicale del Museo Orto Botanico di Roma, alla quale sono particolarmente legato.
Allo steso modo sono contento di aver potuto realizzare le musiche per alcuni documentari in questi ultimi anni.
Recentemente mi hanno chiamato a suonare a Londra in un contesto che mi ha ispirato molto a est della città.
Pietro: L’amore per la musica ambient e la psichedelia mi hanno portato a conoscere di persona Massimo Amato con cui è nata una profonda amicizia, consolidata anche dalla musica classica indiana di cui siamo entrambi grandi fruitori.
Dopo alcune jam dove introducevo suoni meditativi e atmosferici è nato il “Mudra Collective”, formazione che avvicina mondi apparentemente distanti come la tessitura sonora indiana e i synth di Massimo, il jazz con Riccardo Nebbiosi ai fiati e Flavio Barbaro al basso, la voce di Anna Caragnano, che abbiamo conosciuto attraverso l’album “Sintetizzatrice” di Donato Dozzy, e l’universo dei synth modulari, drum machines ed effettistica di Key Clef e Studio Orbita.
Dopo alcuni concerti a Roma abbiamo suonato tra Gigi Masin e Moritz Von Oswald al Nevalon Festival a Montalcino, di cui è presente la registrazione sul nostro sito.
Grazie al Mudra sono stato invitato come solista da Nathalia Petkova per il festival di musica ambient sperimentale Intrinsic nel 2017 in Francia, nel quale accompagnavo le sessioni di yoga e meditazioni durante la giornata.
Rimane all’oggi una delle più belle esperienze musicali e umane che abbia mai fatto e tuttora una fonte di grande ispirazione.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media online…
Andrea: Molte informazioni, alcune vere, tante false e troppo poco tempo per approfondirle e verificarle tutte. Le fonti da cui leggiamo sono fondamentali come anche l’affidabilità di chi scrive o pubblica qualsiasi tipologia di articolo. Un rapporto normale con il web è possibile ma sta a noi ricercarlo e soprattutto volerlo.
Pietro: Internet è un mezzo, uno strumento, e come tale andrebbe approcciato. E indubbiamente oggi una grande opportunità per informarsi, imparare e comunicare abbattendo tempi e distanze, il problema si manifesta quando viene gestito come un fine. Vediamo purtroppo persone attorno a noi di tutte le età smarrite da questa ubriacatura mediatica distaccarsi dai valori della vita reale, perdendo il contatto con la realtà che li circonda e con essa il loro spirito critico.
Non solo l’universo “social” non ha proprio niente del socializzare, ma per analogia più la rete acquisisce un ruolo rilevante nel nostro quotidiano più dovremmo radicarlo nella nostra realtà in modo concreto, mantenendo così i piedi per terra e il cervello acceso.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Andrea: Come già detto, nel lavoro con Claudio lo scambio di opinioni e’ molto presente ed importante per entrambi.
Citerei anche un altro caro amico e producer attivo a Londra, Martin B., con il quale mantengo tuttora uno stretto contatto.
Pietro: Gli anni a Milano mi hanno portato a conoscere Ruggero Pietromarchi, curatore del Terraforma, e la dj (e non solo) Paquita Gordon con i quali oltre a una grande amicizia condividiamo tante idee, progetti e avventure da diversi anni. Ugualmente importante per noi è la collaborazione con gli amici del Tropic Disco Soundsystem, realtà attiva da diversi anni con un soundsystem incredibile autocostruito in Italia ispirato al modello giamaicano.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Andrea: Senza farla troppo lunga, nel 2013 mi sono ritrovato in mezzo al Mare del Nord a causa di un incidente di manovra durante un allenamento pre regata per gli europei di Hobiecat. L’elisoccorso ha tardato abbastanza per renderla una situazione assurda.
Pietro: Tra le circostanze delle quali posso parlare qui liberamente mi viene in mente quando durante il Terraforma 2017 mi fu chiesto all’ultimissimo momento da Paquita di suonare una piccola intro di Halo e campane tibetane al suo set con Ece Duzgit, e considerato il mood piuttosto sinestetico di quella giornata rimane un’ esperienza abbastanza assurda.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Andrea: Molto spesso vedo pochi contenuti e troppo marketing, questo eccesso di monetizzazione e apparenza mi rattrista specialmente nel vedere la gente che si manda giù tutta quella plastica senza battere ciglio.
Pietro: Al di là dell’appiattimento legato alla mancanza di possibilità di far emergere tante realtà interessanti Italiane quello che mi da più fastidio è vedere tanta gente che approccia un concerto formando una costellazione di iPhone invece di immergersi nella musica e viversi l’esperienza.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Andrea: Sicuramente seguire la rapida evoluzione di RadioCircolo che è un progetto che amo molto e porto avanti da diverso tempo insieme a Pietro e, come già accennato prima, il format Wax Avenue al quale adesso sicuramente dedicherò tutta l’energia e la passione che ho.
Intendo sviluppare in più direzioni il percorso artistico che abbiamo già intrapreso insieme al maestro indiano di tabla Sanjay Kansa Banik e non per ultimo il progetto Studio Orbita, proiettato verso il futuro.
Pietro: A parte ciò che riguarda Banco e le nuove aperture, realtà che vorremmo intrecciare sempre di più con il percorso di RadioCircolo, stiamo investendo molte energie sul far crescere le connessioni con diversi artisti sia italiani sia sparsi per il mondo non solo a livello musicale, come per esempio i 291out o Hugo Sanchez e il suo Tropicantesimo, ma anche coinvolgendo chi lavora con l’immagine e non solo come il collettivo Sbagliato, il videoartista Francesco Tosini in arte Acca e il fotografo Angelo Jaroszuk Bogasz. In questo momento è fondamentale per noi e per chi ci circonda la ricerca di location e progetti affini.
Crediamo nella musica come unione, una forma di resistenza artistica veicolo di aggregazione e scoperta in una realtà non ordinaria. Con la sua natura inclusiva RadioCircolo vuole rappresentare un’oasi nello spazio dove poter approdare durante la burrasca, una dimensione dove l’unica cosa da aspettarsi è l’inaspettato.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
Andrea:
Pietro: