Il Giant Steps di oggi parla di perseveranza, ma soprattutto di entusiasmo, requisito necessario per “amare quel che fai e non lavorare nemmeno un giorno”, una caratteristica peculiare che certo non manca in Ricardo Baez, dj fiorentino che come molti è partito dal basso, dal nulla, creandosi attorno a sé i presupposti necessari per sviluppare la propria visione della musica. Crederci e non porsi dei limiti, visto che Ricardo è sia dj che producer, oltre che promoter di un party settimanale, una attività a 360° che oggi dà i suoi frutti, ma che non potrebbe esistere senza l’amore per la musica e l’entusiasmo per viverla in ogni modo possibile.
Qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Di dischi ne ho sempre sentiti molti fin da piccolo, mio padre era un saxofonista mentre mia madre era insegnante di danza aerobica (mi ricordo ancora quando preparava le lezioni registrando sul mangianastri le migliaglia di canzoni che aveva nelle cassette). In casa la musica non è mai mancata e tante canzoni mi hanno regalato momenti emozionanti, ma credo che la traccia che mi ha cambiato la vita e mi ha fatto scoprire che la musica è l’istinto dell’anima sia stata “Freedom” di Richie Havens. Avevo tredici anni e un pomeriggio (non potendo, perché era assolutamente vietato senza la sua presenza) andai a sbirciare nella collezione di vinili di mio padre, collezionava solo blues, soul, folk e rock e li teneva perfettamente ordinati in settori. Spulciando presi in mano l’LP di “Woodstock (Music From The Original Soundtrack And More)”, tre dischi, che ha come copertina la famosa foto dei ragazzi abbracciati e al suo interno la foto panoramica del pubblico difronte allo stage. Che meraviglia di foto e, incuriosito dalle immagini, misi su uno dei tre vinili. Mi ricordo che dopo un paio di canzoni (tra cui “Going Up The Country” dei Canned) e qualche annuncio in inglese, partì appunto “Freedom”. Fui rapito dalla voce rauca e il temperamento forsennato di Richie, c’era qualcosa in quel brano di irreale, mistico e allo stesso tempo prepotente. Per la prima volta la musica mi emozionò, ascoltando un uomo che amava e credeva nella musica.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
La musica è sempre stata una passione e un punto cardine delle mie giornate, ho sempre messo i dischi in cameretta, tenendomi come piacere personale l’ascolto dei brani. Quando ho capito che potevo regalare qualche sensazione positiva anche ad altre persone, con i brani che sceglievo e nel modo in cui potevo incastrarli, allora ho deciso di buttarmi: lavoravo come cameriere in un locale in centro a Firenze, un giorno il titolare mi disse “perché nei giorni in cui sei off, non metti un po’ di musica, così per arrotondare?”. Presi la palla al balzo e la sera chiamai un po’ di amici a darmi coraggio e feci la mia “prima serata” (capirai, eravamo quindici scapestrati, ma io ero al settimo cielo!). Comunque proprio in quel locale, qualche mese dopo, una sera in cui mettevo i dischi, feci un set house molto cantato e allegro e come canzone di chiusura misi “Why” di Annie Lennox. Rimasi sconvolto e impressionato dalla forza della musica, quando vidi una ragazza che fino a quindici minuti prima rideva e ballava in mezzo alla pista, piangere immobile davanti a me, guardandomi. In quell’attimo ho deciso che avrei messo i dischi per cercare di emozionare le persone. Il fatto di produrla credo sia il massimo.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Ogni giorno, amore e odio. La musica è come un rapporto sentimentale, finché vi vedete qualche volta la settimana, i primi baci, le prime sensazioni, la novità, la bellezza di chi hai di fronte, l’innamoramento, non credo ci sia cosa più bella al mondo. Identica cosa con la musica, finché ti limiti a mettere i dischi, scegliere la musica e ascoltarla è fantastico. Il problema si pone però quando si va a convivere e si fa entrare la persona nella propria vita, in quel momento si iniziano a vedere tutti i difetti e se durante questo periodo molto delicato riesci a chiudere un occhio o ti fai piacere, senza fatica, anche quelle cose che da solo o nella tua esistenza passata non avresti mai accettato, allora si che è vero amore! Per fare il producer devi essere veramente innamorato della musica, farla entrare totalmente a far parte della tuo universo, accettando tutti i pregi e i difetti di questo settore.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Ho sempre pensato esclusivamente a fare il dj. Volevo far ballare, sorridere e divertire le persone con le mie scelte, cercando di emozionarle creando dei percorsi musicali. Desideravo organizzare una serata tutta mia, che mi rappresentasse al 100%, così nel 2010 ho creato Tropical Animals e ho trovato delle persone che mi hanno dato tanto sostegno e soprattutto hanno creduto nel mio potenziale. Il primo ospite che ho avuto il piacere di invitare è stato Munk, boss di Gomma Records, credo che il nostro incontro sia stato un momento importante per la mia carriera. A fine serata, dopo avermi ascoltato nel set di chiusura, si avvicina e mi dice: “sei uno dei migliori dj che abbia mai ascoltato, dovresti trasmettere quello che fai con le tracce degli altri, direttamente con la tua musica”. Dopo circa quattro mesi avevo pronto “The Message EP“, gliel’ho inviato e dopo una settimana abbiamo firmato il contratto. Uno dei momenti più importanti della mia vita.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
La mia passione è il mio lavoro, mi reputo molto fortunato per questo. Cerco di trovare ispirazione e ricaricarmi di energia ascoltando musica totalmente diversa da quella che produco o metto nei miei dj set; lo faccio da sempre, oltre alla musica da club in generale sono un amante di rock, blues, soul, ascolto tutti i generi, informandomi e aggiornandomi quanto posso su questi. In macchina, ad esempio, non c’è cosa migliore delle hit del momento, perché credo che ogni luogo abbia la sua colonna sonora. Mi piace molto il calcio, sono arrivato anche a livelli professionistici ma quando ho iniziato a scoprire il mondo della notte e della nightlife ho dovuto fare una scelta, assolutamente non sofferta.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Il mio più grande rimpianto musicalmente parlando è aver perso molto tempo ad ascoltare gli altri e le cose che facevano, invece di concentrarmi su di me, su come sviluppare le mie potenzialità e crearmi un gusto totalmente personale. Da qualche anno a questa parte ho cambiato modo di pensare e i risultati stanno arrivando.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Gus Gus “Arabian Horse”
Led Zeppelin “Led Zeppelin II”
Terranova “Hotel Amour”
Nirvana “Nevermind”
Aretha Franklin “I Never Loved A Man The Way I Love You”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
Un libro e un film che consiglierei per chiunque voglia intraprendere la carriera del disc jockey sono rispettivamente “Last night a dj saved my life“ e “Maestro”, sono le due colonne portanti per iniziare a capire quello che è stato e dove siamo arrivati.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Faccio il producer da quattro anni e aver già nel curriculum un remix per Luke Solomon (A&R di Defected / Classic), essere uscito su etichette di spessore come Rebirth e Gomma o aver una traccia inserita da Pete Tong nel suo Essential Mix su BBC Radio 1. Sono tutte cose che oltre a riempirmi di gioia mi spronano a fare sempre meglio, ma il risultato di cui vado orgoglioso è che non mi sono mai stancato di stare in studio o dietro una consolle a mettere i dischi. Mantenere l’entusiasmo è la cosa essenziale.
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Ho molti amici dj/producer con cui parlo frequentemente, Whitesquare è uno dei miei migliori amici oltre ad essere un artista fenomenale; ci diamo sempre dei consigli, dopo aver ascoltato le nostre rispettive release. In più chiedo spesso alle mia compagna cosa pensa di un brano perché, non seguendone il processo evolutivo e non avendo ascoltato la traccia durante la realizzazione, ha subito un ascolto “finale”, un’opinione molto diretta simile a quella del pubblico.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media on line…
Credo ci siano dei pro e dei contro, parlare di musica (o di arte in generale) in tutti i campi e in tutte le piattaforme non è un male, anzi aiuta la conoscenza e l’interesse. Mi rendo conto dell’importanza di essere presenti ovunque per chi fa il dj, il producer o il promoter, per avere una maggiore visibilità e una quantità X di possibilità lavorative, ma tutto ciò inizia ad essere un po’ troppo a pare mio, sia per chi lo deve fare e sia per chi deve ricevere tutte queste bombe d’informazioni, per la maggior parte delle volte inutili e futili.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Credo che suonare back to back con Kevin Saunderson (uno dei miei idoli musicali) alla chiusura del mio party nel 2013 sia stata l’emozione più grande della mia ancora breve carriera. Non era programmato, mi ha chiesto se poteva suonare con me dopo aver sentito il mio warm up e credo sia stata la cosa più assurda e inaspettata che mi sia capitata. Essendo, però, anche un promoter da sei anni e avendo a che fare con artisti internazionali e famosissimi ne ho viste di cose strane e fuori di testa: artista A che cambia più volte le camere dell’hotel perché il colore delle pareti avrebbe influito negativamente sulla prestazione della serata; artista B che dopo aver montato il suo setup durante il soundcheck (per ben due ore), per il live composto da quindici macchine, smonta tutto nuovamente per andare a mangiare e si porta la valigia con tutto, a cena; artista C che si è rifiutato di iniziare il suo set perché l’acqua che aveva chiesto nel rider, in Italia, aveva un colore diverso di etichetta rispetto al suo paese d’origine; artista D che, dopo la serata e averlo fatto accompagnare dall’artist care all’hotel, sparisce per tre giorni, perdendo voli, rendendosi irreperibile, non presentandosi alle serate che aveva in calendario, perché era andato a trovare una zia nel senese, senza avvisare nessuno. Potrei scriverci un libro intero.
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale italiana?
Ce ne sono molte, da producer non vedo molta unione e condivisione tra chi crea musica: tutti pensano a coltivare il proprio orticello, non esistono gruppi (come magari all’estero) dove l’artista più influente aiuta gli altri a crescere come e quanto lui. C’è sempre bisogno di essere i primi e mai a pari merito. Per questo motivo, secondo me, pochi produttori Italiani diventano famosi. Parlando da dj invece, vedo la situazione italiana incredibilmente ferma: i promoter dei club più influenti ricorrono ai “dj pulmino”, pr mascherati da resident, o chiamano direttamente grosse guest per fare cassa sicura. I veri resident dei club o delle serata, coloro che creano l’atmosfera, la crew, che sono l’immagine e figura essenziale all’interno del locale facendo da collante tra il pubblico e la musica, si trovano solo nelle piccole realtà, che continuano ad essere l’unica e vera fonte di clubbing. Parlando da promoter, sono stanco di sentire e vedere i soliti dieci nomi, c’è bisogno di rischiare di più su tutti fronti, sia musicali che artistici. Capisco che con la crisi, le persone sono più invogliate a spendere i propri soldi su i nomi importanti e quindi il promoter si muove di conseguenza, ma così stiamo declassando il valore del club e tutti stanno diventando dei contenitori vuoti.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
A breve firmerò un EP per una piccola etichetta di New York che si chiama Night People. È la label di Eli Escobar, un dj e producer molto apprezzato nel panorama house/disco con cui sono felice di poter collaborare. Sto inoltre chiudendo il mio nuovo EP per Rebirth e sto lavorando ormai da sei mesi alla creazione del mio primo album. Oltre a questo, c’è il mio party Tropical Animals che quest’anno si è spostato in un piccolo club nel cuore di Firenze, in cui abbiamo recentemente iniziato la stagione.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.