Non capita spesso di incontrare persone con cui si ha un feeling incredibile, un rapporto che va ben oltre la semplice amicizia e lo scambio di battute su Facebook. Mi riferisco ovviamente quando l’argomento portante della relazione è la musica. E guarda caso questo con lui è il classico caso che ribalta la regola. Salvatore Porto è un ragazzo unico, un digger incallito e un dj superbo. Tutte le volte che mi è capitato di ascoltarlo dal vivo sono rimasto strabiliato dalla sua capacità di creare emotivamente delle trame sonore tanto ricercate quanto efficaci in termini di dancefloor-appeal. Lui è il dj con la marcia in più, niente da dire. Ha una conoscenza musicale devastante che si riflette in ogni suo set, e ne avrete la prova ascoltando il podcast che ci ha consegnato. Ecco perché è finito sotto la lente di Soundwall per la serie Giant Steps, perché Soundwall cattura i giovani talenti di domani, sia che essi siano produttori/dj o semplici e puri dj, come Salvatore. Benvenuti nel suo mondo.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Un disco che era a casa quando ero piccolo. Alla fiera delle pulci a Catania mio padre qualcosina l’aveva beccata: Lucio Battisti, Adriano Celentano, Pino Daniele, Lucio Dalla; ma anche Miles Davis, Louis Armstrong, Charlie Parker…i classici! E poi c’era mia madre che suonava il piano, ho ancora i suoi LP di musica classica. Uscivano all’edicola. Fatto sta che nel mezzo degli acquisti c’erano pure un paio di dischi di Bob Marley, “Flying Dance“ di Bobbi Humphrey, “Night Passage” dei Weather Report e “Here Comes The Family” dei Family Of Percussion. Quell’album me lo ricordo, dentro ci sta alle percussioni Trilok Gurtu, spettacolo!, e Archie Shepp, nomi che riscoprii molto dopo. Fu un primo flash su come la musica può uscire dagli schemi, generi, modi prefissati e creare immagini, storie, energia. Quel disco mi faceva immaginare. È un qualcosa che ho continuato a cercare da lì in avanti, passato comunque dal comune ascolto di qualsiasi cosa. Un sacco di radio, registravo le cassette. Di notte su Radio Rai capitava alle volte roba insolita, elettronica, fusion. Poi Virgin, Capital, Radio Smile, scoprendo techno e house, dalla più tamarra a Lil’ Louis, Frankie Knuckles, Little Louie Vega…mi ricordo la prima volta che ho sentito i Kraftwerk e i Depeche Mode. Poi c’era quello che si beccava facilmente su MTV e RTL. A volte capita di scoprire musica magica dove meno te lo aspetti. Ho avuto un periodo rock, pop, periodo reggae, periodo rave, techno e drum n’bass, per un certo tempo si andava allo Squibb…hip-hop e quattro discipline, poi club, festival…oggi cerco di ascoltare senza costruire troppo, se una traccia mi risuona dentro finisce in borsa.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
A casa dei miei c’era un pianoforte, mia madre suonava il piano. Da piccolo ne ero magnetizzato. Mi divertivo a inventare melodie, pensarci attorno, poi ho comprato dei bonghi, e giocavo con piano e bonghi. E anche la chitarra. La musica era, come adesso, un canale per dare seguito a sensazioni, pensieri, emozioni. In quel periodo è iniziata a diventare importante, ma mai come quando si è iniziato a strimpellare o ascoltare dischi con gli amici. Il fare cose insieme, aggregarsi col suono è il massimo. Smanettavo con Reason 2.0, man mano capivo quanto infinito fosse questo mondo. A Catania c’era il Dome, c’erano e ci sono ancora i Mercati Generali, mio club preferito in città. In estate si andava pure al Marabù…ho iniziato a comprare musica reggae, house, funk, hip-hop, il resto online. Con un mio caro amico prendemmo due Stanton a cinghia e iniziammo a sperimentare tra feste e festini…e le trasferte! Andare ad ascoltare i miei punti di riferimento, comprare dischi in giro, Berlino, Londra, Amsterdam. A Catania ho avuto occasione di sentire alcuni artisti che rispetto tantissimo come DJ Spinna, Gilles Peterson e gli Incognito. Molti artisti che amo non vengono spessissimo, ma recentemente si è messo in piedi qualche serata davvero speciale.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Onestamente non so dirti, più che altro è la musica che mi tira fuori dalle crisi! Le cose cambiano sempre più velocemente, a volte uno si trova a chiedersi se sta facendo le scelte giuste, com’è che sta, dove sta. A volte il mondo pare sotto sopra. La musica può portare con sé un valore spirituale immenso, alle volte con sensazioni profonde, altre semplicemente facendo divertire, cosa altrettanto elevata e importante. Nell’industria c’è chi veramente crede e porta avanti questi valori, chi fa business con il cuore e con la testa. Business non è né bene né male, è uno strumento. Poi c’è anche tanta falsità. Chi parla di non avere ego ed è il primo egoista. Chi parla di love, peace and harmony ed è il primo a fare il furbo. Anche la musica, il djing, è uno strumento, per guardarti meglio dentro e attorno, capire i tuoi limiti e conoscerti. Come lo zen o l’arte del tè. O tanti mestieri manuali. Modi per conoscersi, capire e crescere. In generale cerco di focalizzarmi sull’azione e quando c’è qualche momento meno facile mi dedico agli strumenti, ai dischi e alla ricerca musicale. Allo scambio con le persone attraverso la musica. È sempre stato e continua a essere risolutivo oltre che divertente. Porta forza per nuove idee, chiarezza, semplicità.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Nel mio “percorso” penso che i momenti più importanti siano state le primissime gigs circa dieci anni fa, ed alcuni eventi recentissimi. Le prime gig erano totalmente anonime. Feste private in situazioni dove chi era lì non conosceva molto della musica che passavo. A volte pure situazioni borderline al limite del “disco-richiesta”. Ma è la migliore palestra per essere umili ed imparare ad invitare gli altri al tuo suono. Finché qualcuno apprezza ti “sente”. Puoi avere uno scambio, sperimentarti, condividere un contenuto, farti conoscere un po’. Un bel periodo è stato anche quello della residency al Mr Hyde. Era una seconda casa. Per due anni, ogni due settimane, a Catania insieme ad altri cari amici ci scialavamo a spingere il nostro sound, la nostra alternativa in città. Altri grossi piaceri sono stati appunto recenti: è stato fantastico condividere la console con Sadar Bahar, così come con Nickodemus qualche settimana fa. Entrambi grandissime persone, piene di gioia, semplici, aperte e con i piedi per terra. Comunque è tutto importante, il momento di “ferma” è collegato al momento dell’azione. Non c’è separazione. C’è la preparazione che incontra l’opportunità. Causa-effetto. Causa è effetto!
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue
altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Sicuramente una mia passione è esplorare la natura. Sarà un cliché ma è fondamentale staccare la spina totalmente: tenda, zaino, silenzio. Adoro tutto questo tanto quanto il casino delle città! Dammi due, tre giorni di ritiro in natura, poi dammi sound system, strade piene di gente, qualche gin tonic o bloody mary. Una volta ho letto che la misura si impara toccando gli estremi e che la bellezza può essere in tutto e negli opposti di tutto…in effetti è così! Poi mi piacciono gli scacchi, da piccolo ci stavo dentro. Sto anche scoprendo sempre di più una grande passione per le arti visive. Sono ben lontano dal saperne di grafica o siti ma mi piace divertirmi con GIMP, Photoshop, Wix, InDesign. Un altro pezzo importante è la meditazione: penso che specialmente oggi trovare un qualche tipo di pratica che vada bene per te, per sganciarti ogni tanto dal marasma, sia un ottimo modo per recuperare energia. Anzi è fondamentale. Non possiamo dare nulla se non portiamo centratura e ispirazione in noi, ed anche se sei Superman comunque il vento delle cose a volte ha i suoi effetti.
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Ma ti dirò, non ci sono eventi in particolare o cose non fatte che vivo con rammarico. Più che altro la vedo come una questione interiore. Quando si è offuscati da troppa chiacchiera in testa, troppo proiettati, troppo carichi di emozioni irrisolte, allora è facile che con la mente si inizi a colorare tutto in un certo modo. Quando succede si inizia a pensare che gli altri sono così o colì, e dovrebbero essere invece colà, o che quella volta dovevi fare così o dire così, e invece hai fatto cosà…penso che bisogna imparare ad ascoltarsi, e quando succede questo, saper fermare quel treno. Ci sono tanti modi. La musica è un modo. L’energia di un party è un modo. L’introspezione un altro. Tra l’altro è comodo lamentarsi. Quando si riesce a ristabilire una certa pace, calma e forza, si vede tutto meglio. Da lì non c’è granché da rimpiangere. Si impara. Si opera.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Fela Kuti & Roy Ayers “Music Of Many Colors”
Theo Parrish “First Floor Metaphors”
Wally Badarou “Echoes”
Paulinho da Costa “Simbora”
Pino Daniele “Vai Mò”
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
“Fight Club”, il libro. E poi anche il film. Parla di una grande verità interiore. Poi Gurdjieff, “I racconti di Belzebù a suo nipote”. È un po’ un mattone ma se superi l’attrito iniziale…roba tosta. Più recentemente, “Psycho-cybernetics” di Maxwell Maltz. E anche “The subtle art of not giving a fuck” di Mark Manson. Altri film, “Revolver”, “Blade Runner”, e sicuramente i film di Paolo Villaggio e Lino Banfi. Per quanto diversi tra loro, tutti contengono messaggi meravigliosi. Cerco lo stesso nella musica. È il linguaggio più incredibile che esista.
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Sono molto contento di avere avuto occasione di condividere la console con Marcellus Pittman qualche anno fa in Sicilia ed aver curato per due anni ad oggi la direzione artistica a Capofaro sull’isola di Salina, coinvolgendo diversi artisti che apprezzo. Un luogo bellissimo immerso nella natura tra cielo, mare e vigne, diventato anche un’interessante laboratorio sonoro. Come dicevo prima, grande soddisfazione anche condividere i decks con Sadar e Nico. Un’altra gioia è quella di aver visto alcuni miei set diffusi nel web da progetti che amo, come Udacha, 12th Isle e 6AM AT THE GARAGE. La cosa più bella è la condivisione, quello che si sperimenta nello scambio e nel mettersi in gioco. Presentare un contenuto, condivisione, provare ad alzare delle sensazioni positive. Sono felice quando questo può accadere.
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è una intervista che stiamo facendo per un media online…
Se mi facevi questa domanda un po’ di anni fa penso che la mia risposta avrebbe avuto qualche tono cinico o complottista, tipo che il web ci sta intortando, che è sempre più integrato nelle nostre vite e che questo non va bene, ci sta togliendo tempo, attenzione etc. Forse questo è in parte vero, ma dipende sempre dalla persona e dall’uso che fa delle cose, e comunque adoro le possibilità che stanno emergendo grazie a tutto questo. Nuove idee nascono continuamente. Grazie al web ho potuto conoscere un sacco di persone interessanti, scambiare idee e contenuti, far conoscere il mio punto di vista, come adesso. Quello che non mi piace è quando mettersi in mostra diventa più importante del semplice fatto di essere, farsi così tanti selfie e video da non viversi le cose, da falsarle, è patetico. D’altro canto adoro il fatto che la trasparenza cresce, tutti siamo esposti e quindi spronati a migliorare, la scoperta di uno è la scoperta di tutti, mi fa pensare al concetto della Grande Mente, è come se noi fossimo i neuroni. È una figata!
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui
vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Le mie figure di maggiore ispirazione, i miei dj preferiti, alcuni non li trovi online. Poi ci sono alcuni dj che ho coinvolto in questi anni a Capofaro come Passenger, Filippo Zenna, Roberto Di Mauro, Andrea Montalto ed Emanuel Scandellari. Nutro grande stima per la vecchia scuola catanese: Massimo Napoli, Tommy, Livio d’Emilio, Francesco Samperi. Con alcuni di loro mi capita di condividere spesso i giradischi e divertirci un botto! Tra i progetti siciliani di cui sono stato ospite e che più ammiro c’è Sound Butik. Poi ci sono grandi nomi a cui sarò sempre grato anche semplicemente a distanza, artisti che per me sono maestri assoluti, quelli che col loro contributo mi hanno dato un sacco di ispirazione ed insegnamenti, non solo musicali ma di vita.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di
vivere?
Entrambe hanno a che fare con paesi del Vicino Oriente. Una volta, ho suonato ad un matrimonio di libanesi. Non è qualcosa che sono solito fare, ma sposo e sposa erano entusiasti del mio SoundCloud. Non avevo idea di come sarebbe andata. Fatto sta che mentre ho iniziato, tutti gli invitati hanno iniziato a tirar fuori ciancane, tamburi ed altri strumenti; è una cosa libanese. Si accoglie la sposa con percussioni e canti. Metto in rotazione un disco di Joe Claussell, “Git Wa”. La testimone della sposa, tra l’altro dj, prende un microfono ed inizia a cantarci sopra in arabo. Voce incredibile. Atmosfera assurda. Continua così su diverse tracce, e dopo un po’ anche rappando! Una roba pazzesca. Poi si è continuato fino a notte fonda, mi sono anche inter-cambiato con lei in una specie di joint misto deep house, hip-hop, disco, breakbeat hindu-libanese. Siamo andati avanti per ore, se qualcuno prendesse un mic mentre suono è facile che possa trovare la cosa non proprio adatta…ma quella sera è stato fighissimo! Le cose impreviste a volte sono le migliori.
Vedasi a conferma anche quest’altro episodio in Turchia. Io e Niki, mio migliore amico, un fratello di vita per me, decidiamo di fare un viaggio senza programmare nulla. Da Istanbul abbiamo girato in autostop fino in Cappadocia, e Pammukale. Fatto sta che dobbiamo attraversare un bosco, ci dicono volerci un paio d’ore, invece ce ne vorranno sei, e farà buio! E ci ritroveremo dall’altra parte in un paese sperduto, di notte! Per dirti, c’erano tizi con turbante e fucile, pecore, e nessuna strada…bussiamo ad una porta che aveva una lanterna accesa, ci apre un vecchietto, ci accoglie, fa una telefonata. Non capiamo…arrivano in pochi minuti due tizi in smoking con una Mercedes…non capiamo…iniziamo pure a cacarci sotto a dirla tutta…loro dicono di salire in auto e continuano a dire “no problem”. Non del tutto sicuri, accettiamo. Prendono una strada nel nulla. In lontananza, una struttura illuminata. Già con Niki pensiamo a varie soluzioni per salvarci dovessero puntarci una pistola o altro. Ci fermiamo, scendiamo. Entriamo. E…alla fine era il loro hotel! Bellissimo. Tutto ok. Ci danno una stanza, e la cena. VIP treatment. Goduria totale. Dopo un po’ bussano e ci dicono di scendere sotto. Ciliegina sulla torta, sound system e party nella hall. È finita a gin monic, musica fino all’alba, e tante risate! Quello che mi porto da questa storia è l’importanza di saper mollare i piani ed affidarsi all’istante, pur rimanendo sul pezzo. È fondamentale anche nel suonare. “Comfort Zone” vs “Where the magic happens”!
Passi sbagliati: quali sono le cose che più ti danno fastidio nella scena musicale
italiana?
Voglio focalizzarmi sul buono, più studio e scopro, più capisco che in Italia ci sono grandissimi artisti. Più passa il tempo, più vedo intento a collaborare e cooperare piuttosto che competere. Questo non vuol dire che non ci siano le cose che non vanno, ma penso che come in Italia il buono e il marcio siano ovunque. C’è ovunque la gente con la testa sulle spalle così come ci sono ovunque, per fare un esempio, organizzatori e proprietari di locali che speculano, agenti o promoter poco professionali che guardano solo al paycheck…sicuramente l’esterofilia, quand’è esasperata, è a discapito di chi potrebbe meritare più spazio nella propria terra. Questo può essere fastidioso. Non a caso alcuni tra i più interessanti conterranei suonano prevalentemente all’estero. Ciò nonostante, vedo cambiare in meglio tutte queste cose.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Insieme ad alcuni dj e “digger” che rispetto molto stiamo preparando alcuni appuntamenti nella mia città che combineranno expo e vendita di dischi a dei party, coinvolgendo ospiti mai venuti in Sicilia, artisti che amiamo. Allo stesso tempo penso di girare un po’ in Europa, avrò un paio di gig all’estero e alcune robe in radio…non vedo l’ora!
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se
tua o di altri.