Una storia che inizia da lontano, un suono che la racconta pagina dopo pagina e che arriva dritto dalle sinapsi al cuore alle gambe senza neanche accorgersene. The Ruftop (impersonificato in queste bellissime parole che seguono da una persona unica ed appassionata come Fabio Senna) è un progetto in continuo divenire che sta finalmente venendo alla luce. Un ponte invisibile che collega Milano e Londra in una sinergia musicale che convoglia l’esperienza e le radici musicali di ciascuno dei suoi membri.
È pop? È electro? È french touch? Sappiamo solo che non vediamo l’ora di vedere questi ragazzi dal vivo, il prima possibile. Intanto possiamo goderci “Outer Space” e “Holding Hands”, i primi due singoli che precedono l’album d’esordio previsto nel prossimo futuro.
Passo numero uno: qual è il disco o la traccia che ti ha cambiato la vita? La primissima. Quella che ti ha fatto capire che la musica era veramente un’emozione particolare, più intensa di altre.
Inverno 2007, Milano. Producevo musica nella mia cameretta con i primi software da circa cinque-sei anni e mi divertivo a fare minimal/tech-house sull’onda di Diabolika e P-Gold, che tra Roma e Milano facevano faville.
È esattamente in questo contesto che mi capita tra le mani il primo disco di Boys Noize “Oi Oi Oi”. Appena lo metto su parte “&Down”, prima traccia dell’album, senza alcun preavviso. Abituato a ritmiche e suoni completamente diversi sono rimasto letteralmente folgorato. In quel momento ho pensato: “Ok, voglio fare anche io ‘sta roba!”.
Passo numero due: quando hai capito che la musica, produrla o suonarla, sarebbe stata una parte fondamentale della tua vita?
È stato un processo quasi inconscio in realtà. Ed è cominciato anni prima che scoprissi la traccia che poi rivoluzionò il mio modo di pensare alla musica. Il mio approccio è stato molto nerd, nel senso che mi sono avvicinato all’elettronica perché fondamentalmente si faceva con un computer. Quindi il tutto è cresciuto in via molto sperimentale, la musica non era che un mezzo con cui in realtà testavo coding e software. Mi sono presto reso conto che stavo in realtà sempre più perdendo interesse nei software, a favore delle composizioni musicali che mi uscivano. Da li ho iniziato con le prime “tracce” fino a che, con un amico, abbiamo iniziato a fare dei mixtape su cassetta. Si trattava di roba fatta con un semplice registratore, rubando canzoni qua e là, da altre cassette, per poi “mixarle” tutte sullo stesso nastro.
Era magia pura ed era troppo divertente “giocarci”. Penso sia partito tutto lì e piano piano semplicemente dedicando sempre più tempo a questo piacere mi ci sono ritrovato in mezzo… Non so cosa starei facendo ora, se non avessi intrapreso quella strada.
Passo a margine: quali sono stati i momenti di maggior crisi, nel tuo rapporto con la musica?
Dopo due anni di prove e registrazioni siamo stati costretti a rinunciare al nostro batterista, visti i suoi impegni con un’altra band, e l’idea di sostituirlo non era cosa semplice. È stato un brutto colpo: avevamo studiato tutte le tracce e preparato il live con una formazione di tre elementi e il fatto di avere un batterista in formazione era per noi un punto decisamente importante.
Dopo un po’ di sconforto iniziale io e Davide abbiamo ripreso in mano tutte le canzoni e abbiamo ripensato completamente il setup e il live per due elementi. Arrivati a quel punto era sorto il problema dell’assenza di una parte vocale “interessante” e quindi abbiamo cercato una soluzione anche a questo. Bjørn (il nostro singer e songwriter olandese) è stato un innesto fondamentale. È stata una sfida impegnativa, ma devo dire che siamo a buon punto, stiamo finendo giusto gli ultimi accorgimenti sul setup con cui poi ci vedrete live.
Passi importanti: quali sono stati finora i momenti più importanti, nella tua carriera?
Sicuramente Londra. L’anno scorso ho avuto la fortuna di incontrare un grande produttore (non in ambito club/elettronica) che stimavo un sacco. Ho avuto l’occasione di lavorare con lui per una produzione a Milano e di seguirlo successivamente a Londra, cosa che ha letteralmente cambiato le carte in tavola anche per il progetto The Ruftop. Credo che il boost che siamo riusciti a dare durante l’ultimo anno dipenda anche da questa serie di eventi.
Devo molto a chi ha creduto in me nell’ultimo anno, parecchio di quello di cui chiacchiero adesso non ci sarebbe senza un aiuto così grosso.
Passi per prendere un po’ d’aria e trovare ispirazione ed energia: quali sono le tue altre passioni? Come le sviluppi? Quanto tempo riesci a dedicare loro?
Non ho mai dedicato davvero il tempo a qualcosa che non fosse connesso con la musica. Tra i tredici e i sedici anni c’era l’informatica, ma piano piano ho canalizzato sempre di più tutto il mio tempo nella produzione in studio. Posso dire di aver sviluppato negli anni una passione profonda per quello che la musica riesce a creare tra me e gli altri. Sono una di quelle persone che non si sente felice davvero fino a che non condivide quel determinato momento. Per questo ho messo in piedi tanti progetti associativi e culturali a Milano, per permettermi di fare di questa passione qualcosa di più, qualcosa che rimanesse nel tempo e che aiutasse le persone a condividere momenti speciali. Ho molti ricordi di festival organizzati a Milano con l’aiuto di un sacco di associazioni e persone formidabili. Ricordo qualcuno che si aggirava tra i carri con una maschera di V per Vendetta e una maglietta dell’NBA durante ARTES2013, a te ricorda qualcuno?
Passi perduti: quali sono finora i tuoi più grandi rimpianti, musicalmente parlando?
Sveliamo il primo segreto della band! Il nome del progetto, in realtà, è stato cambiato appena prima della release dei nostri primi due singoli, “Outer Space” e “Holding Hands”. Tra i vari motivi della scelta c’è il fatto che il vecchio “nome”, associato al progetto iniziale – nel formato trio di cui parlavamo prima – ormai l’avevamo ripetuto tra di noi talmente tante volte ne eravamo nauseati!
Musicalmente parlando, direi quindi che il rimpianto più grande è stato quello di non essere riusciti a pubblicare prima qualche singolo pensato per la formazione iniziale con la batteria e aver dovuto poi scartare dalla tracklist dell’album tutte le canzoni pensate per quella situazione, in quanto non più in linea con i suoni e gusti che abbiamo abbracciato ora.
Passi che consiglieresti: quali sono secondo te i cinque album (o brani) che consiglieresti e che non dovrebbero mancare nella discografia di tutte le persone a cui vuoi bene o che stimi?
Modjo “Modjo”
Etienne De Crecy “Super Discount”
Fatboy Slim “You’ve Come A Long Way, Baby”
Moby “Play”
Portishead “Dummy”
In realtà ce ne sarebbe un sacco da menzionare, ma approfittiamo del fatto che siamo in tre e diciamo che questi sono quelli che ci rappresentano meglio come band.
Passi in biblioteca o videoteca: quali libri o film consiglieresti?
“The Big Kahuna” (F)
“Begin Again” (F)
“La leggenda di Frankie Wilde” (F)
“24h Party People” (F)
“The Hit Factory” (L)
Anche qui ci sarebbero milioni di titoli da elencare ma a questi titoli siamo particolarmente legati come gruppo. “Begin Again” ad esempio è un film apparentemente stupido, ma in realtà l’idea di fare un disco registrando per strada è da sempre un discorso che ritorna ciclicamente quando si entra in studio. Sai, stiamo provando a tirare fuori qualcosa di nuovo, per non essere banali, e quindi, chissà, magari un giorno neanche troppo lontano…
Passi fondamentali: qual è il risultato artistico di cui finora vai più orgoglioso?
Sicuramente i pezzi dell’album che sentirete all’inizio dell’anno prossimo.
È stato un percorso lunghissimo e affascinante. Nell’ultimo anno Davide mi ha raggiunto a Londra per concludere le registrazioni e siamo rimasti chiusi in studio due settimane dove abbiamo sperimentato e registrato qualsiasi cosa!
Le canzoni che ne sono uscite sono state composte nell’arco degli ultimi cinque anni e mettere il punto ad un progetto così ti riempie davvero di soddisfazione.
Ci sono un sacco di dettagli di cui sono super orgoglioso. Suoni registrati a Milano, a Londra, al parco, al mare, in cantina, sui tetti. È fantastico sentire una canzone in cui ogni singolo dettaglio richiama alla memoria una situazione vissuta! Spero che passi soprattutto questo concetto con le canzoni. Queste non sono canzoni “fatte per un pubblico”, siamo effettivamente noi negli ultimi anni, una sorta di album di foto in cui ti rivedi la volta che eri alle 4.30 del mattino in studio, dopo dodici ore, ancora felice come una pasqua per aver trovato quel suono li!
Passi virtuali: come stai vivendo l’onnipresenza del web nelle nostre vite in questi anni? Visto tra l’altro che questa è un’intervista che stiamo facendo per un media online…
Il progetto The Ruftop esiste grazie al web! Ci riusciamo ad incontrare poche volte, dato che io sono oramai fisso a Londra mentre Davide e Bjørn sono a Milano. Lavoriamo sulle idee in un vorticoso turbine di email, posso affermare con pochi dubbi che siamo tra i migliori clienti di Dropbox, Mega e qualsiasi altro servizio di storage online! Scherzi a parte, è davvero così. E la cosa di lavorare a distanza ci diverte un sacco. Non la vediamo come un limite, ma come una cosa che può aiutarci a prendere spunti da situazioni diverse e poi, diciamocelo senza troppe storie, ‘sta cosa che puoi fare qualunque cosa da qualunque posto è assolutamente una figata!
Come band stiamo lavorando a delle iniziative interessanti che sfrutteranno prevalentemente il web, sia come promozione che come distribuzione. Non abbiamo troppi progetti inerenti al “mondo reale”, non ci interessa stampare CD, vinili o cassette. Vorrei spoilerarvi qualcosa ma vi rovinerei tutte le sorprese che vi aspettano in inverno!
Passi in compagnia: quali sono i dj e producer con cui senti più affinità, e con cui vorresti sempre e comunque condividere parole, progetti, obiettivi?
Mi piace confrontarmi con più persone possibili su quello che faccio ma non ho un gruppo o delle persone specifiche con cui sento maggiore affinità. Nel corso degli anni ho collaborato con un sacco di dj e producer di estrazione diversa ed in qualsiasi situazione si è sempre riusciti a condividere il meglio. Penso che avere un obiettivo ed una passione condivisa metta già in una situazione di totale agio e quindi, personalmente, mi capita raramente di non sentirmi bene a lavorare con qualcuno, soprattutto in studio. L’importante è riuscire a mantenere una certa disponibilità al confronto. Ecco, con chi riesce a mantenere disponibilità nel confronto, più che nomi ti direi con questa categoria di persone, la condivisione di idee durante il processo creativo non è solo qualcosa di naturale, ma penso faccia emergere quelle cose piccole ma fondamentali che possono arricchire enormemente il messaggio finale e fare la vera differenza. Questo è il motivo per il quale abbiamo scelto di avere numerose collaborazioni per le prossime release.
Passi incrociati: qual è la situazione, musicale e non, più assurda che ti è capitato di vivere?
Era forse Novembre del 2011 a Bardonecchia, avevo appena finito di suonare in un piccolo club. Non c’era molta gente e ci fu un mezzo casino di cui non ricordo bene i dettagli. La serata era finita quindi in anticipo rispetto agli orari previsti, ma io volevo continuare il party e quindi, incurante delle conseguenze davanti al locale appena chiuso, cominciai a dire alla gente che si continuava a oltranza nell’appartamentino del residence dove pernottavo. Devo ammettere che ancora oggi non ho idea delle motivazioni di questo gesto però mi sembrava giusto dare una “seconda chance” a quella poca gente rimasta senza musica.
Ovviamente non pensavo che qualcuno si presentasse seriamente alla porta e invece, tornato al residence, tempo dieci minuti eravamo almeno un cinquantina, perfettamente sconosciuti, con un’organizzazione che neanche El Botellon in Spagna.
Siamo andati avanti fino alle dieci del mattino tra musica, chiacchiere e divertimento.
Durante quella serata, tra l’altro, ho conosciuto il batterista con cui sarebbe successivamente nato il progetto The Ruftop nella sua forma iniziale ed altra curiosità: la primissima traccia che abbiamo fatto si chiama “7212” proprio in riferimento al numero dell’appartamento del residence di Bardonecchia!
Passi sbagliati: quali sono le cose che più di danno fastidio nella scena musicale italiana?
Le cose cambiano e si evolvono in tutti i contesti. Anche la scena musicale italiana sta diventando più consapevole di dover contare sul fatto che esista, realmente, una scena, una community. È sempre andata cosi, ovunque, ma in Italia questo messaggio ci ha messo un po’ ad arrivare a tutti. Si respira ora un’aria di maggiore collaborazione, dove ci si da una mano, ci si aiuta. Ricordo che anni fa non era affatto così. Ho conosciuto fiumi di persone troppo interessate a cercare di arrivare chissà dove, che poi hanno perso di vista tutto quello che stava loro attorno: il creare gruppo, il condividere le soddisfazioni Questa penso sia la cosa che più mi ha dato fastidio della scena musicale in Italia, ma in passato, come ho detto ora ho la percezione che la cosa stia profondamente cambiando. Si parla molto della “scena italiana” anche sui vari giornali, blog, webzine, ecc e penso che questo sia un ottimo contributo per dare credibilità alla cosa, il fatto di parlarne implica che una scena esiste e piano piano la gente se ne sente parte, si riconosce, si supporta e così via.
Passi che stai per compiere: quali sono i tuoi prossimi progetti?
Londra è una città dinamica e in continuo movimento, non si dorme mai e si è sempre spinti a dare qualcosa in più. In un ambiente come questo è super stimolante pensare a progetti futuri e personalmente ho cominciato a pensare di mettere su una sorta di label indipendente. Non si tratta, in realtà, solo di un’etichetta, ma funzionerà come un vero e proprio collettivo artistico di produzione sonora. Ci stiamo già lavorando duramente, notte e giorno, e stiamo cercando la via perfetta per dare il miglior sostegno possibile a chiunque sia interessato a produrre musica di qualità nell’ambito della musica elettronica. È un progetto molto ambizioso e ne siamo tutti consapevoli, ma i tempi mi sembrano sempre più maturi. Abbiamo già un paio di sessioni molto promettenti in programma nei prossimi mesi, tra cui un ritorno in studio con i The Ruftop per finalizzare il live show con il quale andremo in giro nel 2018.
Passi sinestetici: salutaci non con delle parole, ma con una traccia, non importa se tua o di altri.
!!! “NRGQ”