[tabgroup layout=”horizontal”]
[tab title=”Italiano”]Ci sono interviste che sono giocoforza speciali, perché hai di fronte dei maestri assoluti, gente che ha fatto la storia della musica che ami. Ma ci sono interviste che diventano speciali anche quando le chiacchiere le stai facendo con uno bravo, molto bravo, ma che magari non è al livello di un Garnier o anche solo di un Loco Dice. Qui, con Giorgio Gigli, il segreto è l’umanità: da lui trasuda in ogni poro. Avremmo potuto fare una lunga intervista che ripercorre la sua storia, i suoi successi (comunque ben superiori alla media, per essere un dj italiano), le sue collaborazioni con Speedy J e Perc, i suoi set in luoghi come il Berghain o in festival come Awakenings – molti artisti di casa nostra se la tirano il triplo avendo fatto un terzo di lui, è un dato di fatto. Invece è venuto fuori qualcosa di in parte diverso. Qualcosa di, secondo noi, più bello. Più umano. Senza comunque tirarsi mai indietro nel giudicare anche in modo critico come si dispongono cose, musiche e persone nello scacchiere della club culture di casa nostra.
Bene. Prepariamoci ad una chiacchierata densa, a parlare di come la musica sia una cosa complessa e pensosa, di come un dj non debba mai usare dei tool e…
Ma no! Fermo lì. Che problema c’è ad usare dei tool? Se costruiti sul mio gusto, certo che li uso! Poi vabbé, lavorando io essenzialmente coi vinili ne faccio un uso molto limitato. Il tool lo usi per lo più col digitale, ti aiuta a creare delle soluzioni particolari, mentre col vinile ha effettivamente meno senso – a meno che tu non stia facendo un set, che so, con quattro giradischi, alla Jeff Mills, o arricchisci con qualche batteria elettronica, ma a parte questi casi un tool di dodici minuti in vinile stanca, va usato con molta parsimonia. Ma appunto: non c’è nulla di male nell’usare i tool. Più che “arte” sono un mero “strumento” per fare il dj? Benissimo, che problema c’è. Noi facciamo i dj. No? Ah, fammi tornare un attimo su questa cosa che uso i vinili…
Prego.
La mia non è una scelta fanatica, perché oggi attorno all’uso dei vinili sta montando veramente una specie di fanatismo, di integralismo. Uso i vinili unicamente perché è il mezzo con cui alla fine mi trovo meglio. Stop. Questo è molto importante chiarirlo. Ma tornando ai tool: sì. Possibilmente che comunque abbia un suono ruvido, sporco, “quadrato”, qualcosa insomma che ricordi la techno iniziale, quella bella pesante…
Guarda un po’, la musica che piace all’intellighenzia oggi.
Che bastardo che sei. (ride, NdI)
Eh, devo esserlo.
E invece no. Te lo dimostro in un modo molto semplice: guarda stasera, sono arrivato con tre borse di dischi. Tre. E’ la mia insicurezza, a farmelo fare. Anzi no, è il contrario: è la mia sicurezza. Capisci: se io avessi saputo fin da subito cosa volevo suonare, cosa era “giusto” suonare, mi sarebbe bastata una borsa sola; invece io voglio arrivare, vedere il posto, parlare con la gente, e poi decidere che direzione dare al mio set. L’ultima volta che sono stato al Berghain ho dovuto chiedere l’upgrade del biglietto aereo per l’extra-luggage, da quanti dischi mi stavo portando dietro. “Suoni cinque ore, ok, diciamo che un paio di borse ti bastano, no?” mi diceva Gideon del Berghain, colui che si stava occupando di prenotarmi il volo. “No Gideon, sei matto? Troppo poche!”. Due borse e basta andavano bene se avessi già deciso in partenza cosa suonare… Quando invece la cosa più bella del fare un dj set è proprio l’imprevedibilità. Se togli quella, mi togli gran parte del gusto del fare il dj.
A proposito di imprevedibilità: ti è mai venuta voglia di collaborare con musicisti “altri”, che arrivino da background piuttosto differenti rispetto alla techno?
Io amo Rafael Anton Irisarri. Lo adoro. Lui per me è il massimo. Ovviamente non mi caga più di tanto: gli ho spedito i miei dischi, “Thank you, Giorgio” e ciao, finito lì, mai più sentito. Però ecco, la mia più grande passione è la musica ambient, quella storica o quella contemporanea che sia, o cose tipo Max Richter. C’è il dancefloor, certo, ma il semplice ascolto della musica – magari a casa, senza comunque essere in un club ed essere obbligati a ballare – resta la mia più grande passione. Io a casa non ascolto mai techno, semmai ascolto Badalamenti.
Infatti lo so che hai questa passione. Tant’è che sono quasi sorpreso che finora tu non abbia messo in giro una più nutrita serie di release che vadano in quella direzione. Anche perché pure nelle tue cose più da dancefloor c’è sempre un approccio, come dire?, in qualche modo cinematico.
In realtà, c’ho fatto sopra addirittura un album: l’ho appena finito. Il mio album. E non c’entra nulla col dancefloor. Un album che o sarà un successo, o sarà una cagata pazzesca. L’ho proprio detto alla mia fidanzata, “Con questo disco o spacco tutto, o me lo tiro in faccia perché non venderò nemmeno una copia”. Stiamo parlando di sette/otto tracce, e per finirlo c’ho messo un paio d’anni: sono tanti, ho impiegato così tanto tempo non per la complessità tecnica del materiale ma proprio perché volevo trovare il giusto equilibrio, la giusta direzione, una coerenza complessiva. Il respiro di un album, insomma. Potremmo immaginarcelo come la colonna sonora non tanto di un film di fantascienza, quanto di un thriller psicologico, sì. Di quelli belli pesanti. Tristi. Io adoro la musica triste: mi rende felicissimo! Ovviamente, stiamo sempre attenti a non confondere musica triste con musica noiosa – la prima ti suscita delle emozioni, anche molto forti, la seconda ti suscita noia e basta. Oh, non escludo che in tanti troveranno noioso questo mio disco, eh! Posso solo dire che ho fatto ogni sforzo per disegnare uno scenario compatto, coeso, per quanto possibile suggestivo. Poi ognuno sarà libero di interpretare questo scenario a suo piacimento.
Insomma, zero dancefloor.
Assolutamente.
Scusa, non eri tu quello che mi dicevi – parlando dei tool – “Io sono un dj, questo faccio”…?
Io nasco come dj. Questo faccio, sì. Io metto i dischi. E quando li metto, la cosa che più voglio è che la gente si diverta: techno? Bomba!, la gente balla, alza le mani, si diverte… Questo è. Se voglio andare in giro a fare il concettuale, il grande “artista”, sarebbe proprio il caso non facessi il dj. Ma un album è invece un’altra cosa, non è guarda caso qualcosa che si usa in un dj set: e quindi ha senso creare un prodotto che non sia assolutamente da dancefloor. Tanto più che già di mio ho fatto talmente tante release di taglio dnceflooriano, quelle non mi mancano di sicuro nella discografia… Ecco, diciamo che con l’album ho voluto provare a fare una piccola biografia di quello che è l’altro Giorgio Gigli, quello che si è formato anche grazie a quello che ho imparato dall’esperienza Zooloft, dall’ex mio socio Obtane (…che è un genio). Ci sono sfaccettature che possono ricordare il primo Monolokae: ritmiche spezzate, atmosfera avvolgente, profonda.
Quando dovrebbe venire fuori?
Non si sa.
Prego? Non puoi rispondere così.
Eh, ma non si sa.
E’ la cosa meno efficace dal punto di vista lavorativo del mondo, quello che mi stai dicendo. Fai la figura del dilettante alle prime armi. Dai, su.
Ma io non voglio essere efficace. Io ora ho il piacere di parlare qui con te; e quindi ho il piacere di parlarti del mio disco. Avessi voluto essere “efficace”, lo so benissimo, ora non ti avrei detto nulla e te ne avrei parlato solo ad uscita già fissata, mandandoti il promo due mesi prima della release.
Quindi insomma, diciamolo, non sei uno bravissimo a gestirti in maniera strategica.
Sono pessimo. Il peggiore di tutti. Grazie a dio ho persone che gestiscono per me alcune cose, la comunicazione, l’etichetta, eccetera. Non credo proprio di essere bravo a gestire la mia immagine. Anche perché sono troppo diretto. Faccio subito l’amicone senza peli sulla lingua. So perfettamente che è un approccio stupido, eh, e spesso controproducente. Ma io sono fatto così – che dobbiamo fare, cambiare? Ma no. Perché.
Come vedi lo stato di salute della club culture italiana in questi ultimi anni?
In formissima direi, no? Sbaglio? O almeno, se guardo a me stesso, rispetto agli anni passati ho raddoppiato la frequenza delle date: quindi vuol dire che in giro la scena cresce. Oddio, se faccio più date magari non è merito mio o della scena, è il mio agente che è bravo… (ride, NdI) No, scherzi a parte, sono perfettamente consapevole che il fatto che io suoni techno, in un momento in cui la techno è improvvisamente tornata sulla cresta dell’onda, è una cosa che mi aiuta – ma chi mi conosce sa benissimo che io ho sempre suonato un certo tipo di cose, anche quando non se le filava nessuno. Quindi ecco, essendo consapevole di tutto ciò so benissimo che magari fra sei mesi non mi chiamerà più nessuno. Pazienza. Starò a casa, cucinerò la mia eccezionale pasta alla gricia per gli amici, mi berrò con loro un bel rosso. Benissimo.
Quali sono le realtà di casa nostra che più ti hanno sorpreso, quelle da cui magari sulla carta non ti aspettavi granché e invece sono venute fuori serate da paura?
No, aspetta, mettiamola un po’ al contrario, parliamo delle sicurezze. A Roma sicuramente il Goa: è un po’ casa mia, è il posto dove mi esprimo meglio, fortunatamente a distanza di tanto tempo c’è ancora chi mi vuole un sacco bene – gente che mi ascolta, mi segue attentamente, a fine set vengono a cercarmi per ringraziarmi ed abbracciarmi. Poi, subito dopo il Goa, c’è il Dude a Milano. Lì ho suonato veramente tanto. Non so che dire: mi vogliono bene… Forse più per il mio carattere che per quanto sia effettivamente bravo, boh? Però ecco, suonare da loro è entusiasmante. Parlando invece di posti da cui magari non mi aspettavo nulla di particolare ed invece ho avuto gran serate, bisogna parlare della provincia più profonda. Posti dove è fisiologico che un certo tipo di cultura arrivi più tardi e con più fatica rispetto alle grandi città. Poi però ti capitano situazioni come a me a Capranica, duemila persone davanti… Ma non era solo il fatto che fossero duemila, non servono a niente duemila persone davanti a te se non ballano e se più di tanto non ti ascoltano, tipo che potresti suonare tu o chiunque altro che tanto nulla cambierebbe. Quelle erano duemila persone vere, attente, entusiaste. In generale comunque devo dire che io da un un po’ di tempo sono molto fortunato: in qualsiasi locale suoni, di gente ce n’è. Insomma, non devo truccare le foto con Photoshop…
Ma hai mai sognato, onestamente, di diventare una delle superstar europee del deejaying?
Hai voglia. Ogni persona intelligente, se fa un lavoro che le piace, vuole diventare il massimo nel suo campo. Anche uno che cambia bulloni spera, per dire, di andare a lavorare in Formula 1. No? Ma andiamo per gradi: prima di tutto, non mi sarei mai aspettato di arrivare fino a questo livello. Se mi immagino me ventenne con una sfera magica che mi mostra cosa sarei riuscito ad ottenere nel corso degli anni, beh, non mi ci avrei mai creduto. “Ti chiameranno per suonare anche dal Giappone e dall’Australia”: eh? Sul serio? Invece, è successo veramente. Al tempo stesso sono perfettamente consapevole che rispetto ad altri, come fama, sono zero. Però guarda, sai che c’è? Ho il sospetto che se io mi trovassi catapultato al livello di un, non so, Carl Cox, alla fin fine non mi reggerebbe la pompa. Non ce la farei, ma proprio come stile di vita. Ti faccio un esempio tennistico: pensa a un tennista al top. Allenamenti. Aerei. Hotel. Tensione psicologica. L’obbligo di vincere. Sempre. Di continuo. Ecco, riporta tutto questo al mio lavoro: non so se ce la farei, non so quanto riuscirei a reggere. In passato ho avuto momenti anche molto più intensi di quello attuale, una vita in continuo movimento. Ora meno. Ok che adesso forse è qualcosa cambiato, la famiglia, mio figlio, ma quella è una cosa che riuscirei a gestire; quello che invece proprio non sopporterei sarebbe proprio l’essere in continua tensione, mai rilassato, sempre con l’obbligo di rendere al massimo. Quante volte ti è capitato di sentire un big della consolle e di pensare, o dire, “Ha fatto schifo”? E’ che siamo esseri umani, quella è gente che deve suonare ovunque e tutti si aspettano sempre la serata della vita, mentre magari sei ancora devastato dal fuso orario. Detto questo, non nego che sarebbe bello avere i cachet di chi gioca al più alto livello. Prendere i loro soldi. Sarebbe bello sperimentare questa condizione almeno per un periodo di tempo, giusto per vedere com’è.
Sei conscio del fatto che se questo tipo di successo ad altissimo livello ti piovesse addosso…
…la gente mi odierebbe? Certo, come no.
E’ un fenomeno tutto italiano?
Io ti posso parlare dell’Italia, perché è qua che vivo. Accade, sì, accade. Ma, sinceramente, non ho nulla da dimostrare a nessuno. Le mie passioni e le mie scelte sono sempre andate di pari passo. Inoltre, se questo è il tuo lavoro e lo vuoi fare al massimo, devi ogni tanto fare dei compromessi: ma fare dei compromessi non significa annullarsi. Poi guarda, se le persone vogliono parlare male di te allora parleranno male di te, qualsiasi cosa tu faccia. Tanto in Italia parlano male di tutti. Quindi no, non è quello che mi preoccupa. Quello che mi preoccupa è essere felice e in pace con me stesso: e se più gente possibile mi apprezza a livello artistico io non posso che essere felice, ma se per arrivare a fare un upgrade nella mia carriera devo fare delle scelte che mi rendono infelice, ecco, il gioco non vale più la candela. Tutto qua.
Tra internet, social, web magazine, blog e quant’altro, quali sono i discorsi che ruotano attorno alla club culture italiana che ti danno più fastidio?
Ora il paragone te lo faccio calcistico: se tu giochi a pallone, non dovresti leggere la Gazzetta o il Corriere dello Sport. Quello che scrivono i giornalisti, soprattutto quando è gossip, può intaccare in qualche modo la tua prestazione. Leggo pochissimo, di quello che si scrive in giro e che possa riguardare me e il mio mondo. Certo, ogni tanto mi imbatto in cose che mi stanno sul cazzo, certi siti o blog lasciano il tempo che trovano. Non esiste una verità assoluta: esistono i gusti, ognuno ha il diritto di avere i suoi. Inoltre, bisogna avere la maturità di capire che certe volte è sano cambiare idea: io stesso oggi posso dire una cosa e domani comportarmi in altro modo. Certo, col fatto che oggi tutti possono scrivere e tutti, sul web, possono avere almeno in teoria una tribuna in giro, vedi emergere tante stronzate. Oddio, no, non stronzate: più che altro cose scritte con grande leggerezza, senza spessore, senza un ragionamento maturo dietro.
Magari pure con troppa ansia di schierarsi.
Dici di essere un ultrà di questo o quel nome o genere musicale?
Ecco, sì.
Magari cado anche io in questo errore ogni tanto. Ma in generale non sono uno che giudica sistematicamente: perché giudicare non mi piace. Poi ovvio che io ho le mie idee, su chi è sopravvalutato e chi è sottovalutato, ma tanto nel mondo esisteranno sempre sia gli uni che gli altri. La cosa buona è che chi è sopravvalutato, se non mette su un po’ di sostanza, dopo un certo tempo finirà nel dimenticatoio.
Tu dove stai?
Non sono né l’uno né l’altro. Sto lì, un po’ nel mezzo.
Fossi cattivo e amante dell’attizzare gossip ti chiederei chi sono i sopravvalutati; invece ti chiedo chi sono i sottovalutati.
Brando Lupi, che è un amico fraterno, è un artista incredibile. Per lui vorrei un successo enorme. Poi sai, allargando la prospettiva il problema è che secondo me bisogna anche valutare il lato umano: sei un pezzo di merda? Se sei bravissimo ok, te lo puoi permettere – manda affanculo la gente ma finché spacchi come producer o dj non ti posso dire nulla. Però ecco, se sei uno stronzo allora devi essere veramente bravo, ma veramente bravo. A Roma poi si dice: chi si assomiglia, si piglia. Ognuno avrà i suoi settori, i suoi territori di riferimento, la sua nicchia: se è bravo o fortunato o astuto, verrà spinto e promosso. C’è chi sa giocarsi le proprie carte meglio di altri, e chi invece no. Sarà sempre così. Però vedi, parlando di sottovalutati io ti cito Brando, ma magari a lui va benissimo stare dove sta. La pretesa di mainstream forse non ce l’ha e magari non ce l’avrà mai. E ci sta benissimo, lì dove sta. Io, invece, ancora oggi non so bene cosa voglio.
Veramente?
Prima mi dicevi “Ma immaginati di diventare…” eccetera eccetera: sì, ancora oggi me lo immagino, ma ancora oggi non riesco a capire se in un contesto da superstar del deejaying potrei essere felice. Il mio vero sogno è avere una casa in campagna, raccogliere olive, fare l’olio, il vino. Ma tra questo e una vita dedicata solo al successo nel deejaying, esistono tante vie di mezzo. Come si diceva: io personalmente curo male il mio lavoro, potrei fare molto di più e molto di meglio. Ma la mia indole evidentemente è questa. Quindi, non è il caso di parlare di ingiustizie. In più aggiungo che se dentro di te hai il chiodo fisso di diventare un gigante, starai sempre male nel posto dove stai – perché non ti sembrerà mai abbastanza. Io, dove sto ora, sto bene.
Com’è diventare padre? Una esperienza che, qui dalle nostre parti, continuano ad aver vissuto abbastanza in pochi.
Ecco, questo è una bella domanda. Le persone che staranno leggendo questa intervista saranno interessate al Gigli uomo o al Gigli artista? Però ormai sul Gigli artista si è detto tutto: potrei raccontarti che è stato bello suonare di qua o di là, collaborare con questo o quest’altro… cose così… Ma credo ci sia molto più bisogno di leggere interviste più incentrate anche sul lato umano. Anche perché se capisci meglio un artista in quello che è il suo carattere e le sue inclinazioni, allora puoi capire in modo più profondo e coinvolgente pure la sua musica. Dietro un disco ci sono non solo dei software o degli strumenti analogici ma ci sono anche fatica, umori, felicità o infelicità, tue o delle persone che ti stanno accanto. Quindi ecco, bella questa domanda che mi fai… Non so a chi possa interessare ma sì, diventare padre è bello. Però so cosa stai per chiedermi ora, e ti rispondo subito: no, non mi ha cambiato la vita.
Il luogo comune è quello, in effetti.
A me non l’ha cambiata assolutamente. Tanto più che anche la mia fidanzata lavora in questo settore. Naturalmente, con un figlio il tempo libero a tua disposizione diminuisce drasticamente, ma questo è un bene: smetti di perdere un sacco di tempo in cose inutili. E’ bello essere un giorno dj in conolle, un giorno uomo di casa. Se pensi al dj pensi ai dischi, alla serata, a gente euforica, alla Boiler Room, eccetera eccetera; quando stai a casa invece il tuo mondo è Mocio Vileda e pannolini da cambiare, il tutto vestito sciatto in pantaloncini. Io sono molto fortunato: ho un bambino stupendo e una compagna che mi capisce e mi aiuta. Per adesso, sì, la vita mi rende felice.
Senti, come sopravviveranno la techno e la club culture a questo passaggio epocale in cui molte persone che le frequentano sono diventate adulte, magari stanno per diventare padri e madri? E quando dico “adulte” intendo proprio quaranta, cinquanta e passa anni…
Non è facile. Techno e club culture possono logorarti molto. Addosso ad alcune persone lo vedi. L’età fa. Me ne rendo conto io adesso, figurati. Così come davanti alla consolle, mentre suono, il gap generazionale fra me e chi mi sta di fronte si fa sempre più ampio, da nullo che era. Ma è giusto così. Ed è bello tentare di affrontare in modo sano e naturale tutto questo. Non c’è nulla di più bello ed affascinante di un artista adulto che mantiene tutta la sua dignità, tutto il suo carisma. Chiaro, non tutti ci riescono… Ma guarda un Jeff Mills.
Vabbé, grazie: lui è un alieno. E non è solo una battuta, considerando quanto lui creda nell’esistenza di una vita lì fuori nello spazio (e di esserci in qualche modo connesso).
Vero, lui è un alieno.
Guardando anche ai detroitiani storici, giusto per dire, c’è un po’ di tutto: May in formissima, Saunderson in forma, Atkins un po’ meno.
Però in generale gli stranieri li vedo reggere veramente bene.
Riuscirà la musica elettronica così come la intendiamo noi – per noi era la musica “nuova”, la musica di rottura – a sopravvivere allo choc di diventare la musica di riferimento per i 40/50/60enni, esattamente come possono esserlo oggi Rolling Stones, Pink Floyd, Led Zeppelin e dinosauri vari?
Tu che ne pensi?
Onestamente, non lo so.
Manco io lo so. Però vedi, il rock – se vuoi – te lo puoi anche ascoltare a casa. Sì, c’è la dimensione del concerto, ma il concerto te lo puoi vivere anche senza stare a pogare nelle prime file. La techno invece va vissuta in un modo ben specifico: in pista. E se hai 45 anni, ritrovarti in un bolgia in mezzo ai ventenni non è una cosa che ti viene tanto semplice. A meno che tu non faccia parte di un contesto di addetti ai lavori: allora lì te la vivi assieme all’artista, lì è molto più facile. Però sì, viversi le cose in pista, arrivati ad una certa età, è dura. Vedremo. Vedremo…[/tab]
[tab title=”English”]There are interviews that must be special, because you’re in front of the absolute masters, people who have made the history of the music you love. But there are also interviews that become special while you’re doing the talk with someone good, very good, although maybe not at the level of a Garnier or even a Loco Dice. Here, with Giorgio Gigli, is the secret is humanity: which he exudes from every pore. We could have done a long interview which traces his history, his successes (still well above average for an Italian DJ), his collaborations with Speedy J and Perc, his sets in places like Berghain or in festivals such as Awakenings – many italian artists feel wa more important having done a third of what he has. Instead it came out something somewhat different. Something, in our opinion, more beautiful. More human. Without, however, never pulling himself back from judging also critically how to arrange things, music and club culture in Italy.
All right. Let’s get ready to have a dense chat, how music is complex and thoughtful, of how a dj should never use the tools and…
But no! Hold on there. What is the problem with using tools? If built on my taste, of course i’ll use them! Working primarily with vinyls doesnt allow me to use them so much. Tools are used mostly with digital, it helps you create unique solutions, while with the vinyl it actually has less sense – unless you’re not doing a set, you know, with four turntables, as Jeff Mills, or if you enrich with some electronic drums, but apart from these cases, a tool of twelve minutes vinyl tires, it should be used very sparingly. But in fact there is nothing wrong in using the tool. More than “art” are a mere “tool” for DJing? All right, that’s the problem. We make the dj. I have not? Ah, let me return for a moment on this thing I use vinyls…
Excuse me.
Mine is not a fanatic choice, i’m saying this because tody around the use of vinyl there is a whole fanatic world growing around this. I use vinyl only because it is what i have a have a better feeling with. Stop. It’s very important to make this clear. Going back to the tool: yes. Possibly something with a rough, dirty, “squared” sound, something which reminds the old techno sound, the pretty heavy one.
Oh look…the music the “intellighenzia” likes today.
What a bastard you are (laughs)
I have to be.
But no. I’ll prove it in a very simple way. Watch tonight, I arrived with three bags of records. Three. It ‘s my insecurity that made me do it. Actually no, it’s the opposite: it is my safety. You know, if I had known from the beginning what I wanted to play, what was “right” to play, It would have been sufficient one bag; instead I want to get, to see the place, talk to people, and then decide which direction to take with my set. The last time I was at Berghain I had to ask for the upgrade of the ticket for the extra-luggage i was bringing with me. “You play five hours, ok, let’s say a couple of bags enough for you, right?” I said to Gideon, who was taking care of booking me the flight. “No Gideon, are you crazy? Too few. “Two bags were good enough if I had already decided what to play at the start… But the best thing about doing a DJ set is its unpredictability. If you take that away from me you take much of the best part of DJing.
Talking about unpredictability: have you ever felt the urge to collaborate with “other” musicians that come from a different background rather than the techno?
I love Rafael Anton Irisarri. I adore him. He is for me the most. Obviously he doesn’t consider me a lot: I sent him my records, “Thank you, Georgio” and that was it, never heard from him again. But behold this, my greatest passion is the ambient music, the historical or the contemporary, things like Max Richter. There is a dancefloor, of course, but simply listening to music – maybe at home, without, however, being in a club and being forced to dance – remains my greatest passion. At home I never listen to techno, I’ll rather listening Badalamenti.
I know that you have this passion. So much so that i’m almost surprised that so far you have not released a more extensive series of releases that go in that direction. Also because in your dancefloor productions there is always a cinematic approach.
I actually released an album: I just finished it. It has nothing to do with the dancefloor. An album that will either be a success, or will be some massive shit. I just told my girlfriend, “With this record, I either gain a lot or throw it in the face because it won’t sell even one copy. “We are talking about seven / eight-track, and to complete it it took me a couple of years: there are some on which, I’ve spent so much time on, not to the technical complexity of the material but just because I wanted to find the right balance, the right direction, an overall consistency. The breath of an album. We could imagine it as the soundtrack not so much of a science fiction movie, but of a psychological thriller, yes. Of those beautiful and heavy. Sad. I love sad music it makes me happy! Of course, we always have to be careful not to confuse sad music with boring music – the first arouses very strong emotions, the second arouses boredom and nothing else. Oh, I do not exclude that many will find this boring! I can only say that I have made every effort to draw a compact senario, cohesive, as suggestive as possible. Then everyone is free to interpret this scenario to his own taste.
So… zero dancefloor.
Absolutely none.
Excuse me, were not you the one who told me – talking about the tool – “I am a dj, this is what i do”…?
I started out as a dj. This is what I do, yes, I put records on. And when I put them, the thing that I want is that people enjoy it: techno? Bomb ! People dance, raise their hands, have fun… This is it. If I wanted to go around doing the conceptual, the great “artist”, then I couldn’t be a dj. But an album is something else instead, it is not by chance something you use in a dj set: and so it makes sense to create a product that is not absolutely for dancefloors. Especially since I’ve already done it so many dancefloor productions, I’m definitely not missing those in my discography… Well, let’s say that the album I wanted to try and do is a little biography of what is the other Giorgio Gigli, the was born thanks to what I learned from Zooloft, and Obtane my partner (who is a genius…). There are facets that can remember the first Monolokae: broken rhythm, and deep enveloping atmosphere.
When should it come out?
We do not know.
You can not answer that.
We really don’t know.
What you are telling me is the least effective thing from a working point of view of the world. You look like an amateur novice. Come on.
But I do not want to be effective. I now have the pleasure to talk with you here; and therefore I have the pleasure to talk to you about my record. If I wanted to be “effective”, I would not have said anything and I would have only spoken to you already set out, sending you the promo two months before the release.
So in short, let’s face it, you’re not a very good at strategically managing yourself.
I’m terrible. The worst of all. Thank god I have people running for me a few things, communication, label, and so on. I don’t think I’m good at managing my image. Also because I’m too direct. I’m immediately friendly and outspoken. I know that is a stupid approach, and often counterproductive. But this is me – do we need to change? No, why should we?
How do you see the state of health of the Italian club culture in recent years?
In great shape I would say, no? Am I wrong? Or at least, if I look at myself, then and now, in the past years I doubled the frequency of my gigs: this means that around the scene is growing. Oh God, maybe the fact i play more is not because of the scene but ‘cause i have a good manager… (laughs, NDI) No, seriously, I am perfectly aware that the fact that I play techno, in a time when the techno is suddenly back, is one thing that helps me – but who knows me knows that I have always played a certain kind of music, even when no one was into it. So knowing all this i know there is a chance that in 6 months time nobody will be calling me, but it’s ok i’ll be at home cooking my excellent “Gricia” pasta for my friends, and drinking a good red with them. I’m ok.
What are the italian realities that most surprised you, those from which on paper maybe you did not expect much and instead came out great evenings?
No, wait, let me put it a bit ‘on the contrary, let’s talk about safety. In Rome, Goa club certainly is a bit my house. It’s the place where I express myself better, fortunately after all this time, there are still people who love me a lot – people who listen to me, follow me carefully, at the end of my set they come looking for me to thank me and hug me. Then, immediately after the Goa, there is the Dude in Milan. There I played so much. I wouldn’t know what to say, they love me… May more for my personality than for how I play? I don’t know… but one thing I do know is that its amazing to play for them.For what concerns gigs from which I didn’t expect much but turned out to be special we need talk about the small towns. Places where its normal that this kind of culture arrives slower and with more difficulty than the main cities. For example in Caranica I had 2000 people dancing in front of me, with enthusiasm and were carefully following my set. In general i have to say that lately i’m very lucky, wherever i play there is always a good crowd… for sue I don’t need to retouch photos on photoshop.
Have you ever dreamed of becoming one of the eureopean supestar dj’s?
Absolutley yes! Every intelligent person, who likes their job, wants to become the best in his field. Also one hopes that changes bolts, hope he will one day go and work in Formula 1 No? But let’s go step by step: first of all, I never expected to get to this level. If I imagine myself in my twenties with a magic ball that shows me what I would be able to get over the years, well, I would have never believed it. “You are going to play also in Japan and Australia” eh? Seriously? Instead, it really happened. At the same time I am well aware that compared to others, such as fame, i’m nobody. But look, you know what? I suspect that if would find myself touring as someone like Carl Cox probably i wouldn’t be able to. I wouldn’t be as a life style. I’ll make you an example with tennis: think of a tennis player at the top. Workouts. Airplanes. Hotel. Psychological tension. The obligation to win. Always. Continuously. Here, now immagine this with my work: I’m not sure i would be able to deal with all of that. In the past I had also moments which were much more intense than today, a life in constant motion. Now less. Ok now maybe something is changed, the family, my son, but that is something that I could handle; what instead i wouldn’t be able to handle is the continuous tension of always bing able to perform at 100%. How many times have you heard saying about some big dj he sucked?, we are human beings and although the crowd always expects the night of their life sometimes that dj is still recovering from jet lag or things like that. This said i don’t deny that it would be cool earning what the top djs earn, it would be nice experimenting this even for just a short period of time, just to see how it feels.
Are you conscious that if this type of success would reach you people would…
…hate me? Yes of course.
Is this all an Italian phenomenon?
I can speak of Italy, because it is here that I live. It happens, yes, it happens. But, frankly, I have nothing to prove to anyone. My passions and my choices have always gone hand in hand. Also, if this is your job and you do it to the fullest, every so often you have to make compromises, but compromises do not cancel yourself. Then listen, if people want to talk bad about you they’ll do it no matter what you do. Anyhow in italy everyone talks behind other peoples back all the time. So no, it’s not what bothers me. What concerns me is to be happy and in peace with myself, and if more people can appreciate me on an artistic level that I can’t not be happy, but if to upgrade in my career I have to make choices that make me unhappy, then the game’s not worth.That’s it.
Among internet, social, web magazines, blogs, and so on, what are the discussions that revolve around the Italian club culture that you tolerate the least?
Now I’ll do the comparison with football: if you play football, you should read a football magazine. What journalists write, especially when it’s gossip, can affect your performance in some way. I read very little of what gets written and that can relate to me and my world. Sure, every so often I come across things thati can’t stand, certain websites or blogs, leave the time they find. There is no absolute truth: there are tastes, everyone has the right to have their own. Also, you have to have the maturity to understand that sometimes a change of mind is fine: myself today I can say one thing and act in another way tomorrow. Of course, the fact that today everyone can write everywhere, or at least in theory can, reveals a lot of bullshit. Oh God, no, not bullshit: mostly things written with great lightness, without a deep and mature reasoning behind.
Maybe even too anxious to take sides.
You say about being an ultra of this or that name or music genre?
Well, yes.
Maybe even I fall into this error every now and then. But in general I am not one who judges systematically, because I don’t like to judge. Then of course I have my own ideas about who is overrated and who is underestimated, but in the world this will always exist. The good thing is that those who are overrated, if they don’t put on a bit of substance, after a certain time will fall into decay.
Where are you placed?
I’m in the middle.
If I was mean and a lover of poking gossip i would ask you who are those overrated; instead I’ll ask you who are the underestimated.
Brando Lupi, who is a close friend, is an amazing artist. For him I would like a huge success. Then, you know, in a broader perspective, the problem is that I think we must also consider the human side: If you’re a piece of shit? The you must be really good to afford it – you can tell people to fuck off but as long as you are outstanding as a producer or dj do i wont say anything. But here, if you’re an asshole then you have to be really good, but really good. In Rome, then it says: who looks like, gets along well. Everyone will have its own fields, territories, niche: if they are good or lucky or smart, they’ll be pushed and promoted. There are those who know how to play their cards better than others. It will always be like this. But you know, speaking of whos underestimated i would say Brando, but maybe for him its ok like this. He may not have the claim of mainstream and probably will never have it, but it also might be ok with him this way. I, however, still do not know what I want.
Really?
Before you said to me: “Imagine becoming” etc etc… I can imagine it but still I’m not sure I’ld be happy in a dj superstar context. My biggest dream is to live in a country house, grow olives, make olive oil and wine, but between this and a life dedicated only to success in deejaying, there are many in between. As we said before, i’m not the best at taking care of my job, I could do a lot more and much better, but this is my nature. So, it is not appropriate to speak of injustice. In addition I would add that if you have within you the obsession of becoming a giant, you’ll never be happy where you are because you will never be satisfied. I’m happy where i am now.
How is it to become a father? An experience that, here in our country only a few have had.
So that’s a good question. People who may be reading this interview will be interested in the Giorgio Gigli man or artist? But now the artist Gigli we have said it all: I could tell that it was nice to play here or there, work with this or that… things like that… But I think there is much need to read more interviews also focused on the human side. Also because if you understand better who the artist is and his inclinations, then you can understand in a deeper and more engaging way also his music. Behind a record there is not only a software or an analog instruments but there are emotions, fatigue, moods, happiness or unhappiness, of the artist and of thoes people who are close to him. So here, this is a beautiful question that you are asking me… Not sure who would care but yes, it’s nice to be a father. But I know what you’re asking me now, and I’ll say it now: no, it didn’t changed my life.
That’s the cliché.
For me it hasn’t changed at all. All the more so that my girlfriend works in this field. Of course, with a child free time at your disposal decreases dramatically, but this is a good thing: stop wasting a lot of time on useless things. It’s nice to be in a dj booth one day, and the next you are a housewife. If you think of a dj you think of records, parties, euphoric people, Boiler Room, and so on; when you’re at home instead your whole world is Mop and bucket and diapers to change, all of this dressed in sloppy shorts. I am very fortunate: I have a beautiful baby and a partner who understands me and helps me. For now, yes, life makes me happy.
Listen, how will techno and club culture survive in this historic transition in which many people who attend them have become adults, and maybe are about to become fathers and mothers? And when I say “adult” I mean forty, fifty- years old…
It is not easy. Techno and club culture can affect you a lot. On some people its more than visible. The years pass. I realize that now. As well as the gap generation i can see in front of the booth today compared to when it wan inexistant. But it’s fair like this.. There is nothing more beautiful and fascinating than an adult artist who keeps all his dignity and his whole charisma. Of course, not everyone can… But look a Jeff Mills.
Ok, thank you: he is an alien. And It’s not just a joke, considering how much he believes in the existence of a life out there in space (and that he is some way connected).
True, he is an alien.
Also looking at the historical Detroit scene, just to say, there is a bit ‘of everything: May is in great shape, also Saunderson, Atkins a bit’ less.
But in general i see foreigners stand up really well.
Will the electronic survive the shock of becoming the music of reference for the 40/50/60 aged, just as Rolling Stones, Pink Floyd, Led Zeppelin and various dinosaurs are today?
What do you think?
Honestly, I do not know.
I don’t know. But you see, rock – if you want – you can listen to it at home. Yes, there is the dimension of the concert, but the concert you can live without the stress of being there upfront. Techno instead should be lived in a very specific way: on the dancefloor. And if you’re 45, is not so simple to be thee in the middle of a dancefloor with 20 year olds. Unless you’re not part of a context of insiders: So there you live it with the artist, and it’s lot easier. But yes, its hard when you get to a certain age. We’ll see. We’ll see…[/tab]
[/tabgroup]