È fresco di stampa “TRNT”, nuovo EP di Go Dugong, licenziato dalla neonata Hyperjazz Records (alla seconda uscita del suo catalogo). L’acronimo che dà il titolo all’album sta per “Taranto”, città natale del produttore, ora di stanza a Milano, e vuole essere proprio un racconto che parte da lontano, dai riti e dalle tradizioni antiche della sua terra, per arrivare fino ai giorni nostri (il disastro ambientale dell’Ilva). Una materia complessa, che abbiamo deciso di riportarvi così come ci è stata riferita, in esclusiva, dal suo autore. Parole, quelle che seguono, che mettono insieme ricordi, sentimenti contrastanti, ma soprattutto tanta consapevolezza, sia sulle dinamiche musicali dell’oggi, che sull’importanza culturale di far fluire, attraverso la musica, contenuti (non solo) leggeri. Buona lettura (e, in fondo, buon ascolto).
“TRNT” è una raccolta di brani ispirati alla mia città d’origine, Taranto, dove ho vissuto un terzo della mia vita. Ho cercato di raccontare luoghi e suggestioni attraverso una reinterpretazione della Tarantella, un’antica musica e danza popolare diffusa nell’Italia del sud, che veniva usata con lo scopo di “esorcizzare” le donne afflitte da una forma di isteria che si riteneva essere causata dal morso di ragni, scorpioni o serpenti velenosi. Il ricordo degli anni vissuti al sud non è del tutto positivo, e questa è stata un’ottima occasione per affrontare qualche demone del passato ed “esorcizzarlo”, un po’ come si faceva con i “morsicati”. Alcuni luoghi di Taranto hanno lasciato in me un segno indelebile.
“Salinella”, un quartiere costruito negli anni ’60 con il nome CEP (Case di Edilizia Popolare), è un dormitorio privo di qualsiasi tipo di servizio, in cui gli abitanti delle case popolari erano confinati, come in un ghetto. Nonostante l’introduzione di strutture sportive, l’università e il celebre mercato delle pulci, resta comunque uno dei quartieri più disagiati della città, assieme al rione “Tamburi”. Quest’ultimo è noto per essere il più inquinato d’Italia (e forse del mondo) per la vicinanza al mostro siderurgico “ILVA”, causa di tumori, morti e malattie respiratorie. “Lama” è una piccola frazione appena fuori Taranto, a pochi passi dal mare, dove ho vissuto dall’‘86 all’‘89. Un altro dormitorio costruito in quegli anni, vicino a un complesso di palazzine popolari e, ai tempi, circondato da terra arida abitata di branchi di cani randagi. Ora è un centro residenziale ben curato. Taranto è una città piena di fascino e di meraviglie, ma purtroppo presenta molti problemi, che per molto tempo sono stati ignorati dalla politica e dalle varie amministrazioni. É necessario si continui a lottare affinché le sue bellezze e il suo patrimonio storico, culturale e naturale vengano riportati in primo piano.
Molti studiosi attribuiscono a Taranto il luogo di nascita della Pizzica. Questa musica è rimasta in qualche modo marginale per me, durante il periodo passato in puglia. Ai tempi non avevo la sensibilità per capire la sua potenza; sono dovuto arrivare a 37 anni per sentire la necessità di scavare più a fondo in ciò che avevo sempre trattato un po’ con superficialità. Uno degli aspetti che mi hanno più incuriosito sono le ritmiche (nella maggior parte dei casi eseguite con il tamburello) e dalla loro ripetitività ipnotica, molto simile a quella della techno o della trance. Esorcizzare la propria negatività e i propri veleni con la musica: continuiamo comunque a farlo, dalle campagne ai club delle nostre città. Credo che l’esigenza di liberarsi, per un momento, dal peso della società contemporanea, attraverso la musica o l’arte, sia uno dei bisogni primari dell’essere umano. Chi se ne priva sopravvive, certo, ma vive peggio.
Questa considerazione collega l’EP a un altro aspetto rilevante: tutt’ora molti credono che le tarantolate fossero realmente state morsicate da qualche animale velenoso, ma è documentato il contrario. Nessuno degli animali presenti sul territorio provoca quel tipo di effetti (depressione, malinconia, catatonia e deliri); quella forma di “isteria” era probabilmente frutto della condizione socio-culturale in cui vivevano alcune donne del sud; una patologia non accettata da quel tipo società, estremamente maschilista e patriarcale. Il morso della tarantola era un capro espiatorio, usato per giustificare qualcosa che non si riusciva o non si voleva capire. Indipendentemente dalla causa di questi deliri, i riti e le terapie di tipo musicale-coreutico che portavano il soggetto in uno stato di trance parevano funzionare e riportare tutto alla normalità, alla “guarigione”.
Un altro aspetto che mi ha portato a intraprendere questa ricerca riguarda al mio percorso artistico/musicale riguarda il fatto che da anni, non solo come produttore ma anche come semplice ascoltatore e appassionato, mi sono concentrato sul come i musicisti di altre nazioni abbiano rielaborato le tradizioni musicali del proprio territorio. Un esempio è quello della cumbia o di alcuni ritmi d’origine africana, contaminati dalla musica elettronica contemporanea. Questa volta ho sentito la necessità di provare io stesso a reinterpretare e dare nuova linfa a qualcosa a me più vicino, contaminandolo con la bass music e i sintetizzatori, ma anche con strumenti acustici non proprio tipici della pizzica salentina, come il marranzano siciliano, i flauti e le percussioni africani, i didgeridoo, e così via. Con “TRNT” sono quindi partito per un viaggio di ricordi, fotografie e racconti che mi hanno riportato agli aspetti negativi e irrisolti della mia vita legata a quel periodo. Credo che lavorare su questa musica, a tratti, mi abbia portato in un leggero stato di trance, proprio come i tarantolati: non ho ancora capito se questa sperimentazione mi sia stata d’aiuto o meno, ma so che questa ricerca continuerà a guidarmi!
(foto in copertina di Alessio Anastasi)