Con Lorenzo Nada aka Godblesscomputers c’è una stima consolidata. Stima artistica: perché è stato uno dei primi, in anni in cui la scena hip hop era ancora chiusa dentro claustrofobici luoghi comuni oltranzisti (non come ora, che cercano tutti la hit mettendoci dentro di tutto, dall’ it-pop a Gigi Dag, pur di funzionare…) a cercare di guardarsi attorno, a fare quello che una qualsiasi hip hop head dovrebbe fare e che per anni, per colpa dell’oltranzismo di cui prima, non ha fatto: ascoltare a trecentosessanta gradi, per poi tirare fuori qualcosa di personale. Conseguenza di tutto ciò, è stato uno dei primi alfieri di quel movimento chiamiamolo “Beats” che qualche anno fa ha davvero dato uno scossa alla musica italiana, che si era appisolata su un sacco di produzioni routiniere con la cassa in quattro o con l’hip hop: gente come lui, Clap! Clap!, Populous, gli Ether, Indian Wells – citiamo loro, ma la lista sarebbe più lunga – ha dato una scossa incredibile alla produzione musicale in casa nostra, con frutti che poi sono stati raccolti anche (e soprattutto…?) da altri, in qualche caso anche con un gran bel paraculismo. Ma vogliamo qua ribadire il ruolo di caposcuola e, in parte, di “unsung hero” per chi è partito dall’hip hop per arricchire tutto con inventiva, personalità, irriverenza, voglia di sorprendere, libertà da preconcetti e soluzioni preconfezionate.
La stima con Lorenzo poi è anche personale: anche a leggere un po’ di suoi interventi pubblici sui social, non sempre è una persona accomodante, non è uno di quelli che dispensa solo sorrisi, benedizioni, entusiasmi e pacche sulle spalle: e questo è un merito. Avere persone che sanno e vogliono esprimere la propria opinione, a costo di risultare non sempre simpaticissimi, è un tesoro notevole. Puoi anche non essere d’accordo con lui, puoi anche scontrartici su determinati argomenti o prese di posizione, ma sai che in lui avrai sempre uno stimolo, non una claque furbesca e paracula che aumenta il proprio grado di gentilezza a seconda di quanto è imminente la sua nuova release in uscita (eh sì, c’è anche questo… ma lo capiamo, è umano). Tutto questo permette un confronto franco a due direzioni: quando alcune sue produzioni ci sono piaciute a metà, non ci siamo mai fatti problemi a dirglielo. Ecco che quindi a maggior ragione nel momento in cui ci ha fatto sentire in anteprima del nuovo materiale, un materiale un po’ particolare, così particolare da richiedere il momentaneo abbandono dell’alias Godblesscomputers per abbracciare quello di Koralle, abbiamo subito approfondito con lui il discorso: perché ci sembrava del materiale decisamente buono, bello, disteso. Qualcosa che ci riporta alla mente gli anni d’oro di Dj Cam, dell’abstract hip hop più “gentile” e suggestivo di metà anni ’90: una musica quasi sempre troppo sottovalutata ad abbandonata a una nicchia di estimatori, questo perché ad un certo punto è stata presa in mano da un sacco di mestieranti dei beat che hanno iniziato a produrla stile catena di montaggio per crearne musica da tappezzeria buona da essere venduta come library.
Ora, intanto qui sotto il player per ascoltare questa release a nome Koralle. Più sotto, ciò che ha generato il nostro carteggio con Lorenzo: una presentazione del progetto scritta di suo pugno, ma anche una playlist ragionata che racconti in qualche modo le influenze che hanno dato vita a questa seconda identità artistica. Un viaggio bello ed interessante. Buon ascolto, buona lettura.
Koralle è un viaggio ad occhi chiusi nei ricordi, un racconto di piccole storie quotidiane e un omaggio alle mie radici hip hop. Ho impastato il groove con i suoni polverosi di dischi jazz, sintetizzatori e field recording. Ogni beat è come un oggetto ritrovato in fondo al mare, i sample emergono dalla profondità di una collezione di dischi e trovano un nuovo senso trasformati, come i coralli dal fondo dell’Oceano.
Dopo oltre un anno di tour del mio progetto Godblesscomputers mi sono ritrovato di nuovo da solo in studio.
Per la prima volta dopo tanto tempo ho ricominciato a giocare con il mio Akai MPC, a spulciare dischi per campionarli senza un vero e proprio scopo.
Un approccio davvero rudimentale e istintivo.
Così in breve tempo i beat hanno cominciato ad accumularsi e man mano cresceva sempre di più l’entusiasmo, forse proprio perché quello che stavo facendo non doveva rispondere ad aspettative ma solo alla mia ispirazione del momento. In breve avevo raccolto una vera e propria collezione di beat e mi sono detto che forse avrei potuto proporre a qualcuno di farli uscire come un nuovo progetto, una nuova identità.
Per questo ho contattato Andrea de Franco, un bravissimo illustratore con cui avevo già collaborato in passato.
Con lui ho sempre trovato un’ottima intesa per restituire graficamente quello che avevo in testa e ci divertiamo sempre molto a farci i nostri viaggi mentali.
Abbiamo fatto lunghi brainstorming e abbiamo partorito il logo di Koralle, sulla falsa riga degli Ex Libris che marcano i libri di una biblioteca personale. I miei beat infatti li ho immaginati proprio come parte di una strana collezione, fatta di collage di suoni e atmosfere.
Perché sì, sono sempre io, ma volevo sentirmi libero di cambiare pelle senza nomi a volte un po’ troppo ingombranti, lasciare che parlasse solo la musica.
Ho scritto una mail a Melting Pot Music, per me un vero e proprio riferimento nel genere, e le mie cose sono piaciute molto.
Dopo i primi feedback c’è stata una costante evoluzione: il ponte Bologna-Colonia ormai l’ho lanciato e non vedo l’ora di vedere cosa succederà nei prossimi mesi.
John Coltrane – A Love Supreme PT.1 | Acknowledgement
Questo è senz’altro uno dei dischi Jazz che ho ascoltato di più nella mia vita. La musica di Coltrane per sua stessa ammissione era guidata da un’entità superiore. Oltre ad essere un disco stupendo è anche un manifesto spirituale di libertà e lotta per la ricerca della purezza artistica, un valore imprescindibile, che nel mio piccolo ricerco anch’io in quello che faccio. Conoscere se stessi prima di tutto per capire in quale direzione andare con la propria musica. Koralle parte proprio da qui: creare qualcosa che fosse allineato con questo momento della mia vita. Un periodo di ricerca, di ascolto e di messa in discussione di tante cose.
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Curtis Mayfield – Little Child Runnin’ Wild
Un classico imprescindibile della Blaxploitation americana. Questo brano è tratto dalla colonna sonora del film “Superfly” del 1972, un classico del genere che ho colpevolmente approfondito solo negli ultimi anni. È un manifesto del suono di Curtis Mayfield, uno dei più talentuosi musicisti afroamericani. Dentro a questo disco c’è tutto: groove micidiale e orchestrazioni perfette. È stato un disco fondamentale per il mio percorso a ritroso alla riscoperta della black music.
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Melodiesinfonie – The Beginning
Ho scelto questo brano perché è tratto da uno dei dischi che ho ascoltato di più nell’ultimo anno. Dentro c’è tutto ciò che di buono cerco nella musica. Lo scheletro ritmico dell hip hop, i beat umanizzati, gli accordi jazzy e le atmosfere che ti portano a viaggiare con la mente in posti lontani. Inoltre è un disco uscito per Melting Pot, la stessa etichetta con cui esordirà Koralle. È una label tedesca che seguo da quando vivevo a Berlino: da allora colleziono i loro dischi e sono enormemente felice di iniziare questo nuovo viaggio con loro.
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A Tribe Called Quest – Find a Way
Il mio gruppo hip hop preferito insieme al mio beatmaker preferito. Nonostante il lungo sodalizio artistico tra ATCQ e J Dilla, credo che questo brano in particolare sia perfetto. Le rime di Q-Tip e Phife si sposano perfettamente sul beat. E poi l’entrata di Q-Tip sul beat è semplicemente da paura! È un disco con il quale sono cresciuto, che suono sempre nei miei dj set e a cui sono enormemente debitore.
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Piero Umiliani – Crepuscolo sul mare
Uno dei più grandi e stimati compositori italiani nel mondo. Oltre alle bellissime colonne sonore che ha composto, la sua musica, come quella di molti suoi colleghi italiani, è stata scoperta attraverso i sample utilizzati da molti producer internazionali. Essendo io stesso un grande esploratore e ricercatore di suoni non potevo esimermi dal citarlo nelle mie influenze. Se questo brano in particolare non fosse così conosciuto (è stato anche utilizzato per la colonna sonora di Ocean’s 12) l’avrei senza dubbio campionato perché ha tutte le caratteristiche emozionali che ricerco in un sample.
Foto di Claudia Vavassori