In una scena cantautorale indipendente italiana che negli ultimi anni, anzi, ormai da un decennio a questa, ha scoperto che il pop è bello se non è litigarello, ovvero se ci si butta sul rifare Battisti, fare testi piacioni in lingua madre ed arrangiamenti piatti ed onestamente un po’ paraculi, avere intercettato qualche anno fa Emanuela Ligarò alias Gold Mass ci ha fatto subito drizzare le antenne. La sua scelta è opposta fin all’inizio: niente Strapaese, ma una visione molto “internazionale” delle cose. Nei modi, nei suoni, nelle scelte, nelle attitudini. Per scelta. Non per istradamento di una major che ha deciso di investire su di te – anche perché le classifiche parlano chiaro, oggi le major in Italia spendono le loro risorse su altro, nel pop di casa nostra.
Pur facendo infatti lei praticamente tutto da sola (e ottenendo risultati fin dall’inizio, in questa maniera: il suo esordio, “Transitions”, si è guadagnato il signor Paul Savage come produttore – colui che sta dietro ai dischi storici dei Mogwai per dire – sulla base di un semplice demo da lei inviato), piano piano i risultati stanno arrivando. E sono risultati atipici per le abitudini appunto di questi tempi, molto focalizzato sul locale, sul nazionale: Gold Mass ha portato la sua voce e la sua scrittura in Portogallo, Spagna, Inghilterra, Germania, Slovacchia, Olanda, perfino al SXSW di Austin. Mica male.
Di tutto questo siamo felicissimi. Perché se da un lato è bello che l’indie si sia fatto pop ed abbia iniziato a giocare al gioco dei grandi, lì cioè dove c’è il potere nazionalpopolare, dove ci sono le major, dove c’è Sanremo e dove ci sono i soldi, è altrettanto bello (e in questo momento ancora più necessario…) che chi scrive canzoni a casa nostra riscopra una dimensione vasta ed elegante, un suono internazionale ed evoluto, non il solito thegiornalismo calcuttesco retronostalgico. Sennò va a finire che moriremo tutti Gazzelle e Lo Stato Sociale o, in alternativa, se si vuole essere più connessi col mondo, sguaiati trapper tra scippo e benzodiazepina. Ma anche no, che dite?
Poi per carità, di cose interessanti in Italia ce ne sono, a partire da molte cose di Asian Fake e in generale quelle in cui Frenetik & Orange impongono le mani (pensiamo ad esempio alla rinascita di Meg: ecco, un pop italiano contemporaneo, incisivo ed intrigante è possibile). Ma l’andazzo degli ultimi tempi è quello che è; e vedere un’autrice che è intima ed intimista ma non da cameretta e che soprattutto non insegue modelli anni ’70 e ’80 nazionalpopolari ma semmai striature di FKA Twigs e James Blake, beh, ci scalda il cuore. Facciamo convinti il tifo per Gold Mass, insomma: che continua a sfornare lavori interessanti e, fra non molto, ha un nuovo album in arrivo. Presentarne uno dei brani che lo precedono in anteprima, “Reverb”, nel video curato prima di tutto da Cotton. e dove comunque la stessa Emanuela ha messo le mani nell’editing, è insomma una soddisfazione (ed una scelta di campo). Eccolo a voi.