A circa tre anni dal fortunato “Lucky Shiner”, Gold Panda torna con il suo secondo album: “Half Of Where You Live”. Il titolo fa rima con il mondo, quel mondo veloce e globalizzato che scandisce la vita e i lavori di quest’artista difficilmente collocabile geograficamente, sempre in viaggio. Abitante del mondo, appunto, Gold Panda rivela fin da subito tutta la sua voglia di esplorare, ascoltare per credere. Anzi no, prima una rapida scorsa ai titoli, la prova provata che un continente solo sta a dir poco stretto al ragazzone: “Brazil”, “An English House”, “My Father In Jonk Kong 61” e “Esoshima” sono solo quattro degli undici brani che compongono il disco. Titoli esotici e accattivanti, come la chimica elettronica che li produce, una miscela di analogico e digitale, pianoforte e campionamenti asiatici, british e statunitensi. Alcuni crunch minimali ricordano paurosamente il Robag Wrhume di Tora Vukk, ma chi sa se Gold Panda ne è a conoscenza. Quello che davvero conta è che all’interno dell’album non manca mai la voglia di stupire, di provare a fare qualcosa di realmente diverso “dal solito” anche se a volte il tutto si scontra con la scorrevolezza dell’album. Insomma, se non sei Jamie XX il rischio è quello di perdersi. Sappiamo tutti quanto sia tortuoso il labirinto dei virtuosismi sincopati e spezzettati.
In fin dei conti sono i pezzi più lenti (virgolette) a rendere bene il concetto di leggerezza che balza fuori dal disco e che, a mio parere, è la parte migliore di Gold Panda. L’emblema di questa mia idea è la bella “S950” che, come un’ecografia lunare, spiega perfettamente il concetto di semplicità. “We Works Night” invece si fa apprezzare per una sinfonia che, estrapolata dal ottimo e voluminoso groove di sottofondo, potrebbe lanciare in orbita le anime più sensibili, quelle che i festival e le masse proprio no, nemmeno col binocolo. Perché il viaggio non è solo movimento, è anche ascesi.