A sorpresa, Aphex Twin ha vinto il Grammy Award con “Syro”, nella categoria Best Dance/Electronic Album, mettendosi alle spalle Deadmau5, Little Dragon, Royksöpp & Robin Mat Zo. Ora: non crediamo che la cosa cambi più di tanto la vita né ad Aphex né al suo pubblico standard; al tempo stesso facciamo fatica ad immaginare che il pubblico medio e di massa, quello che segue gli artisti “da Grammy”, si possa appassionare alle intricate architetture di “Syro”. Quindi insomma, a occhio questa notizia sposta poco a lui, a noi, a voi; è più giusto la curiosità-della-settimana. Questo perché il Grammy è un premio ritagliato attorno all’industria musicale, non è un “Premio della Critica” come può essere il Mercury Prize anglosassone (che può far decollare delle carriere, ma come normale si prende anche diversi granchi: perché rischia): abbastanza bislacca insomma la scelta di premiare Aphex, uno che – anche solo per la musica che fa, lasciando stare le scelte e i comportamenti – non sarà mai compatibile con l’Industria con la “i” maiuscola. E’ che lì ai Grammy Awards tendono a dare di tanto in tanto dei premi “assurdi” (o “ragionevoli”, a seconda dei punti di vista): forse per spirito ludico, o forse per lavarsi la coscienza. Giusto un apostrofo scarlatto tra le parole “Main” e “stream”.
Ciò che tuttavia è molto curioso è come i Grammy abbiano scaricato l’EDM, in questa categoria (e anche nella categoria “gemella” Best Dance Recording, dedicata ai singoli, che ha visto la vittoria di Clean Bandit e Jess Glynne con “Rather Be”). Dopo la doppietta di Skrillex nel 2012 e 2013, con Guetta e Aoki fra le nomination, sarebbe stato facile scommettere su una poderosa avanzata della cricca “alla Ultra” in un premio sempre molto sensibile ai fatturati e all’airplay come il Grammy. Invece, nulla. Quale sia la credibilità di un premio che nel 2009 elegge miglior album elettronico “Alive 2007” dei Daft Punk lo potete capire anche voi (gran disco, eh, ma è come dare il premio di Miglior Artista Reggae Emergente a Bob Marley…), tuttavia a livello puramente business il sospetto è che la bolla EDM inizi a mostrare le prime crepe. Lady Gaga, che “idealmente” per come la vediamo noi è perfettamente ascrivibile al gruppone, pop prestato all’elettronica danzettara, è già in calo; non ci dispiacerebbe che tutta un’accolita di artisti di un certo tipo finisse di essere sulla cresta dell’onda. Così magari finalmente si mettono a produrre dischi interessanti e non paraculi, e a fare set dove mixano o suonano davvero invece di mostrare le ascelle all’aria. Alcuno di loro ne sarebbero capaci.
Oppure restano confinati nella riserva indiana, parlando di Grammy Award, della categoria Best Remixed Recording: l’unico trofeo portato a casa da un certo tipo di sonorità, grazie ad un inutilissimo remix di Tiësto di un brano di John Legend (“All Of Me”). In realtà in questa categoria sono due le cose che colpiscono la nostra attenzione, e vanno cercate fra le nomination: prima di tutto nel “MING Remix” di “Falling Out” dei Crossfinger, italiani, c’è l’italianissima voce del redivivo Danny Losito (ve la ricordate “Found Love” a nome Double Dee? Noi sì) e poi salutiamo con piacere la presenza di Eddie Amador – che ha ricostruito e tribalizzato “The Rising” di Five Knives – appena ospite della nostra sezione SNTLS con una selezione bella davvero.