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[tab title=”Italiano”]Reinventarsi, continuamente e come si deve. Probabilmente è questa una delle caratteristiche più importanti che un artista dovrebbe avere. “Cavallo che vince non si cambia”, sì… fino ad un certo punto però, perché la volontà di rischiare merita sempre un certo grado di rispetto, soprattutto quando si cambia e si vince ancor di più. E’ questo il caso dei Groove Armada, il noto duo di Cambridge formato da Andy Cato e Tom Findlay. Un genere, il loro, che non mi è stato mai così vicino, troppo smaltato, troppo pulito, troppo facile pensavo. Mi sbagliavo, e di molto (non sulle caratteristiche, ma sulle conclusioni). Riascoltando a ritroso la discografia dei GA ho apprezzato per la prima volta la loro grande capacità di reinventarsi — certo, sempre in maniera abbastanza paracula, ma senza tralasciare la sostanza. Ogni disco fra Northern Star e Soundboy Rock presenta numerosi e grandi cambiamenti e con “Black Light”, l’ultimo album di qualche anno fa, si ha una nuova e drastica metamorfosi. Insomma, dalla chill out, al trip hop, al reggae, all’electro, al downtempo, al breakbeat, alla new wave… sempre gli stessi Andy e Tom, non male no? A qualche settimana dallo Snowbombing di Mayrhofen, dove il duo si esibirà per la seconda volta, abbiamo scambiato qualche parola sull’evoluzione dei Groove Armada con Tom Findlay, che con difficoltà si è fatto trascinare nel passato e per quanto riguarda il futuro… Beh, leggete.
Partiamo dal vostro incontro: so che la ragazza di Andy è stata determinante. Quando e dove vi siete conosciuti, ve lo ricordate? E poi da un incontro così come è iniziata la collaborazione effettiva?
Diamine, andiamo veramente indietro nel tempo, ma sì: io andavo a scuola con la donna con cui ora Andy è sposato, fu lei che ci fece incontrare. Ci siamo messi a produrre musica non troppo tempo dopo il nostro incontro, solo per passione agli inizi. Poi, nel giro di uno o due anni, abbiamo iniziato a pensare di poterci costruire su un futuro.
Vi siete fatti molti party assieme prima che iniziaste a collaborare? Avete testato la vostra consonanza in termini di gusti musicali?
Beh sì, abbiamo decisamene fatto il nostro in termini di feste. Musicalmente invece i nostri gusti sono sempre stati abbastanza differenti, ma penso anche sia questa tensione a far funzionare la nostra collaborazione.
Chi è più festaiolo dei due?
Probabilmente io. Sono sempre stato io!
Ampliando il tema “feste”: parliamo del movimento dei free party, a cui dovete molto. Con l’indebolimento di questo fenomeno cosa si è perso, cosa è cambiato effettivamente, a parte qualche sterlina per l’ingresso?
Penso sia veramente difficile parlarne in questi termini. Di base ora le cose sono semplicemente differenti, l’uomo si evolve e io non amo guardare indietro e dire che le cose erano meglio prima, anche se magari effettivamente lo erano! Penso però che non sia questo il giusto atteggiamento da avere, tutto qui.
C’è da dire però che colpisce la scelta di genere dei vostri primi lavori. Non proprio la musica che andavate a ballare ai free party insomma. Perché la scelta di un sound così chill, perché la chill out?
Ottima domanda… Non ne ho la più pallida idea. Non sono mai stato troppo coinvolto da quella scena, e di certo non lo sono ora. “At The River” è stato un brano veramente speciale e ci siamo rimasti incastrati per un po’. Poi intendiamoci, fumavamo un bel po’ di roba a quel tempo, sono abbastanza sicuro che questo ha giocato un ruolo determinante…
Vertigo ha rappresentato un po’ la preparazione al cambiamento, poi reso effettivo da Goodbay Country in poi. Più house, più groove, più incursioni di generi differenti: cosa è successo con Goodbay Country? E’ stato in qualche modo determinante la vostra collaborazione con Quentin Leo Cook (aka Fatboy Slim)?
Non abbiamo mai conosciuto Norman così bene, ma da quel poco che ho visto è veramente una bella persona. Lui e sua moglie Zoe supportavano molto ciò che facevamo all’epoca. Penso che fu “Superstylin”, dall’album Goodbye Country appunto, a rappresentare la svolta: scrivere un inno come quello, poi portarlo nei live e sentire la risposta della gente. Questo è stato l’origine del cambiamento. Volevamo provare quelle sensazioni, quell’energia per più tempo possibile durante i nostri show.
Con il tempo avete dato sempre più respiro al vostro lato da polistrumentisti, non solo per l’uso di diversi strumenti ma anche per la scelta dei suoni. Goodbay Country, Love Box e Black Light sono a mio parere gli highlights del vostro percorso. Ecco, parlando del vostro ultimo album, come è nata l’idea della Groove Armada Band?
Sono d’accordo, sono ottimi album quelli e anche molto “live” per così dire. La band si è creata in maniera molto naturale e si è poi evoluta allo stesso modo. Sia io che Andy avevamo un passato da musicisti in senso classico quindi per certi versi è sempre stato parte del piano dar vita ad una live band. Ma ti lascio immaginare, ci è voluta un’eternità prima che lo show arrivasse ad un livello di cui fossimo soddisfatti. Ci hanno lavorato molte persone per renderlo possibile, musicisti, la crew, un tour manager pazzesco…
Immagino abbiate dovuto anche arrangiare nuovamente i vostri vecchi brani per la band. Si sono prestati bene a questo processo?
Dall’inizio alla fine, è stato come riscrivere ogni album per far sì che funzionasse live. Dopo aver finito Black Light, subito dopo una settimana abbiamo dovuto ricominciare con le prove per preparare i vecchi brano allo show, è stato sfiancante. Ma sì, è stato uno sforzo ben ripagato: alla fine l’energia del live penetrava al meglio in ogni brano.
Ho letto che Northern Star lo avete scritto in una settimana, grossomodo. Immagino ora invece i tempi per creare un album si siano un po’ dilatati…
E’ vero: una sola settimana, pronto! Con Black Light è stato esattamente l’opposto, penso sia corretto definire come “tortuoso” il processo creativo di quest’ultimo album. Oramai io e Andy viviamo in stati differenti e quindi oggi produciamo perlopiù a distanza, facendo l’upload di file e tracce o di intere sessioni di Logic. Non è come sedersi fianco a fianco, certo, ma funziona.
Tornando a parlare di performance. Mi confermi che controllate gran parte dello show dalla vostra consolle (musica, luci, laser e video)? Diamine, gran bel lavoro. Come mai preferite non delegare questi compiti?
Quando facciamo un dj set sì, è così. Le ragioni principali stanno nel fatto che vogliamo un dj set comunque vivo, ci piace non programmare i nostri turni. Nessuno sa chi e cosa sta per suonare ad eccezione di noi due, per questo abbiamo sentito fosse necessario organizzarci in questo modo. Devo dire che non è poi così complesso una volta che si ha preso la mano, e sicuramente dobbiamo ringraziare il nostro tour manager che ogni volta rende tutto ciò possibile.
Quest’anno suonerete nuovamente allo Snowbombing. Come è stata la vostra prima esperienza lì nel 2012? Un contesto abbastanza inusuale rispetto al solito: neve, freddo e abeti…
Ci siamo divertiti molto… Anche se abbiamo un po’ esagerato con gli after-ski.
Sinceramente, ti capita mai di ascoltare i vostri dischi in macchina o a casa? Che effetto fa?
No. Decisamente no. Risveglia troppo il mio lato emotivo. A volte mi capita di sentire qualche nostro brano in TV o in un supermercato e mi ci vuole un po’ per riprendermi. Che rincoglionito…
Ecco appunto: “My Friend”, è uno dei vostri brani più noti, soprattutto nel nostro Paese. Ognuno di noi lo ricollega ad un’esperienza o ad un momento della propria vita. A te a cosa fa pensare? Ti ricordi quando lo avete scritto?
Mi ricordo dove eravamo quando lo abbiamo scritto, nel bel mezzo del nulla. Seduti nella stessa stanza per circa 18 mesi, in diverse condizioni ad ascoltare di continuo quel loop… è stato bello, veramente. Adoravamo farlo al tempo, anche se fa decisamente uno strano effetto ora ricordare quei giorni.
Ormai sono diversi anni che non pubblicate un album. In che fase è oggi il sound dei Groove Armada? Cosa dobbiamo aspettarci, un ritorno della live band o qualcosa basato più sul duo Groove Armada?
Se devo essere sincero, ora come ora non ci vedo a fare un nuovo album. Ci stiamo divertendo a fare tracce più dance, a suonare, ci stiamo rilassando e divertendo un po’. Ammetto però che mi piacerebbe fare un altro live tour, è stato veramente speciale l’ultimo. In tal caso scriveremmo quantomeno un EP, e lo faremmo come si deve.[/tab]
[tab title=”English”]Reinvent yourself, constantly and in a good way. Probably this is one of the most important features that an artist should have. “Never change a running system”, yes … but up to a certain point, because the courage to take risks always deserves a certain degree of respect, especially when you change system and you win even more. This is the Groove Armada‘s case, the well-known duo from Cambridge formed by Andy Cato and Tom Findlay. A genre, the one of GA, not so close to me: too enamelled, too clean, too easy I thought. I was wrong, and a lot (not about their features, but on my conclusions). Listening again their discography, from last album to the first, I appreciated for the first time their great ability to reinvent themselves – I mean, always in a sort of cunning way, but without neglecting quality. Each disc between Northern Star and Soundboy Rock presents several and big changes, and with “Black Light”, the latest album from some years ago, there is a new and drastic metamorphosis, good at least as the others. In mean, over the years: chill out, trip hop, reggae, electro, downtempo, breakbeat, new wave… and still the same Andy and Tom, not bad, isn’t it? Few weeks before the Snowbombing festival that will be held in Mayrhofen, and where the duo will play for the second time, we exchanged few words about Groove Armada evolution with Tom Findlay, who doesn’t like to let himself drag in the past, and about the future… Well, read on.
Let’s start from your encounter: I know Andy’s girlfriend was crucial for the meeting, isn’t it? When and where did you meet, do you remember? And then, from a casual meeting how did the effective collaboration start?
You are really taking me back now. But yeah I went to school with the woman Andy is now married to. The music making happened pretty quickly after we met, just for the love really. But within a year or two it felt like we might have a future.
Did you party a lot together before starting to play together? Did you test your consonance in terms of musical tastes?
We have done our fair shift in terms of partying. Musically our tastes have always been quite different, but i think that tension is at the heart of what makes the collaboration work.
Who was the real party animal at that time?
Probably me. It’s always been me!
Continuing on this theme: free parties, to whom you owe a lot. With the weakening of free parties reality, what has been lost at your eyes? What atmosphere, what values, what has really changed, apart from few pounds for the entrance?
I think its hard to talk in these terms. Things are just different and we evolve, and I hate looking back and saying things were better back in the day, even though they probably were! I just dont think its the right attitude to have.
It is also quite interesting the genre choice of your early works. Not exactly the music you used to dance at DIY parties for example, I guess. Why the choice of a so chill sound, why the chill out?
It’s a good question about chill out, and I’ve no idea really. I was never massively into that scene, and certainly I’m not now. ‘at the river’ was just a special special record and we sort of got boxed in by that a bit. I suspect we were smoking a lot of dope then mind you, which I’m sure played a part.
Vertigo has been in some way the preparation for the change, then made effective from Goodbye Country onwards. More house, more groove, more raids of lot of different genres: what happened with Goodbye Country? Was also your relationship with Quentin Leo Cook (aka Fatboy Slim) decisive for this change?
We never really knew Norman that well, but he’s a lovely fella and he and his wife Zoe, were really supportive of what we were doing. I think the big change came with Superstylin really, from Goodbye Country. Writing an anthem like that, then delivering it live and seeing the response. I think we just wanted to experience that feeling on stage for as much of the gig as possible.
By the time, you have given even more breathing space to your multi-instrumentalists side, not only using different instruments but also with a wider sounds choice. Goodbye Country, Love Box and Black Light are in my opinion the highlights of your itinerary. Talking about your latest album, how was the idea of Groove Armada Band born?
I agree they’re great records those and very ‘live’. The band just evolved. We’d both had backgrounds in playing live music so it was always part of the plan. But you know it took forever to get the show to the point that we were happy with it, and lots of people played a part in that. Musicians, crew, an amazing tour manager.
I suppose you had to re-arrange your previous songs for the band and live shows. Did your old tracks lent themselves well to this process? Have you discovered new aspects of your tracks in this way?
Totally, it was like rewriting every album trying to make things work live. With Blacklight we sort of started again after a week’s rehearsal, it was scary stuff. But yeah the Energy of the shows, that flows back into the recordings all the time.
I’ve read you wrote Northern Star in a week, roughly. The time you need to create an album now is a bit’ more, I guess… How is the way you produce changed ‘till now?
It’s true one week, done. BlackLight was the total opposite, I think you could call that creative process ‘tortuous’. We live in different countries now and essentially produce remotely, uploading files/trax or whole Logic sessions. It’s not the same as sitting shoulder to shoulder but it works.
Going back to the performance. Do you really control a large part of the show (music, lights, laser and video) from your booth? Heck, a big job! How can you manage all these aspect at the same time? Why don’t you prefer to delegate these tasks?
For the DJing yeah we do. The reasons being we want the djing to be live, and really be able to take unscheduled turns. No one knows the music we play like us, so we just felt we should do it. It’s actually not so bad once you’ve done it a few times, and we have an amazing tour manager who makes it all possible.
This years you’re going to play again at Snowbombing in Austria. How was your first experience there in 2012? A rather unusual context: snow, cold and firs…
We had a ball…tho slightly overdid the apres ski.
Honestly, do you ever listen to your albums while you are driving or at home? How does it feel to know they have made and continue to make dancing thousands of people? And you are there, in your car thinking “Damn, I wrote this song, it’s mine!”
Not really no. It makes me too emotional. Sometimes I’ll hear one of our songs on the telly or in a supermarket and it takes me a while to clock it. Silly sod.
“My Friend”, is one of your best-known songs, especially in our country. Each of us relates it to an experience or a moment of our lives. To me, for example, it always reminds of a post that was published by a colleague many years ago on a blog that than has formed the basis for this website, Soundwall.it. And what about you, what does “My Friend” remind you of? Do you remember when you wrote it?
I remember where we were, in the middle of nowhere, when we wrote it. Sat in this same room for about 18 months getting stoned and listening to that loop… it’s all good really. Loved doing it at the time, though it seems pretty bonkers looking back on it.
It has been a long time since your last album. At what point is now the sound of Groove Armada? Your EP can already give us some clues, but what should we expect: a return of the live band or something more based on the duo Groove Armada? what are you working on?
Honestly I cant see us making another record. We’re enjoying make dance trax, DJing, taking it a little easier. I’d love to do one more live tour though, that was special, and if we did that then we’d make an EP at least and really do it properly.[/tab]
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