I GusGus di Reykjavik sono un’istituzione della musica elettronica, potremmo dire “techno pop oriented”. E’ difficile difatti inquadrare attraverso un solo genere quanto prodotto dagli islandesi in una carriera quasi ventennale: si è passati dalle sonorità trip-hop/elettroniche dei primi due dischi “Polydistortion” e “This Is Normal” a ritmiche strumentali in salsa technoide di “Gus Gus Vs. T-World” e “Attention”, fino agli ultimi esperimenti pop-dance di “Forever”, house-minimal-dub di “24/7” e tech-house dell’ultimo “Arabian Horse”. Nel tempo la formazione ha subìto diversi cambi di line-up passando da nove elementi a tre nelle ultime produzioni – President Bongo, Biggi Veira e Daníel Ágúst – per quanto nell’ultimo disco sono accompagnati da vecchie conoscenze quali Urður “Earth” Hákonardóttir, Högni Egilsson e Davíð þór Jónsson.
Una carriera lunga e importante, che si è rivoluzionata disco dopo disco, pur mantenendo una freschezza ed una purezza di intenti mirabili. Avete superato bene anche molti cambi di line-up, come ci siete riusciti?
Il tutto è semplicemente avvenuto e basta. La nostra storia è questa, se le cose fossero andate diversamente staremo qui a discuterne in termini diversi. La band ha mosso i suoi primi passi come un collettivo di 9 membri dall’approccio assai diversificato verso la musica e più in generale nei confronti della vita. Il primo album è stato composto per la sola gioia di darlo alle stampe, come progetto parallelo di un gruppo di persone prese a dirigere un cortometraggio. Poi quando abbiamo firmato per la 4AD, il discorso si è caricato di significato, con una maggiore dedizione al progetto da parte di tutti. Ecco perché il vero esordio della band può essere considerato il secondo album. Successivamente le aspettative di alcuni non sono state ripagate appieno, facendo intravedere la fine del progetto. Probabilmente i GusGus erano destinati a comporre una manciata di album e poi a scomparire. Fu l’ulteriore collaborazione con Daniel a dare ossigeno alla band, la compilation che producemmo insieme appena prima della sua fuoriuscita dal gruppo. La raccolta conteneva tracce recuperate da un database del periodo 1993 /1994 relativo all’esperienza T-World, band mia e di Buckmaster. Difatti il lavoro si chiama GusGus Vs. T-World e fu rilasciato nel 2000 quando i GusGus, di fatto, non esistevano più. In seguito ci fu offerta la possibilità di eseguire quest’album dal vivo in modalità strumentale. Io e President Bongo accettammo, non avendo nulla di meglio da fare. Durante il tour notammo il grande attaccamento dai fan e ci divertimmo anche parecchio, perciò prendemmo la decisione di continuare a lavorare come GusGus, cercando di trovare nuovi cantanti. Così arrivò Earth, come un vento fresco nella nostra vita, e componemmo assieme due album, Attention e Forever, influenzati da sonorità anni ’80 ma anche dalla musica dance contemporanea. Forse avremmo dovuto cambiare la ragione sociale del progetto anziché utilizzare il nome GusGus, ma così facendo avremmo dovuto cambiarlo nuovamente alla fuoriuscita dal gruppo di Earth. Dopo quest’esperienza ricontattammo Daniel, che accettò di tornare nel gruppo, E così arrivò 24/7. Tornando all’oggi, Arabian Horse è una sorta di album di raccordo, che cerca di combinare insieme tutte le esperienza musicali marchiate GusGus all’interno di un unico prodotto. Se non fosse stato per GusGus Vs. T-World a quest’ora si parlerebbe di una storia fatta da diverse esperienze, magari di 3 o 4 gruppi diversi. Per quanto mi riguarda, le cose stanno bene così come sono andate. Possiamo eseguire Ladyshave, David, Add this Song, Over, durante lo stesso concerto, ed è favoloso.
Dal 1995 al 2011 è cambiato il modo di approcciarsi alle macchine e ai software per produrre musica elettronica. Come avete vissuto questi mutamenti?
I cambiamenti per noi non sono stati radicali. Per il mixing facciamo ancora affidamento principalmente all’outboard, come ai vecchi tempi. Mi piacciono i sintetizzatori dal suono fisico, che sembrano parlare. In molti oggi utilizzano solamente i computer, sintetizzatori software e librerie di campionamenti su cd. Io ho il mio Doepfer Modular Synth con il quale produco la maggior parte dei campioni di suono sui quali lavoriamo. D’altro canto una cosa che mi piace è essere in grado di mixare un brano completamente al computer. Attraverso la Universal Audio Card riesco finalmente a farlo. Ma poi ho la necessità di registrare i diversi output con il TC 2290, TC 2290, PCM 70, RE-3, Mini-KP, RE-201 o al limite con il RE-20. Ma il tutto è assai divertente.
Quando avete iniziato a produrre musica Reykjavik per i più era solamente una sperduta città nordica identificabile al massimo attraverso i primi passi musicali di Bjork. Oggi, anche grazie ai GusGus, è considerata una meta fondamentale per la club culture mondiale. Cosa potete dirci in proposito?
Beh non posso dire che sia proprio una meta fondamentale, ma di sicuro ci si diverte. Il più delle volte almeno. Abbiamo alcuni piccoli club che propongono ottima musica, c’è sempre un concerto in corso da qualche parte.
Con l’odierna formazione ridotta, il processo musicale si sarà razionalizzato. Come vi dividete i ruoli all’interno del gruppo?
Fondamentalmente siamo in 5. Quindi 3 cantanti e 2 produttori e prendiamo parte tutti insieme al processo di scrittura. Io sono l’unico che sa usare un sintetizzatore.
Non c’è mai molto “hype” prima di una vostra uscita (che avviene quasi in sordina), ma il fenomeno esplode sempre dopo, puntuale come un orologio. E’ una cosa voluta?
No, non è una strategia. Preferirei che gente comprasse l’album in grandi quantità fin da subito, rendendo tutto più semplice.
Ogni disco è una sorpresa, soprattutto per quanto riguarda le sonorità che abbraccerà. Pensate prima alla gamma sonora da ricomprendere nel lavoro oppure è frutto della naturale evoluzione stilistica dei GusGus?
Per quanto mi riguarda c’è sempre qualche nuovo stimolo al quale rispondere. All’avvio di una nuova produzione ci sono cose che sperimento e altre che mi lascio alle spalle. Scommetto che vale lo stesso per gli altri membri della band. Per me 24/7 è stato il tentativo di traghettare il linguaggio della minimal techno in ambienti pop. Arabian Horse risulta essere la continuazione del discorso, ma con più enfasi posta sulla struttura canzone, sulla programmazione e sull’approccio vocale. Con il prossimo album ci saranno altre sfide da affrontare.
Amate le sonorità sintetiche ma anche la musica suonata con strumenti veri. Come suonerà live il vostro ultimo disco Arabian Horse?
Allo stesso modo con il quale interpretiamo dal vivo il nostro suono dal 1992. Sequencer, campionatori e sintetizzatori collegati ad un mackie mixer. Il tutto impegna due persone, la prima sul mixer per gli arrangiamenti, aggiungendo o sottraendo elementi al mix sonoro, mentre la seconda manipola e lavora sull’effetto dei sintetizzatori. Insieme si manovrano filtri ed effetti che sono interconnessi.
In Arabian Horse sembra che abbiate immerso i Faithless in mezzo ai ghiacci isolazionisti della vostra terra, costringendoli a fare i conti con la musica sinfonica oltre che elettronica. E’ un’immagine mentale plausibile oppure ne avete una più calzante per descrivere il lavoro?
Non sono sicuro di gradire questo confronto con i Faithless, ma è vero che Arabian Horse suona un po’ trancy. Il tutto è dovuto alla programmazione che ha dato al lavoro una veste grandiosa e melodrammatica. In generale non ho una visione rappresentativa della mia musica. E’ semplicemente un flusso sonoro e come tale non ha forma, solo movimento.
Cosa vi piace dell’ultimo album e cosa invece pensate possa essere migliorato per il futuro?
Mi piacciono le linee vocali, i sintetizzatori, il suono in generale, gli effetti, la programmazione, gli arrangiamenti, la batteria campionata e gli inserti live. Non credo che il tutto necessiti di miglioramento, ma è altrettanto vero che non si può comporre lo stesso album due volte, quindi la prossima volta cambieremo sicuramente qualcosa. Forse aggiungeremo maggiore groove alla matassa sonora.
Cosa ascoltate al di fuori della musica elettronica?
Musica classica, Pop, Indie, R&B e Rock.
Cosa ne pensate della musica dubstep che sembrerebbe essere il paradigma musicale del momento?
E’ forte! Attraverso uno dei miei progetti paralleli mi piacerebbe confrontarmi con questo genere. Ad ogni modo è un paradigma musicale abbastanza rigido. A me piace variare maggiormente con i tempi ritmici.
Verrete in Italia a presentare Arabian Horse?
Lo speriamo. Magari in occasione di qualche festival nell’estate del 2012 o forse in qualche vostra città quest’inverno. Chi può dirlo!
Con affetto,
Biggi Veira
English Version:
GusGus from Reykjavik are an institution of electronic music, we could say “techno-pop oriented.” In fact, it’s not easy to frame, using a specific musical genre, all the work that the Icelanders have composed in a career spanning nearly two decades: sounds are passed from trip-hop/electronic of the first two records “Polydistortion” and “This Is Normal” to rhythmic-instrumental in technoid sauce of “GusGus Vs T-World” and “Attention”, until the last pop-dance experiments of “Forever”, house-minimal-dub of “24/7” and tech-house of the last “Arabian Horse”. Over time GusGus has undergone several changes of line-up going from nine to three elements in recent productions – President Bongo, Biggi Veira and Daníel Ágúst – as the last disc are accompanied by old friends such as Urður “Earth” Hákonardóttir, Högni Egilsson and Davíð þór Jónsson.
A long and distinguished career, which has revolutionized record after record, while retaining a freshness and a wonderful purity of purpose. You have as well surpassed many changes of line-up, How did you manage to do all this?
Not sure we just did. No seriously I think it has just unfolded the way it was supposed to be, or rather if it would have gone different it would not be as it is now. The band started out as a collective of 9 members with very different approach towards music and live in general. The first album was just done for the fun of it, a side project of a group doing a short film. Then when we signed on 4AD there was more meaning and dedication in the project from every one. And that was basically the reason why the band came apart after the second album. It could not fulfill everybody’s expectations at once. Normally that would have been the end of it. Gusgus was maybe supposed to do only two albums and then die. But there was this final collaboration with Daniel that extended the life of the band. The compilation album we did together just before he left. The album was compiled of tracks from a pile of DAT’s from the 1993 and 1994 period of the band Tworld that was the band me and Buckmaster was in prior to Gusgus and Gusgus swallowed in the 1995. This compilation was called Gusgus vs Tworld and was released in the year 2000 as the band collapsed. Following there came some offers to tour this album as Gusgus instrumental. Me and President Bongo thought why not, we have nothing better to do, so we did in the summer and fall off the year 2000. On the tour we felt lot of love from our fans and had great fun so we decided that we would continue to work as Gusgus and try to find new singers. Then Earth came as a fresh wind into our life and we did with her two albums, Attention and Forever more in the early 80’s influenced dance style with some dash of contemporary dance influences. Maybe we should have started fresh with some new name instead of using the name Gusgus. But then we would have had to change name again after Earth left. Instead when Earth left we though we can just call Daniel again, he has nothing special going on and he is probably up for doing an album. And he was and we did 24/7. Now Arabian Horse is kind of wrap up album tying together all the Gusgus musical history and experience in on tight package. Only because of the album Gusgus vs Tworld all this history is under on brand called Gusgus. If not for that album you would probably see the same history under 3 or 4 different bands. I prefer the outcome as is. We can play Ladyshave, David, Add this Song, Over, in the same set. Under 3 or 4 bands it would not make sense.
From 1995 to 2011 has changed the way of approaching the machines and softwares to produce electronic music. As you have experienced these shifts?
Just mildly. We still rely mostly on outboard as in the old days. I like to program synth that are “real” so to speak. While the others have moved into the computer and the soft synth and sample CD world I have stacked my studio with modular Doepfer stuff and with that sampled my own sound library. One thing I like though very much is to be able to mix a track completely in the computer. When I got my Universal Audio Card I finally felt able to do that. But then I need to record all the outboard effects, the TC 2290, PCM 70, RE-3, Mini-KP, RE-201 and its decent the RE-20. But it is fun.
When you started making music Reykjavik for foreigners was only a remote northern city identified through the first steps in music of Bjork. Today, also thanks to Gus Gus, it is considered a fundamental destination for the global club culture. What can you tell us about it?
Well I can not say it is a fundamental destination for the global club culture. But it is fun. Most of the time at least. We have some small clubs that are fine and there is always somewhere a gig going on.
With today’s reduced presence, the musical process will have rationalized. How do you divide the roles within the group?
We are now 5 actually. We have 3 singers and two producers and we all take part in the songwriting. I am the only one though that knows how to patch a synth.
There is never much “hype” before your own new outgoing record (which is almost on the sly), but the phenomenon exploded forever after, regular as clockwork. Is it your strategy?
No, it is not a strategy. I would prefer if people just bought the album in huge quantities and we could just have it easy.
Each record is a surprise, especially with regard to the sound that will embrace. you think before about the sound spectrum that will cover the work, or is it the result of natural evolution of Gus Gus style?
For me at least there is always some urge to evolve. When starting an album there are few things I want to try out and others I leave behind. I guess it is the same with the others in the band. For me 24/7 was an experiment in working minimal techno ideas into pop. Then Arabian Horse was a straight forward continuation with more emphasis on song structure, cord programming and more divers vocal approach. For the next album I feel we need yet to make another turn towards new challenges.
You love synthetic sounds but also music played with real instruments. How will your last album Arabian Horse be performed live?
The same as I have performed live since 1992. With sequencer, sampler and synths plugged into a mackie mixer. It is then two people job to run this stuff through a Gusgus set. One is on the mixer doing the arrangement, dropping elements in and out of the mix. The other manipulates and works the synths sounds that are flowing. And together we manipulate the effects and filters that are connected.
In Arabian Horse seems that you have soaked Faithless in the middle of the isolationists ice of your land, forcing them to deal with symphonic music as well as electronic. It’s just our mental image, do you have one more fitting to describe the work?
Not sure I like this Faithless comparison, but yes the Arabian Horse is a bit trancy sounding. That is basically due to the cord work. Big and Melodramatic. But I don’t establish any pictorial view of my music. It is music and as such has no form, just movement.
What do you like at most about the last album and what do you think could be improved for the future?
I love the singers, the synths, the sound, the effects, the cord work, the arrangements, the drum programming and the session-players-stuff. I don’t think an improvement is needed. But we can’t do the same album twice so I guess we will change something next time. Maybe more groove orientated and less cord work.
What do you listen outside of electronic music?
Classical, Pop, Indie, R&B, Rock.
What do you think about dubstep music, which seems to be the paradigm of the moment?
It’s cool. On one of my side project I might even program some. It is a quite fixed form though. I like to vary between tempos.
Will you come to Italy to present Arabian Horse?
Hopefully. Some festivals in the summer of 2012 perhaps or some cities in late this winter. Who knows!
Love,
Biggi Veira