Ritorna su Soundwall uno dei più anticonformisti tra i djs: Guy Gerber. Ci mostra subito il suo forte legame con la terra natia, anche se il suo obiettivo è sempre stato quello di crescere musicalmente in campo internazionale e guardando i risultati più che cresciuto sembra essere diventato un gigante. La sua carriera infatti è stata, fino ad ora, un susseguirsi di successi passando per la Bedrock di John Digweed, la Cocoon di Sven Vath fino a creare il suo “harem” musicale con la Supplement Facts Records. L’estate 2013 gli sta affidando una grande responsabilità, sarà protagonista infatti, al Pacha di Ibiza, con ‘Wisdom of the Glove’ ogni mercoledì partendo dal 22 Maggio e a quanto pare se ne vedranno delle belle. Gerber ci rivela che il suo show catapulterà i clubbers in una sorta di mondo incantato, dove la cornice sarà la musica, i suoi live, più quelli di Four Tet, Delano Smith, Magda, Lee Burridge, solo per citarne alcuni. Beh, non ci resta che raggiungerlo al Pacha, dimenticarci tutto, chiudere gli occhi e viaggiare con la musica, cosa che sembra piacere tanto anche a lui.
Sei nato e hai vissuto vicino Tel Aviv, una città che sembra avere un DNA europeo, pensi che sia più difficile affermarsi musicalmente lì o in Europa? Per quale motivo?
In Israele la scena musicale non è molto sviluppata ed è piccolo come posto. Avere successo lì non è mai stato il mio obiettivo, ho sempre voluto fare qualcosa a livello internazionale, ma è stato molto difficile all’inizio. Non c’era molto nel settore e per questo sono stato al verde gran parte della mia vita, finché non ho raggiunto il successo internazionale. In Europa la gente ti accetta molto di più in un certo senso. Sono stato ben accolto nonostante venissi da Israele (che non è un Paese molto popolare nel mondo). Però la competizione è maggiore qui, ci sono un sacco di belle cose che accadono contemporaneamente. Non è stato facile sfondare ed è difficile anche restare al top per molto tempo, devi sempre fare qualcosa di nuovo.
Ci sono molti producer israeliani che hanno fatto e stanno facendo molto bene tra cui Shlomi Aber, con cui hai avuto modo di collaborare su uno dei tuoi progetti più amati “Sea of sand”. Parlaci dei rapporti che ci sono oggi tra di voi.
Shlomi è sempre stato un mio grande amico. Ci sentiamo di tanto in tanto su Skype, ma devo dire che ho un rapporto più stretto con Chaim. È una specie di fratello minore per me ed è un grande producer.
Ti manca un pò la tua terra natia?
Ogni singolo giorno. Sono appena tornato da una vacanza di tre settimane a Tel Aviv, sono stato con la mia famiglia e ho lavorato in studio. Ho un forte legame con la mia terra e con la mia famiglia e la ragione per cui credo sia così importante per me andare lì è che le persone mi amano per ciò che sono. Quando sono lì sono circondato da persone che mi conoscono e mi sostengono da prima che raggiungessi il successo, è una cosa meravigliosa.
Ami esibirti con set-up che ti permettono di creare i tuoi “sbalorditivi” live, le produzioni di Guy Gerber in studio rispecchiano l’improvvisazione che mostri nei live o sono frutto di lungo studio?
Improvviso sempre e direi che l’85% della musica, che sia il basso, gli accordi o la chitarra che suono io stesso, di solito la creo chiudendo gli occhi e suonando senza pensare. Improvvisare con la musica in studio è probabilmente la cosa che mi piace più al mondo.
Qualche anno fa ci hai detto che stavi studiando un nuovo “concept” al posto del laptop e dei controllers. Come è cambiata con gli anni la struttura per i tuoi live?
Devo dire che negli anni la mia live performance è diventata sempre meno elaborata. Sarò sincero: la difficoltà nello spostarsi da un posto all’altro non potendo suonare sempre nelle stesse condizioni si fa sentire. Suono in vari tipi di club e in situazioni diverse. Quest’anno per il mio “residency” al Pacha, poiché starò in un unico posto, ho intenzione di preparare un setup speciale. Più macchine, più tutto.
Passando ad aspetti meno tecnici e più pratici, il 22 Maggio inizia lo show “Wisdom of the Glove” che ti vede residence e protagonista in uno dei club storici dell’isla blanca, il Pacha che quest’anno compie 40 anni. Come nasce? Cosa dobbiamo aspettarci il mercoledì al Pacha d’Ibiza?
Al Jungle Party in Messico, andavo in giro indossando un guanto, stile Michael Jackson. Il tessuto all’interno del guanto era strano al tatto perché era scadente, ed io mi divertivo ad andarmene in giro a toccare in faccia le persone per far venire loro i brividi. Dopo circa due ore iniziai a notare che nessuno era infastidito. Quando mi toccai la faccia io stesso, mi resi conto che la superficie esterna del guanto in realtà era morbida e piacevole, quindi per tutto il tempo i brividi li avevo fatti venire solo a me stesso. Questa cosa si è trasformata in un concetto più ampio e quando il Pacha mi ha offerto l’ingaggio, è venuto tutto da sé. Il concetto Wisdom of the Glove implica che ci siano maghi, burattinai, mappature del corpo in 3D, Zoltar machines e 150.000 guanti che verranno disposti in giro. Come se lo stesso Damien Hirst venisse al Pacha. La gente può aspettarsi l’inaspettato e lineup di qualità, con musica che farà letteralmente viaggiare.
Puoi anticiparci qualche ospite o qualche sorpresa di “Wisdom of the Glove” o è tutto top secret?
Per me l’essenza della notte è la seduzione, e parte della seduzione è il mistero di non sapere cosa accadrà. Però posso rivelare qualche nome e posso dire che i miei principali residents saranno Bill Patrick, Maayan Nidam, Shaun Reeves e Phil Weeks. Degli headliners posso citare Four Tet, Delano Smith, Chromatics, Lee Burrigde, Magda e dOP. Molti altri arriveranno…
Si vocifera che stai lavorando per l’apertura di un club a New York a settembre. Di che cosa si tratta?
Verboten sta aprendo un grande nightclub e sta preparando un outdoor festival per quest’estate. È un grosso progetto e io partecipo ad entrambi. Posso menzionare un altro partner speciale, che è Carl Craig. Il mio manager Jen Schiffer, che adoro, e il resto del team di Verboten sono davvero la mia famiglia. Insieme stiamo costruendo una solida armata a Brooklyn…
Dall’alto della tua esperienza da producer ed essendo proprietario della Supplement Facts cosa ti senti di suggerire ai giovani producers che ambiscono ad entrare nelle top labels?
Direi che la cosa più importante è provare a non pensare troppo a cosa si sta producendo e quasi dimenticare tutto quello che si sa, in modo da inventare qualcosa che abbia il suono più speciale e definito possibile. Preferire se stessi e non seguire le mode. Non siamo delle etichette trendy, cerchiamo solo di realizzare delle tracce solide e di qualità: è su questo che i giovani producers dovrebbero concentrarsi se vogliono ottenere successo.
Qual è la tua produzione al quale sei più legato? Per quale motivo?
C’è una storia dietro ogni singola mia traccia. Come album, direi che il Fabric 64 è stato quello che più mi ha coinvolto emotivamente, ma la traccia a cui sono più legato è sempre stata “Late Bloomers”, perché è stata l’ultima che ho creato per completare il mio primo album. È assurdo, la parte di piano al centro della traccia mi impressiona sempre, l’ascolto e mi sento come se ogni volta la stessi suonando dall’inizio.
English Version:
Back on Soundwall one of the most nonconformist djs: Guy Gerber. He immediately shows his strong bond with his homeland, although his goal has always been to grow musically in an international context. It seems he has achieved the expected result and even more. In fact his career has been, until now, a series of successes like Bedrock by John Digweed, Cocoon by Sven Vath, up to the creation of his musical “harem” with Supplement Facts Records. On summer 2013 he will have a great responsibility starring at Pacha Ibiza with ‘Wisdom of the Glove’ every Wednesday, starting from 22 May, and it looks like that’ll make the feathers fly! Gerber reveals that his show will catapult clubbers into a kind of enchanted world whose frame will be the music and his live performance, added to Four Tet, Delano Smith, Magda, Lee Burridge, just to name a few. Well, we just have to reach him to Pacha, to forget it all, to close our eyes and let us take on a journey by the music, which he seems to like so much, too.
You were born and raised near Tel Aviv, a city that seems to have a European DNA. Do you think it’s more difficult to succeed in music there or in Europe? Why?
In Israel the music scene is not very developed, and it’s also kind of a small place. It was never really my goal to succeed in Israel, I always wanted to do something international, but it was very difficult at first. There wasn’t much of an industry and I was broke most of my life because of this, until I got international success. In Europe, people accept you much more in a way. I was welcomed despite the fact that I was from Israel (not the most popular country in the world). But the competition is much higher in Europe, there are a lot of good things happening at the same time. It was not easy to break through, and is difficult to stay on top for a long time too – you always have to be doing something new.
There are a lot of good Israeli producers like Shlomi Aber, with whom you’ve had the opportunity to collaborate on one of your best beloved projects “Sea of Sand”. What are your current relations with him?
Shlomi has always been my good friend. We catch up every now and then on Skype, but I must say I have a closer relationship with Chaim. He is kind of like my little brother, and is a great producer.
Do you somewhat miss your homeland?
Every single day. I just came back from a 3 week vacation in Tel Aviv, seeing my family and working in the studio. I have a strong connection to the land and my family and why I feel it’s so important for me to go there is that people love me for who I am. When I go there I’m surrounded by people that knew me and supported me way before my success, and it’s really amazing.
You love performing with setups by which you can create your stunning live set: do Guy Gerber’s studio productions reflect the live improvisations or are they usually the result of a long study?
I always improvise and I would say 85% of the music, whether it’s the bass, the chords, or the guitar I play myself, I usually produce by closing my eyes and playing without thinking. Improvising with music in the studio is probably the thing I enjoy most in the world.
Some years ago you said you were studying a new “concept” in place of laptops and controllers. How has the structure for your live performances changed in years?
I must say over the years, my live performance has become less and less elaborate. I’ll be honest, the difficulty of changing from venue to venue and not always having the same conditions is tough. I’m playing for many different kind of clubs and situations. This year for my residency in Pacha, because I will be staying in one place, I plan to prepare a special setup just for there. More machines, more everything.
“Wisdom of the Glove” is starting on May 22, the show with your residency this summer at Pacha, the legendary club in Ibiza, that this year is going to celebrate its 40th anniversary. Where does this project come from? What should we expect on Wednesdays at Pacha?
While at the Jungle Party in Mexico, I was walking around wearing one glove, MIchael Jackson style. The texture inside the glove felt weird, because it was cheap, and I was enjoying going around and touching people on the face with it to creep them out. But after like two hours, I realized that no one was bothered by the glove. When I touched my own face, I realized the outside of the glove was actually soft and nice. So the whole time I was really just creeping my self out. This developed into a bigger concept, and when Pacha offered me the night, it all came together around the same time. The WOTG concept involves bringing magicians, puppeteers, 3d body mapping, Zoltar machines, and a 150,000e glove that will be displayed. As if Damian Hirst himself was coming to Pacha .People can expect the unexpected, and to hear quality lineups, with music that will take you on a journey.
Can you disclose any “Wisdom of the Glove” guest or surprise? Or is it all top secret?
For me the essence of the night is about seduction, and part of the seduction is the mystery of not knowing what will happen. But I can reveal some of the names, and I can say that my main residents will be Bill Patrick, Maayan NIdam, Shaun Reeves, and Phil Weeks. From the headliners I can mention people like Four Tet, Delano Smith, Chromatics, Lee Burridge, Magda, and dOP. Many more to come..
Rumour has it that you’re working for the opening of a club in New York. What is this really about?
Verboten is opening a big nightclub and doing an outdoor festival stage a few times this summer. It’s a big project and I’m a part of both. I can mention one more special partner, and that is Carl Craig. My manager Jen Schiffer, whom I love, and the rest of the team of Verboten are really my family. Together we’re building a strong army in Brooklyn.
Drawn on your wealth experience as a producer and as owner of the “supplement facts”, what would you like to suggest to young producers who aspire to enter the top labels?
I would say the most important thing is to try not to think too much about what you’re producing and almost to forget everything you know in order to come up with something that has the most special and distinct sound. And to do yourself a favour and don’t follow trends. We’ve never been a trendy label, we’re just aiming to release solid, quality tracks and that’s really what young producers should focus on as well if they want to be successful.
What’s your production you are most emotionally attached to? Why?
Every single track of mine has a story behind it. I would say as an album, Fabric 64 was the one that I was the most involved emotionally with. But the track that I got most attached to has always been Late Bloomers, because it was the last track that I made in order to finish my first album. It’s funny how this piano part in the middle always touches me – I listen to it and can really feel myself playing it all over again.