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[tab title=”Italiano”]Il berlinese Hannes Bieger, grazie anche al lavoro svolto con etichette ed artisti importanti del panorama elettronico è uno dei mixing e mastering engineer più richiesti in Germania. E’ il tecnico di studio dietro alle ultime release di Âme, Steve Bug, Mano Le Tough e tanti altri. Scrive per Sound On Sound, ha collaborato con il team di Ableton alla versione 9 di Live ed è uno dei tecnici al Calyx Mastering, studio specializzato in master interamente in analogico. Gli abbiamo fatto una lunga lista di domande su musica, hardware, carriera, lavoro e ottenuto anche tanti ottimi suggerimenti per migliorare le competenze di chi tra noi sono anche produttori e/o tecnici di studio.
Mixing engineer, produttore, consulente, scrivi per Sound On Sound, come fai a far stare tutto in 24 ore?
Bella domanda… Sono abituato a lavorare molte ore in studio, nove, dieci, qualche volta dodici, anche quattordici ore al giorno, ma va bene così, amo il mio lavoro. Comunque, credo sia importante trovare un buon equilibrio. Non lavoro mai nei fine settimana e d’estate mi piace passare il tempo nella nostra piccola casa in campagna. Abbiamo anche una barca, mi piace molto usarla nei weekend, mi serve per ripulire la mente e prepararmi ad una nuova, intensa settimana in studio. In futuro, ho in progetto di prendere un assistente che mi aiuti con alcune delle attività.
Ho letto sul tuo sito che hai cominciato la carriera come produttore nel 2000, quali sono le tue principali influenze e riferimenti?
Veramente ho cominciato a fare musica molto prima, ho iniziato a prendere lezioni di chitarra alla fine degli anni ’80 quando avevo dieci anni. Alle superiori suonavo con diverse band. Quando ho cominciato la mia principale fonte d’ispirazione è stata la collezione di dischi di mio padre, per la maggior parte Brit Rock degli anni ’60 e ’70 – Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd, Led Zeppelin e soci. Nella seconda metà degli anni ’90 mi sono spostato sempre di più verso l’elettronica. Era quel periodo eclettico in cui ogni due mesi in UK veniva fuori un nuovo genere break beat e mi piaceva molto il trip hop. Penso che il primo album dei Portishead sia stato un grande punto di svolta per me. Mi ricordo ancora la prima volta che l’ho ascoltato, mi ha colpito come un fulmine e ho capito subito che per me l’epoca dei riff e degli assoli di chitarra era finita. Nello stesso periodo ho cominciato anche a fare il dj. Non ho mai suonato musica contemporanea, principalmente pezzi rari, soul, latini, jazz, bossa nova e ancora oggi, la mia collezione di dischi è una grande fonte di ispirazione. All’epoca c’erano anche pezzi house che m’interessavano come il primo St. Germain con “Alabama Blues”, Etienne de Crecy/Superdiscount, “Prix Choc” con il bellissimo sample di Grant Green, Metro Area, alcune cose Naked Music tipo Petalpusher, è così che mi sono avvicinato alla musica da club.
Llava e Airmate sono i tuoi due progetti musicali. Hai avuto collaborazioni con grandi nomi e mescolato stili molto diversi tra loro esplorando vari generi in tutti gli album. Gli ultimi CD sono del 2005 per Llava e 2006 per Airmate, hai idea di pubblicare qualcosa di nuovo prossimamente?
Quel periodo è stato un alto punto di svolta per me, ho prodotto due album in poco più di 18 mesi e alla fine del secondo mi sentivo esausto. Il motivo principale è che non ero rimasto completamente soddisfatto di come la label aveva gestito la pubblicazione del secondo disco e sentivo il bisogno di una pausa. Nello stesso momento però alcune persone hanno cominciato a avvicinarmi perché apprezzavano il suono delle mie produzioni e così ho cominciato la mia carriera come mixing engineer. Oggi mi sento più che pronto per ricominciare a lavorare su progetti miei ma, per fortuna, i miei clienti mi tengono così occupato che faccio davvero fatica a trovare il tempo per farlo. Ad ogni modo, faccio lavori di co-produzione tutti i giorni e verso la fine dell’anno troverò sicuramente il tempo per fare un paio di tracce nuove, probabilmente un misto tra techno, deep house minimalista con qualche influenza dub…
Scrivi per Sound On Sound a proposito di hardware di alto livello e altri argomenti tecnici e il tuo amore per l’analogico non è certo un segreto, pensi che ci sia qualcosa nel mondo digitale che sia degno di considerazione? Oppure è tutta una montatura commerciale?
La tecnologia digitale è diventata talmente di alto livello che oggi devi spingerti molto oltre nel mondo analogico per avere risultati migliori. Ho un setup ibrido e sebbene mi piaccia molto la parte analogica del mio studio, sarebbe davvero difficile finire i lavori senza la parte digitale. Analogico e digitale hanno vantaggi e problemi diversi, la chiave è sempre e comunque ascoltare bene e con attenzione. Oggi lavoro con Nuendo come DAW e, tanto per fare un esempio, mi piace molto la nuova generazione di plugin UAD. I nuovi Pultec, LA-2A, EMT 250, sono tutti processori di segnale eccellenti.
Nella figura del mixing engineer sei l’artista dietro gli artisti, quale pensi sia la parte più difficile di questo lavoro?
Penso che la chiave sia adattare i miei metodi e le mie routine ad ogni progetto nel miglior modo possibile. Le persone mi cercano perché vogliono che li aiuti a finire le produzioni e faccio di tutto per arrivare al risultato migliore. Qualche volta faccio qualche piccolo aggiustamento e qualche volta la miglior soluzione è rifare l’arrangiamento, anche se magari all’inizio sono stato ingaggiato solo per mixare il brano. Ho suonato la chitarra in alcune tracce degli Âme e Steve Bug (e qualche synth in altri progetti) perché c’eravamo accorti che era il modo migliore per far progredire i progetti, ma è un confine molto sottile. Non lo faccio per avere un mio marchio di fabbrica su una traccia, cerco sempre di capire la visione dell’artista e di guidarlo nel miglior modo possibile.
Hai lavorato con Steve Bug, Mano Le Tough, Tiefschwarz e tutti i ragazzi della Innervision. Sono tutti progetti dedicati alla dance, qual è il tuo approccio quando devi mixare questo genere di musica elettronica?
Beh, cerco di farli suonare nel miglior modo possibile. E non è diverso quando lavoro su un progetto rock o jazz. In ogni caso, trovo molto difficile dire quale sia il “mio suono”. Le persone mi dicono sempre di amare la trasparenza e la definizione dei miei mixati. Cerco di far suonare i pezzi molto pieni e allo stesso tempo cerco di mettere ogni elemento al proprio posto, in modo che la traccia abbia il giusto respiro e cerco sempre una sorta di equilibrio. Un bel suono caldo può essere piacevole in studio ma non altrettanto nel mondo reale. La maggior parte dei club sono fatti per lavorare con mp3 e laptop e ovviamente questo influenza il modo in cui lavoro. Per fare davvero la differenza, i mixati devono essere caldi, con un palcoscenico ampio e allo stesso tempo dinamici e dettagliati.
C’è una sorta di mito dietro la magia dell’analogico, pensi che mix e master allo stato dell’arte possano fare brillare un brano anche se in se non è un gran che?
Certo che è possibile! Ascoltiamo il risultato di composizioni mediocri nelle hit di tutti i giorni! Penso che una grande produzione abbia bisogno di qualità più all’inizio che alla fine del processo. L’idea di base deve essere buona e l’arrangiamento è la chiave per farla funzionare. La qualità dei suoni è altrettanto importante. Se tutto questo è fatto a modo, si può fare il mix e master in un attimo!
Quando lavori con i produttori, quali sono gli errori più comuni che riscontri e quali sono i consigli che dai per evitarli?
In pratica ho già risposto nella domanda precedente. Un problema molto comune è l’arrangiamento troppo “pieno” e la scarsa qualità dei suoni. Meno cose devi gestire nel mix, migliore è il risultato. Preferisco sempre lavorare con produzione che mi lasciano spazio per poter fare qualcosa, mentre spesso sono costretto a togliere parti per fare in modo che le cose funzionino. In questi casi potrebbe essere un’idea rivedere l’arrangiamento e rimuovere qualche percussione o hihat. Oggi ci sono tantissimi suoni disponibili, le DAW hanno tracce illimitate e si usano tutte le possibilità che si hanno a disposizione. Credo ci voglia molta esperienza per trovare l’essenza, il punto focale per produrre e arrangiare una traccia dedicata al clubbing, che credo sia l’obiettivo finale. Il mio consiglio è di prendere uno o due synth analogici che suonano bene e da soli siano in grado si sostenere tutta la traccia, dopo di che si tratta di fare un arrangiamento che abbia un senso logico. Bisogna osare e togliere piuttosto che mettere strato sopra strato. Come dicono, il funk è quello che succede in mezzo alle note!
Qual è il tuo hardware preferito?
Questa è una domanda difficile! Il mio Minimoog Model D è una fonte infinita di ispirazione e non mi stanca mai. E’ uno di quegli strumenti che non suona mai male. Puoi provare l’impostazione più causale e ritrovarti con un suono che puoi comunque usare da qualche parte. E’ una qualità davvero rara! Come outboard, il mio UREI 1176 Blackface è simile perché è uno dei pochi compressore che non suona mai male indipendentemente dal settaggio. Come equalizzatori, mi piace la botta dell’API 550a, magari fosse un po’ più affidabile, e mi piacciono molto anche l’Electrodyne 511 e Chandler Ltd Curve Bender. Un altro strumento insostituibile è il compressore API 2500 che è collegato fisso al mio drum buss. Gli altri pezzi fondamentali dello studio sono il convertitore Lavry Gold che uso per registrare i mixaggi, il mixer Speck LiLo e il riverbero Quantec. Mi piace molto anche il compressore Rockruepel Comp che uso in parallel compression sul kick e il Pendulum OCL-2 che è favoloso per qualsiasi cosa che abbia bisogno di un compressore veloce e trasparente. Penso che questa sia la base di strumentazione che uso nel lavoro di tutti i giorni.
Hai collaborato con Ableton alla release di Live 9, alcuni artisti non lo usano a causa di una presunta scarsa qualità audio, pensi che con questa versione siano migliorate le qualità di mixing e mastering della DAW?
Spesso è più il modo in cui usi qualcosa più che cosa stai usando. Tutti usano sempre il Warp senza pensare che significa fare una conversione di sample rate e che dal punto di vista sonoro è una delle peggiori cose che si possano fare all’audio. Sono stato un consulente per l’Ableton Sound Team della release 9 e ho lavorato non solo su EQ e compressori, ma anche sull’algoritmo di somma nello stadio di mixaggio. Ovviamente il software è indirizzato principalmente alla performance live piuttosto che post produzione ma a mio modo di vedere Live è uno strumento ottimo per la musica elettronica e se usi tutte le funzioni in modo responsabile, non c’è motivo per cui non dovresti riuscire a farci una traccia davvero ben suonante.
Considerando i problemi di salute del mondo della musica, pensi che oggi sia una buona idea iniziare una carriera come mixing engineer?
Non importa cosa cerchi, l’industria della musica non ti sta aspettando e non è nemmeno mai successo. Non importa se vuoi diventare un jazzista, un cantante r&b o un dj di successo: se tu che devi crearti le opportunità. Ci sarà sempre posto per la musica e per le menti creative. Penso che la qualità vinca ma ci vuole un sacco di pazienza e perseveranza. E poi non è solo una questione di talento ma anche di atteggiamento, dipende anche molto da quanto sei socievole, se sei affidabile, etc. La vita è troppo corta per non seguire i tuoi sogni, ma penso che sia sempre una buona idea mettere in piedi una sorta di “rete di sicurezza” che possa garantire una fonte di guadagno extra nei primi periodi.
Chi è l’artista con cui ti è piaciuto di più lavorare?
Mi è molto difficile rispondere a questa domanda. In generale sono contento e grato che così tanti artisti e produttori di talento vogliano lavorare con me. Ovviamente alcune sedute vanno meglio di altre e sono anche amico con altri colleghi del settore e spesso ci divertiamo molto in studio o a cena dopo il lavoro. Mi piace passare del tempo con le persone e dal punto di vista professionale mi piace il momento in cui riesci a trovare la chiave per far funzionare una cosa che fino a prima sembrava molto difficile, è molto gratificante.
3 album che consideri un riferimento?
Altra domanda difficile. “Voodoo” di D’Angelo è sempre un miracolo sonoro per me ma preferisco prendere tre album che non abbiano niente a che fare con l’elettronica. Penso che oggi la musica elettronica qualche volta sia troppo auto referenziante e credo sia sempre un bene per me avere una cultura musicale molto ampia. Scelgo “Abbey Road” dei Beatles, “Exile On Main Street” dei Rolling Stone e “There’s No Place Like America Today” by Curtis Mayfield. Tutti questi dischi sono pieni di musicalità e di creatività e credo che il suono e la produzione non siano il punto principale, è più qualcosa di legato all’emozione, alle sensazioni che trasmettono.[/tab]
[tab title=”English”]Berlin based Hannes Bieger is one of the most sought after mixing and mastering engineer in Germany having worked with premium labels and artists. He is the studio engineer behind the latest release of Âme, Steve Bug, Mano Le Tough as long as many others. Writer for Sound On Sound, has collaborated with Ableton Team on the release of Live 9 and is a mastering engineer for Calyx Mastering, a studio specialized in pure analog mastering. We’ve asked him a long list of questions about music, hardware, his career, his work and got also some really good advice about how to improve our production skills and studio work.
Mixing engineer, producer, consultant, writer for Sound On Sound, how do you manage to fit all in 24 hours?
That’s a good question… I’m used to working long hours at the studio, 9, 10, sometimes 12, even 14 hours a day. But that’s all right I love my job. I believe it’s important to find a good balance, though. I practically never work on the weekends, and in the summer I like to spend the time off in our small house in the countryside. We also have a boat there, and I love riding about on the weekend. That usually clears my mind for the next intense week at the studio. But I plan to hire an assistant in the near future to help me with a few things.
I’ve read in your website that you’ve started your career as a producer in 2000, what are your major influences and references?
I actually started making music much earlier. I began to take guitar lessons in the late 80s, when I was 10 years old. During high school I played in several bands. When I started out my main influence was my father’s record collection, mostly British rock from the 60s and 70s – Beatles, Rolling Stones, Pink Floyd, Led Zeppelin and the likes. During the second half of the 90s I gradually shifted more towards electronic music. It was that eclectic period when a new break beat style emerged in the UK every couple of months, and I was into Trip Hop a lot in those times. I think the first Portishead album was a major turning point for me. I still remember clearly when I listened to that record for the first time. It struck me like a lightning and I immediately knew that the age of riffs and long guitar solos was over for me… Around that time I also started djing. I never really played contemporary music, mostly rare groove stuff, soul, latin jazz, bossa nova, and my record collection still is a huge inspiration for me. There also was some stuff that really got me interested in house music at the time. Earlier St. Germain such as “Alabama Blues”, Etienne de Crecy/Superdiscount, “Prix Choc” with the beautiful Grant Green sample, Metro Area, some Naked Music stuff like Petalpusher. That’s how I got into club music.
Llava and Airmate are your main musical projects. You’ve got big collaboration and mixed different styles in them exploring lots of genres. Last CD dated back to 2005 for Llava and 2006 for Airmate, do you have any plan to release something new in the next future?
That time was another turning point for me. I had produced two albums in not much more than 18 months, and I felt pretty exhausted after I finished the second one. On top of that, I wasn’t entirely happy with how the label handled the release of the second one, so I needed a break. But at the same time people started calling me because they liked the sound of my productions, and that’s how I began to build my career as a mixing engineer. Today I am feeling more than ready to pick up working on my own stuff again, but – luckily, I must say – my mixing clients keep me so busy that I hardly find the time to do this. I am doing co-production jobs all the time, and towards the end of the year I will definitely carve out some time to make a couple of new tracks on my own: probably a blend of techno, some minimalistic deep house, and a few dub influences as well…
You’re also an Author for Sound On Sound writing about boutique gears and tech stuff. Your love for analog gear is not a secret, but do you think that there is something in the digital worthy of consideration? Or it’s just hyper hyped commercial stuff?
Digital technology has become so good recently that sometimes you have to stretch very far to achieve better results with analogue stuff! I am working with a hybrid setup, and as much as I enjoy my analogue part of the studio, I would have a hard time to get the job done without the digital side of things. Analogue and digital may have different advantages and problems, but the key is always to listen closely and carefully. These days I am working with Nuendo as my main DAW, and, just to pick one example, I really like the newer generation of the UAD plug-ins. The new Pultecs, LA-2As, the EMT 250, those are great processors which can get you very far!
As a mixing engineer you are the artist behind the artists, what do you think is the most difficult task?
I think the key is to always adapt my methods and routines to a given project in the best possible way. People are booking me because they want me to help them finish their production, and I do whatever it takes to achieve the best result. Sometimes I am doing just a little touch-up, and sometimes it is the best solution to re-work the arrangement, even if I was only booked as a mixer in the first place. I have played guitar on tracks by Âme and Steve Bug (and additional synths on many other projects) because it occurred to us that thus was be best way to move things forward. But this is a thin line sometimes. I never do this because I need to put my own stamp on a track. I always aim to understand the artist’s original vision and help him convey it in the best possible way.
You’ve worked with Steve Bug, Mano Le Tough, Tiefschwarz and all the Innervision guys. All these are electronic project aimed at the dance floor, what is your approach when mixing this kind of electronic music?
Well – the basic answer is that I try to make it sound as good as possible. Which is not different to my approach when I’m working in rock or jazz projects. I have a hard time to say what “my sound” would be, though. People always tell me that they like the transparency and clarity of my mixes. I try to make it sound huge, but I always also strive to put every element in its own space, to let the music breathe. And, again, I need to find a good balance. A beautiful warm sound may be nice in the studio, but perhaps not so much in the “real world” outside. Most club soundsystems are tuned to warm up MP3s and brittle laptop sounds these days, and this clearly affects the way I work. The mixes need to be wide and warm, but also very punchy and precise to make a difference in the real world.
There’s a sort of myth behind analog “magic”, do you think that a mix and master to the state of the art could make a track stand out even if the song is not so good?
Of course this is possible! We can listen to the results of over polished poor compositions on the hit radio every day… I strongly believe that a great production needs quality in the first stages of the production process more than during the final steps. The basic idea has to be good, the arrangement is the key to make this idea work, the quality of the raw sounds is extremely important. If all this is done the right way, a track can be mixed and mastered in a heartbeat…
When working with producers, what are common mistakes you’ve found and what are your pieces of advice to avoid them?
I have almost answered this with the previous question. If there’s one general problem it’s probably that the arrangements are too busy and the raw sounds are too weak. The less stuff you have to deal with during the mix, the better the results. As a mixer I enjoy more to work with productions that leave enough room for me to do my thing, but very often I need to carve out stuff instead in order to make it work. In those cases it might be a good idea to re-work the arrangement and get rid of a few percussion and hihat tracks… These days so many sounds are available, the DAWs have an unlimited track count, and people make use of all these options. I have the feeling that it takes a lot of experience to find the essence, to nail the sweet spot when producing/arranging a club track. But this is the ultimate goal, I think. So my advice would be to get one or two great sounding analogue synths in the first place, sound sources that can really carry the whole track. And then it’s all about a meaningful arrangement. Be brave and leave gaps and throw stuff away rather than piling up layer after layer! As they say, the funk is what happens in between the actual notes!
What is your favorite piece of gear?
That’s a tough question! My Minimoog Model D comes to mind immediately, it’s an endless source of inspiration to me, and I never get tired of it. It’s one of these pieces that simply never sound bad. You could dial in the most random setting and you will still have a sound that’s useful for something. And that’s an extremely rare quality! Talking about outboard gear, my Blackface UREI 1176 is in a similar league – one of the very few compressors that never really sound bad, regardless of the actual setting. I like the Punch of the API 550a EQs, if they only were more reliable, and I dig the Electrodyne 511 and Chandler Ltd Curve Bender EQs, too. Another desert island tool is the API 2500, which is hard wired to my drum buss. Other really important pieces at my studio include the Lavry Gold A/D which I am using to capture the mixes, of course the Speck LiLo desk and the Quantec reverb. I also like the Rockruepel Comp.One as a super punchy parallel compressor on the kick drum, and the Pendulum OCL-2 is great for almost anything that needs fast, yet transparent compression with a slight, warm sheen. I think those units really are the basics that serve me well in trenches of every day’s work…
You’ve collaborate with Ableton Live for the release of version 9, some artists avoided it because they argued about sound quality, do you think that this release has improved enough the mixing and mastering capabilities of the DAW?
Very often it’s more about the way how you are using something rather than what you are using. People use the Warp Mode all the time, and then they wonder about sound quality. Warping means real time sample rate conversion, and from a sonic perspective that’s one of the worst things you can do to audio. When you avoid these pitfalls you can make really good sounding productions with Live. I have been a consultant to Ableton’s Sound Team for the Live 9 release, and during that time I was involved in many improvements not only of devices like the EQs and compressors, we also looked into the summing stage and many other aspects. Of course the software is still more aimed at performance rather than post production but in my view Live is a very serious tool especially for electronic music, and if you use all the options and features responsibly, then there is no reason why you couldn’t make a good sounding track with it.
Considering health problems of the business, do you think that starting a career as a mixing engineer is a good idea nowadays?
No matter what you’re looking for, this industry isn’t waiting for you, and it has never been that way. It doesn’t matter whether you’d like to become a successful jazz guitarist, r&b singer, dj or mixing/mastering engineer: you have to create your own opportunities. But there will always be music, and there will always be a place for creative minds. I believe that quality will break through in the end, but it may take a lot of persistence and stamina to get somewhere. And it’s not only about the talent, it’s also about putatively mundane things – are you sociable, are you reliable? Life is way too short not to follow your dreams, but I think it’s a great advice to have some kind of safety net and maybe an additional stream of income for the first time…
Who is the artist you’ve enjoyed the most working with?
I have a hard time to answer this question. Generally I am glad and thankful that so many great and talented producers enjoy working with me. It’s no question that some sessions go easier than others, and I’m also a friend with a few people in the industry, and we laugh a lot in the studio during the sessions or when we have dinner afterwards. I generally like attended sessions, spending time with the people. And from a professional perspective I love those breakthrough moments when you have found the key to make a really difficult thing work. That’s always deeply satisfying…
3 albums that you consider a reference?
Another tough question. D’Angelo’s “Voodoo” is still a sonic miracle to me, but I’d like to pick three other albums that don’t have anything to do with electronic music at all. I have the feeling that today electronic music is a bit too self-referential at times, and I believe that it was always good for me that I have a much wider musical background. So I’d choose “Abbey Road” by the Beatles, “Exile On Main Street” by the Rolling Stones and “There’s No Place Like America Today” by Curtis Mayfield. Each of these is bursting with musicality and creativity, and to me it seems that sound and production never play the most important role, it’s more about a vibe, a certain feeling.[/tab]
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